I nostri Social

Calciomercato

The exIT: Champions amara per le italiane

Pubblicato

il

Tempo di lettura: 3 minuti

Le stagioni avanzano, le premesse di anno in anno sembrano puntualmente rosee ma il risultato continua ad essere lo stesso. La Champions League diventa sempre più indigesta per la Serie A, che questa volta si presenta ai quarti di finale con la Cenerentola Atalanta, squadra rivelazione e travolgente ma fin troppo poco per il campionato italiano. L’Inter relegata in Europa League, nella quale si spera possa fare la voce grossa, il fallimento in casa Juventus e la bandiera bianca alzata dal Napoli in favore del Barcellona dell’extraterrestre Messi. Al netto delle attenuanti, il cammino in questi anni nella Coppa dalle grandi orecchie deve destare preoccupazioni. Soprattutto perché gli investimenti non mancano.

DECENNIO FIN TROPPO MAGRO PER LA SERIE A

Le delusioni delle italiane in campo europeo sono ormai diventate una sistematica e malsana abitudine del calcio del BelPaese. Sembrano infatti lontane le epoche in cui le italiane la facevano da padrona in campo intercontinentale, sia sul campo che dal punto di vista economico. Negli ultimi anni la geografia del pallone si è spostata in Spagna, con ben sette trionfi negli ultimi dieci anni, ed in Inghilterra, Paese che gode di una sorta di boom economico dovuto alle continue entrate di fondi esteri societari.

Sono solo due le edizioni in cui un’italiana, in ambo i casi la Juventus, ha raggiunto l’atto finale della competizione, non riuscendo a portare il trofeo a casa. Al netto della semifinale giocate due stagioni fa dalla Roma, le squadre italiane spesso e malvolentieri hanno alzato bandiera bianca agli inizi della fase ad eliminazione a diretta o, nella peggiore delle ipotesi, nella fase a gironi.

Pubblicità

Non è bastato l’avvento in Italia di Cristiano Ronaldo, che ha abdicato in favore del Lione in un match ampiamente alla portata dei bianconeri. 100 sono stati i milioni che la Vecchia Signora sborsato per portare a Torino l’asso portoghese, senza tuttavia riceverne, ad oggi, il ritorno sperato. L’esperimento Sarri è fallito, ed Andrea Agnelli ha deciso quindi di giocare d’azzardo. Perché pensare che Andrea Pirlo possa essere l’uomo che porti a compimento l’assalto Champions appare al momento un miraggio da Playstation (con la speranza ovviamente di essere smentiti quanto prima).

La stessa Inter, superati i paletti imposti dal Financial Fair Play, ha condotto la scorsa estate una campagna acquisti sostanziosa, con ben 160 milioni di euro messi sulla colonna delle uscite. Finalmente un team da grande squadra per i nerazzurri, forse carente di qualche ricambio all’altezza, ma in ogni caso alla pari di Borussia Dortmund e Slavia Praga, squadre che hanno ostacolato la squadra di Conte nell’obiettivo ottavi. Un traguardo mancato anche nella scorsa stagione, durante la quale l’Inter raggiunse appena gli ottavi di Europa League, eliminando il Rapid Vienna e facendosi spedire a domicilio dall’Eintracht.

Tanta sostanza da parte del Napoli, capace di notti magiche e di imprese come quelle contro Liverpool e PSG ma che, al momento di capitalizzare, non riesce ad incidere. Poca la fortuna nei sorteggi ma il fato, si sa, non è tutto nel calcio. Insufficiente è stato anche il tentativo di ‘internazionalizzazione’, riuscito in parte con Rafa Benitez e mancato invece da Carlo Ancelotti. I partenopei falliscono ancora una volta il salto di qualità in Europa, che a questo punto diventa un’ossessione – maledizione del patron De Laurentiis.

Pubblicità

Non resta dunque che aggrapparsi all’Atalanta, arrivata alla fase finale con un vero e proprio miracolo e che sogna di far male al PSG, con pochi minuti ufficiali nelle gambe dopo il lockdown e con non pochi problemi in infermeria. Il sogno delle semifinali non è impossibile, nonostante il divario tra le due rose rimane notevolissimo.

TANTI GLI INTERROGATIVI DA PORSI

Uno score così negativo non può e non deve essere preso a cuor leggero. Non ci si può abbandonare alle tesi della poca fortuna negli episodi e nelle scelte arbitrali. Non è un caso che le italiane svolgano sempre più un ruolo da sparring partner nelle noti europee, anche in situazioni in cui la strada sembra in discesa. La sfortuna conta fino ad un certo punto. Soprattutto quando ad eliminare le italiane sono squadre che, nei propri campionati di appartenenza, fanno fatica o vengono addirittura fatte fuori dal piazzamento Champions. I principali errori avvengono in progettazione: la natura ‘manageriale’ è sempre più una fantasia nella mentalità italiana del pallone. Non considerando la Juventus in Italia tarda ad arrivare un progetto convincente. 

Basta spostare lo sguardo altrove, e ci si rende conto che l’arma vincente resta la programmazione. Esempio manifesto è  il Liverpool di Jurgen Klopp, protagonista in questo ultimo triennio proprio grazie ad acquisti mirati, e non di certo con colpi fantasmagorici. In Italia invece ci si lascia aggiogare dalla presunta teoria che in Europa a farla da padrona è la politica, e che la nostra Serie A sia ai margini della stessa. Peccato che, in realtà, dovrebbe esserci poco spazio per i complottismi. Spazio che spetta alle idee e ai progetti a medio-lungo termine, soprattutto quando il gap con gli altri Paesi è in termini di centinaia di milioni di euro di fatturato. La strada della lungimiranza e delle idee restano l’unica via per tornare sul tetto d’Europa.

Pubblicità

in evidenza