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ANGOLO DEL TIFOSO JUVE – Lupi e Agnelli

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La scena è quella che ognuno di noi avrà vissuto almeno una volta nella sua carriera scolastica. La prof che scorre col dito sull’elenco del registro, l’intera classe impreparata, tranne lui. Quello che ieri sera non è venuto alla festa, ha preferito rimanere a casa per ripassare filosofia.

Adesso prendete questa classe, undici alunni in tutto. Piazzatela in mezzo ad un campo da calcio, fatele giocare un ottavo di Champions League che per portata emotiva rasenta una finale. Fatele sperare di poter recuperare un goal, un misero goal, subito nella partita d’andata a Lione, in una partita tanto oscena quanto lontana nel tempo. Lanceranno anche loro in pasto ai pescecani il secchione della classe. Lo faranno, perché è l’unico che ha aperto i libri, nonostante possa sembrare un ripetente, vista la sua età.

Cristiano Ronaldo è il secchione di questa Juventus. Un unico lampo di luce in una serata in cui faccio veramente fatica a trovare qualcosa che sia andato dritto, a parte lui.

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Ma è l’unico, l’unico che aveva gli occhi in fiamme. L’unico a non tenere mai la testa bassa in campo, a non dipingersi sulla faccia quell’espressione di sconfitta dopo ogni occasione mancata, L’unico a motivare in ogni momento del prepartita ogni singolo compagno. Ed io, tifosa della Juventus, che ha come monito quello di vincere, perché è l’unica cosa che conta, questo atteggiamento non posso accettarlo da un unico uomo in campo su undici. Uno solo. Più un paio, ma che per motivi che non sto qui a raccontarvi potevano solo urlare dalla panchina.

Non posso accettare che la mia squadra e il mio allenatore si aggrappino con le unghie e con i denti alle giocate del singolo, che per quanto fuori da ogni realtà in fatto di qualità e forza fisica, resta quello che è, un uomo solo. Affiancato da Gonzalo Higuain, per cui da sempre l’intera tifoseria juventina nutre un amore sconfinato. Ma che ormai guarda a terra, non ha nemmeno più la forza per alzare gli occhi verso il pallone, andare ad azzannarlo, non è più il Pipita. È Gonzalo, ha dato tutto, ma ora non ne ha più. Poi c’è Federico, che per quanto riguarda la sottoscritta non ha dato niente, e continua a non averne.

Una giocata magica, far fuori cinque uomini in solitaria per poi arrivare sottoporta e continuare a correre, non avere la freddezza e la fame di mettere il pallone dentro, accarezzarlo ancora, perdere l’attimo, rimanere fregati.

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Non avrebbe senso parlare ancora della partita, perché partita non c’è stata. È stato solo un ingiusto finale per un uomo solo che si è trovato a dover combattere contro undici. Consapevole anche di potercela fare, di poter mettere in quella squadra slegata e in balìa di sé stessa tutto ciò che aveva, tutto ciò che avrebbe voluto trasmettere, ma nessuno si salva da solo, mai.

Perdonaci Cristiano. Devi perdonarci perché noialtri dieci non sappiamo cosa voglia dire avere negli occhi quello che hai tu. Noi che andiamo davanti alle telecamere in un post partita a dire che sì, abbiamo perso contro il Lione che non giocava da quattro mesi ed è finito settimo in Ligue 1, ma chissenefrega, l’obiettivo stagionale era il nono scudetto. Perdonaci ancora Cristiano, perché quelle parole non sono le nostre.

Sono quelle di un uomo che deve sentirsi sempre superiore, che non sa accettare l’idea di doversi fare, almeno una volta nella vita, piccolo come un’ameba nell’analizzare quella che è oggettivamente una figura da due soldi davanti all’Europa. Venendo tra l’altro smentito da un compagno, che sta per indossare un’altra casacca, ma che ha dimostrato nonostante la stagione di livello medio basso appena terminata, di avere molto più sangue gobbo in corpo di lui.

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È per questo che io non sono in grado di dare ogni singola colpa a Maurizio Sarri. Perché se fosse stato per lui, quelle teste rivolte verso il basso ieri sera le avrebbe tirate su a suon di schiaffi, e di questo ne sono certa. Ha ragione Pjanic, ne ha da vendere quando parla del Napoli di Sarri, in cui ognuno era coinvolto nel progetto. E allora io non mi sento di addossare l’intera storia negativa che si è mostrata in tutto il suo oscuro splendore ieri sera all’allenatore che occupa la nostra panchina.

Mi affido, ancora una volta, come da dieci anni a questa parte, all’unico uomo dotato di sangue gobbo che ho visto calcare le tribune dello Stadium ieri sera.

Andrea Agnelli che non sa nascondersi, che sa metterci la faccia, che sa utilizzare le parole con chiarezza e polso di uomo d’affari e di campo, dotato di attributi di plutonio che gente come alcuni difensori dalla parola troppo facile possono solo sperare di avere un giorno. E glielo auguro. Perché questa Juventus, il cui obiettivo stagionale non è lo scudetto, ma vincere tutto il possibile, non ha bisogno di certi teatrini.

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Per la prossima stagione, mi auguro di trovare in campo dieci Andrea Agnelli. E un Cristiano Ronaldo, s’intende.

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