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ANGOLO NAPOLI – Napule é… nel modo peggiore possibile

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Chi si aspettava che in una partita decisiva undici giocatori entrassero in campo con la bava alla bocca per prendere a morsi l’avversario speriamo non abbia visto Napoli-Verona.

Il calcio è uno sport semplice.

Con 3/4 regole principali che la squadra di Gattuso ha ignorato sia all’andata che al ritorno.

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Probabilmente parte del merito va alla coriacea squadra scaligera, composta da alcuni calciatori (Zaccagni su tutti, ma anche Di Marco e Faraoni) attrezzati per giocare nella parte sinistra della classifica con maglie più blasonate, ma il modo attraverso il quale il Napoli ha deciso di salutare il campionato più strano di sempre è senza dubbio quello peggiore possibile.

Quando un match va così, però, non ce la si può prendere con nessuno in particolare, poiché meriterebbero tutti – dal primo all’ultimo – un’annotazione negativa alla fine di una valutazione severa e senza appelli.

William Butler Yeats è stato poeta e drammaturgo irlandese. Per lui, con un bel po’ di malinconia, “la vita è una lunga preparazione per qualcosa che non succede mai”.

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Sembra l’epitaffio di una stagione a suo modo maledetta.

In novanta minuti gli azzurri sono riusciti a rovinare quanto di buono a tratti erano pure riusciti a far vedere.

Durante Verona-Napoli la tentazione forte era quella di mandare al diavolo l’allenatore (l’avevano fatto – in rapida sequenza – praticamente tutti), perché incapace di dare gioco e motivazioni alla squadra e del tutto assente nel reclamare con Ds e Presidente l’acquisto (tra gli altri) di un terzino degno di chiamarsi tale.

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Dopo Napoli-Verona verrebbe da pensare e scrivere esattamente lo stesso, con l’unica differenza che – di fatto – l’allenatore è già andato da un pezzo.

I passetti lenti di Bakayoko, il chewing-gum masticato distrattamente da un involuto Osimhen, l’errore grave di Hisaj in occasione del pareggio, l’assoluta ed inspiegabile assenza di Di Lorenzo (splendido recente protagonista) nella doppia fase di contenimento e rilancio, la scarsa vena di Insigne (tra i peggiori nella partita più importante) e la giornata-no di Zielinski sono le istantanee che dal Bentegodi arrivano negli occhi tristi di tifosi affranti, agli occhi dei quali il Napoli è sembrato non avere alcun piano gara contro una squadra che ha avuto il merito di difendere basso e ripartire bene sulle fasce.

Nella serata in cui il Presidente De Laurentiis saluta Gattuso con uno dei soliti tweet, la stagione 2020/2021 racconta che la squadra è arrivata ad un solo gol dalla Champions League pur avendo pareggiato in casa con Torino e Cagliari, perso 4 punti con Sassuolo e Verona, 3 con lo Spezia, oltre che con Genoa, Lazio, Atalanta, Juventus, Inter e Milan.

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Risultati che – di solito – avrebbero minato da un pezzo qualsiasi sogno finanche di Europa League.

Ed invece il bersaglio grosso viene fallito per colpa di una prestazione incomprensibile, senza carattere e spiegazioni logiche, in una domenica sera in cui nessuno (forse Rrhamani a parte) ha dato l’idea di crederci davvero.

Sarebbe ora che la società dicesse con chiarezza qual è la direzione di marcia, lanciando segnali inequivocabili e di facile interpretazione.

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Chiarito che Gattuso non sarà più l’allenatore l’anno prossimo (ma questo s’era capito da tempo), bisogna capire in fretta su quali uomini puntare per il futuro.

Difficile trovare qualcuno più colpevole di un altro perché se – normalmente – giudicare una squadra sulla base di una sola partita è errato, ci sono sempre delle eccezioni.

Napoli – Verona è una di queste.

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Venti minuti finali senza una logica, ottanta minuti in campo d’un impresentabile Bakayoko, neppure un minuto per Diego Demme, omissione giustificabile solo in caso di una sofferenza fisica non comunicata anche per colpa di un vigliacco, lunghissimo, silenzio stampa.

Per Madame de La Fayette “la vergogna è la più violenta di tutte le passioni”, mentre per Confucio “non vergognarsi degli errori, rende gli stessi uguali a dei crimini”.

L’ultima parola della stagione sembrava poter far risentire l’inno della competizione europea più importante. E invece no. Sarà di nuovo quella di seconda fascia, interminabile ed a tratti noiosa.

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Sarà Europa League, conquistata nel modo peggiore possibile.

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