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CORNER CAFE’ – Le colpe (sono) di Elliott

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Ralf Rangnick, in fondo, non ha detto nulla di male. O meglio: avrebbe potuto evitare. Questione di rispetto, come del resto ha chiesto anche Maldini. Quel Paolo che, bandiera del club, porta in spalla la croce da solo. Non riesce a fare come Boban: lasciare così, su due piedi, non è nel suo stile. E allora avanza caduco verso la fine. Perché proprio alla fine Maldini, son sicuro, qualche sassolino dalle scarpe se lo toglierà. Lo lancerà contro Rangnick, certo, che a quel punto sarà già comodamente seduto su una poltrona a via Aldo Rossi, con tanto di Montblanc in mano e contratto sul tavolo. Ma anche contro Elliott. Ché, di tutto questo vaso di Pandora, ne è il coperchio.

Una società di tal nome non dovrebbe – condizionale d’obbligo – permettere tali episodi spiacevoli. A prescindere da potenziali accordi. L’invasione di ruolo, come detta da Maldini, affonda però le sue radici in una situazione ben peggiore. Screditare il lavoro altrui, seppur velatamente, scredita anche di chi quel lavoro è il datore. Una tale fragilità spiegherebbe del resto anche perché gli iniziali fuochi d’artificio rossoneri abbiano poi fatto fiasco. E, in un certo senso, ripercorre pure la sorte del Diavolo, il Mefistofele padrone degli Inferi reso schiavo da chi nemmeno ne conosce le usanze dei gironi. Che punta al guadagno, al bilancio positivo, e che si fa beffe di coloro che per anni l’hanno servito senza lamenti. Il pesce, se puzza, puzza dalla testa. In questo caso pare già bello che andato.

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