Angolo del tifoso
ANGOLO JUVENTUS – Riuscire, non solo provarci

La Juventus incassa la prima sconfitta del campionato nell’incontro contro il Napoli. Doveva essere la partita della conferma per entrambe le squadra.
Gli uomini di Thiago Motta puntavano al bottino pieno per rilanciarsi verso un piazzamento Champion’s, quelli di Antonio Conte volevano convalidare le loro aspirazioni al tricolore con una vittoria. L’eterna rivalità tra le due tifoserie e lo status di ex di lusso del tecnico salentino, oltre alla sua insaziabile sete di successi, davano ulteriore sapore alla sfida. Nessuno come lui ha fatto suo il sempiterno refrain del club torinese (“Vincere è l’unica cosa che conta”), tantomeno l’attuale proprietario della panchina bianconera.
Il mister italo brasiliano, finora, non ha dimostrato di essere un trascinatore di folle, la sua mancanza di carisma si riflette sulla scarsa determinazione dei suoi. I meri tentativi non bastano, ci vuole l’esito positivo. Si tratta di riuscire, non solo provarci.
Primo tempo da leoni
Eppure gli ospiti non si erano presentati allo stadio Maradona in atteggiamento dimesso. Anzi, tutt’altro. Il trio di fantasisti era alquanto spavaldo: da destra a sinistra si schieravano il golden boy Yildiz, il guerriero Koopmeiners e il bandolero Nico Gonzalez. Davanti a loro l’acquisto dell’ultima ora, il francese Kolo Muani, preferito al bomber di Serbia Vlahovic.
E il pressing congiunto degli attaccanti si rivelava l’arma vincente dei bianconeri per tutto il primo tempo. Andare a contrasto, riconquistare il pallone e proiettarsi a rete erano affare di un attimo. Più volte la tattica ha dato i suoi frutti, molto spesso la porta del Napoli ha rischiato di capitolare a causa delle ficcanti iniziative degli avversari.
E, alla fine, la zampata in area fulminea del nuovo centravanti bianconero, in gol al suo debutto, era il meritato premio ad un primo tempo da leoni. L’obiettivo è riuscire, non solo provarci.
Perdere metri
I problemi iniziano nella ripresa. Al rientro in campo la consegna è quella di presidiare la propria area ad oltranza per difendere la rete di vantaggio. Una tattica speculativa, non priva di rischi. Perdere troppi metri di campo con un avversario come il Napoli, una squadra fin troppo abile nel metterla sul piano fisico, è una scelta suicida.
Svanita la grinta dimostrata nei primi quarantacinque minuti, gli ospiti sono in balia dei padroni di casa. Spronati a gran voce dal pubblico, incitati dal loro mister invasato in panchina gli azzurri stringono d’assedio gli avversari, confinandoli nella loro area. E la lotta all’arma bianca ha un vincitore designato. Prima un perentorio stacco di testa regala il pareggio ai napoletani, poi un impeccabile rigore sancisce il sorpasso.
Tutto nel giro di pochi minuti, tra l’entusiasmo della tifoseria partenopea e lo sgomento di quella ospite, costretta ad assistere all’avvilente spettacolo della resa senza condizioni dei suoi beniamini. L’idea era quella di riuscire, non solo provarci.
Girandola di sostituzioni
Nel finale, tra i tanti cambi effettuati da Thiago Motta, c’è anche lui. Mister 80 milioni di costo e 12 di ingaggio, il gol come condanna e maledizione, in due parole Dusan Vlahovic. E’ vero che fa più notizia quando non è nell’undici titolare. Altrettanto vero, però, che le novità sul suo conto, nel caso, sono tutte di indice negativo.
Tanto per cominciare, quella dell’altro giorno è la sua terza panchina consecutiva. Poi, tanto per gradire, gli è stato preferito per due volte un centravanti non di ruolo. Infine, per un match cosi importante, è stato messo da parte per fare spazio all’ultimo arrivato. E il novizio ha subito legittimato la sua (maggiore?) utilità alla squadra con una marcatura. Che il suo rapporto con l’allenatore non sia idilliaco non è un segreto per nessuno, tantomeno il fatto che il suo maxi ingaggio sia un peso di cui la società non vede l’ora di liberarsi.
Il suo futuro è quanto mai nebuloso, la sua posizione in seno alla squadra alquanto compromessa. E non basta l’impegno rabbioso profuso nei pochi minuti che ormai gli sono concessi. Serve gonfiare la rete, a ripetizione. Riuscire, non solo provarci.
(Foto: DepositPhotos)