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NUMERO 14 – La forza della balentìa

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La balentìa è una parola tipica della Sardegna. E non è mai stato un termine qualsiasi. Per un abitante dell’isola indica un inconfondibile combinazione di coraggio e senso dell’onore. Ed è, da tempo immemorabile, la pietra angolare dei rapporti all’interno della comunità. Ogni uomo, al di là della sua posizione,  la mette al primo posto nella sua scala dei valori. Chi ne possiede sarà guardato con rispetto e ammirazione, per chi ne è privo ci sarà solo disprezzo. Gigi Riva, uno che è stato cresciuto tanto dalla sofferenza quanto dalla voglia di riscatto, ne capisce istintivamente l’importanza subito dopo il suo sbarco a Cagliari. E, da autentico condottiero, ne fa ampia trasfusione a tutti gli altri componenti del gruppo per infondergli mentalità da vincitori. La forza della balentìa.

Un whisky e una sigaretta

Ma se la sua posizione è a prua dell’imbarcazione che deve condurli a grandi traguardi, il timone deve necessariamente essere affidato a qualcun altro. L’uomo giusto per questo compito ha degli studi di Filosofia alle spalle, uno sguardo ironico e un debole per il buon whisky. Manlio Scopigno, un friulano con un passato di modesto calciatore, è l’allenatore della squadra per il campionato 1968-69. In verità, il suo è un ritorno. Ha avuto modo di allenare il Cagliari anche un paio di stagioni prima, esperienza chiusa poi per motivi extrasportivi. Ma di calcio ne capisce parecchio e sa anche come trattare i giocatori. Al suo primo incontro con Riva gli ha chiesto di considerarlo un amico, prima che il suo allenatore. I due, tra un tiro di sigaretta e l’altro, hanno subito trovato l’intesa. Scopigno sa che il suo bomber ha mezzi atletici di gran lunga superiori alla media, il suo lavoro è quello di metterlo in condizioni di scatenare la potenza devastante del suo sinistro. Imposta tutto il gioco su di lui, plasma il gruppo come se fosse un blocco unico, infonde sicurezza ad ogni componente della rosa, instilla orgoglio e senso di appartenenza a piene mani. La forza della balentìa.

Testa a testa

In questo l’allenatore è molto aiutato dal particolare clima che si è creato nello spogliatoio. Nessuno dei giocatori della rosa è nato sull’isola, eppure è come se ci vivessero da sempre. Riva, come gli altri scapoli del gruppo, divide con due compagni un appartamento di proprietà della società a due passi dallo stadio. E spesso ricevono visite da quelli che sono sposati. Si condivide ogni attimo, ogni sensazione anche se spesso per Gigi parlano i suoi silenzi. A compensarli, almeno in parte, c’è la sfrontatezza tutta toscana del portierone Ricky Albertosi e le bonarie paternali del capitano, il centrocampista veronese Cera. Nelle loro serate post allenamento non si contano le  sfide a carte, cosi come il numero di mozziconi di sigaretta nel portacenere. Mister Scopigno osserva, a volte se ne esce con qualcuno dei suoi motti pungenti, è consapevole che i risultati gli daranno ragione. La squadra ha acquisito, nel tempo, una fisionomia ben precisa e una tremenda efficacia. I rossoblu concludono il girone d’andata al primo posto dopo un tiratissimo testa a testa con la Fiorentina, sono campioni d’inverno. Solo una decisa rimonta dei viola e qualche arbitraggio troppo disinvolto sottraggono a Riva e compagni un titolo che avrebbero meritato. Ma hanno coraggio e senso dell’onore da vendere, ci riproveranno il prossimo anno. La forza della balentìa.

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Come pezzi di un mosaico

In estate il vicepresidente Arrica, su precise indicazioni di Scopigno, si muove abilmente sul calciomercato per perfezionare la squadra. Il centravanti Roberto Boninsegna vive da sempre un rapporto di amichevole rivalità con Riva per il ruolo di leader dell’attacco. I due si integrano abbastanza bene ma Scopigno vuole puntare tutto su Gigi. Arrica sa che l’Inter vorrebbe a tutti i costi Boninsegna, prodotto del suo vivaio, e imbastisce un clamoroso affare. Roberto torna a Milano e, in cambio, si trasferiscono in Sardegna ben tre giocatori: Sergio Gori, Angelo Domenghini e Cesare Poli. Sono i pezzi che mancano per allestire un mosaico perfetto: il primo è un attaccante poliedrico ed altruista, perfetta spalla di Riva; il secondo è un inesauribile stantuffo sulla fascia, pronto a sfornare assist a ripetizione per le punte; il terzo è un mediano di qualità e quantità. L’allenatore, dal canto suo, ha la felice intuizione di reimpostare il regista Cera come libero di costruzione con enormi benefici per la fluidità della manovra.  I nuovi arrivati si integrano immediatamente nel gruppo, Riva è più carico che mai, il Cagliari vuole travolgere chiunque con la sua orgogliosa audacia. La forza della balentìa.

Un tifoso particolare

La partenza del nuovo torneo è entusiasmante: i sardi prendono la vetta della classifica già alla quinta giornata. I tifosi sono in delirio, alla domenica affollano le tribune dello stadio Amsicora sin dalle prime ore del mattino. Riva scoppia d’orgoglio al vedere quell’immensa tribù di sostenitori assiepata sugli spalti in paziente attesa dei propri eroi. Si sente il rappresentante dell’intera popolazione dell’isola e sa che il sentimento è ricambiato. Anche da chi ha deciso, da tempo, di vivere ai margini della società civile. Il bandito Graziano Mesina, esponente di spicco della criminalità organizzata, segue regolarmente le partite della squadra a dispetto del suo status di latitante. Quando il Cagliari gioca in casa riesce sempre a farsi beffe delle forze dell’ordine: si intrufola tra gli spettatori e ammira le gesta del suo idolo. Inoltre gli spedisce anche appassionate lettere di sostegno che imbarazzano alquanto Gigi, costretto a bruciarle per non avere complicazioni con la giustizia. Tuttavia anche la sincera ammirazione del bandito è indice dell’intensità con cui la popolazione sarda partecipa alle vicende del gruppo guidato da Scopigno, al quale riconoscono coraggio ed onore. La forza della balentìa.

Un pareggio che vale una vittoria

La rivale più accreditata per il titolo è la Juventus, la partita decisiva è fissata per il 15 Marzo 1970 a Torino. Il Cagliari ci arriva con due punti di vantaggio, per loro anche un pareggio andrebbe bene. Gli avversari, invece, sono costretti a vincere per sperare ancora nello scudetto. Una sfortunata autorete dello stopper Niccolai porta in vantaggio i bianconeri e stuzzica il sarcasmo di Mister Scopigno (“Splendido gol, vero?”).  Il vigoroso orgoglio di Riva procura il pareggio in mischia con un imperioso stacco di testa. Viene assegnato un rigore alla Juventus, Albertosi riesce a parare ma l’arbitro Lo Bello impone la ribattuta. I torinesi cambiano rigorista e il portiere sardo non riesce ad opporsi al nuovo tiro dagli undici metri. Sembrerebbe finita per il Cagliari ma un altro rigore trasformato da Riva a dieci minuti dalla fine decreta il definitivo 2 a 2. E’ un pareggio che per gli isolani equivale ad una vittoria. Circa un mese dopo, il successo contro il Bari all’Amsicora sancisce la conquista dello scudetto. L’intera Sardegna si abbandona alla gioia più sfrenata: i calciatori sfilano per le strade di una Cagliari addobbata a festa, Riva intona cori di trionfo seguito a ruota da tutti i compagni, i tifosi formano una processione infinita a corteo della squadra. E’ non solo la conquista di un irriducibile manipolo di audaci calciatori, ma l’affermazione di un intero popolo e del suo basilare principio di vita. La forza della balentìa.

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