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“La partita della morte”
Siamo a Kiev ed è il 22 giugno 1941; questa data avrebbe dovuto essere ricordata per l’inaugurazione dello Stadio della Repubblica da parte della Dinamo, la principale squadra della città, ma così non fu. A scendere in campo, anzi a salire in cielo, furono gli aerei della Luftwaffe che bombardano la città e danno avvio all’invasione tedesca dell’Ucraina. Già dopo pochi mesi delle squadre di calcio e del campionato non c’è più traccia.
Furono proprio i tedeschi, però, a pensare di organizzare un torneo cittadino, sia come strumento di propaganda, sia come valvola di sfogo per le truppe. Già delineare le squadre che si presentarono ai blocchi di partenza non è facile. È certo che fossero rappresentate tutte le forze d’occupazione: c’erano, sicuramente, i tedeschi, sia con squadre di soldati semplici e ferrovieri, che con una squadra di ufficiali; c’erano truppe ungheresi e rumene e c’erano quelli della Rukh, un movimento nazionalista ucraino filo-tedesco. E poi c’era la squadra del panificio, sostanzialmente un mix tra Dinamo e Lokomotyv che al torneo prese il nome di Start FC.
L’esito delle partite è scontato e se di mestiere facevi il campione, puoi anche avere le mani sporche di farina, ma la differenza coi piedi si vede. Allora non c’era l’ossessione per le statistiche di adesso, ma le sette partite vinte con 43 gol fatti e 8 subiti catturavano comunque l’attenzione di una città e di un popolo che trovava in quella squadra una piccola ragione per esultare. Anche perché intorno non è che ce ne fossero altre.
Così si arriva alla finale del torneo, o comunque la partita che così viene recepita. Non siamo già alla Partita della morte, ma al suo preludio. Davanti alla Start FC questa volta c’è la Flakelf, la squadra degli ufficiali tedeschi in città. Sono meglio alimentati, si possono allenare e qualcuno che tocca bene la palla c’è. Ma non basta, è 5-1 per la Start. Ai tedeschi la cosa non va per niente giù. Si decide di organizzare una rivincita che entrerà nella storia come “la partita della morte”.
Sarebbe bastato parlare della Partita della morte come di un trionfo della libertà, del sacrificio eroico di uomini che hanno anteposto il proprio orgoglio e quello del loro popolo alla loro vita. Ma non sarebbe stato corretto, o almeno non del tutto.