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DIVERSO PARARE – Wembley: punto di partenza o d’arrivo?

A detta di molti la vittoria di Euro 2020 ha rappresentato per la nazionale guidata da Roberto Mancini un punto di partenza, soprattutto in considerazione del fatto che tra un anno e mezzo si disputeranno i (folli) mondiali invernali assegnati al Qatar. A ben guardare, però, forse il trionfo di Wembley rappresenta soprattutto un punto d’arrivo, la chiusura di un cerchio, o anche di più cerchi.
Vedi il Napoli e poi…
Questa nazionale, nata dalle ceneri della gestione Ventura, è in primo luogo l’epilogo di un processo avviatosi quando, nello stagno del calcio del Belpaese, è stato lanciato un sasso da Maurizio Sarri: quel sasso si chiama Napoli ed è la più bella espressione calcistica vista in Italia negli ultimi 20 anni. Di quel prodogio di estetica e funzionalità Mancini ha ripreso alcuni concetti cardine, tra cui la volontà di dominare sempre il gioco, un recupero palla alto e rapido, la costruzione dal basso, il palleggio insistito a centrocampo e sulla corsia di sinistra. Del Napoli di Sarri Mancini ha saputo riproporre il “tridente” di centrocampo, con Jorginho chiamato ad interpretare se stesso, Barella a fare l’Allan, Verratti deputato a riproporre in nazionale, seppure con una diversa fisicità ed una differente frequenza di passo, Marek Hamsik, al quale lo accomuna un’intelligenza calcistica prossima alla genialità. Se ad Insigne, inoltre, è stato chiesto semplicemente di essere se stesso, Spinazzola – prima e meglio – e poi Palmieri hanno tentato di rappresentare le reincarnazione del miglior Ghoulam.
Dalla bellezza alla vittoria
Quella del Napoli sarriano rappresenta una meravigliosa idea, una forma la quale però, per diventare vincente, ha avuto bisogno di sostanziarsi di un contenuto forse più prosaico, ma tremendamente utile, semplicemente imprescindibiele. All’idea portata avanti dal tecnico di Figline Valdarno, e veniamo ad un altro aspetto della chiusura del cerchio di cui si parlava sopra, va aggiunto il contenuto offerto da due delle anime della squadra certo non più bella, ma sicuramente più dominante degli ultimi 10 anni di calcio italico. Il riferimento è ovviamente alla Juventus, in particolare a Bonucci e a Chiellini, e non credo sia un caso che in area di rigore inglese, in occasione dell’1-1, a raddrizzare di grinta una partita messasi male, ci fossero i due grandi difensori. Se all’idea di Sarri gente come Chiellini e Bonucci ha dato quella concretezza capace di alzare un trofeo da leggenda, l’applicazione di quell’idea ha consentito ai gemelli della legnata di esibirsi in una squadra che sapesse imporre il proprio gioco, forse il solo modo per trionfare a livello internazionale.
In più rispetto a quel Napoli, Mancini ha potuto fare affidamento su un fenomeno come Donnarumma, di un paio di categorie superiore al pur ottimo Reina, mentre va detto che il Mancio non ha avuto un calciatore in grado di replicare le gesta compiute all’ombra del Vesuvio prima da Higuain e poi da Mertens nel ruolo di centravanti. L’avesse avuto, probabilmente con l’Inghilterra sarebbe finita 3-1 per l’Italia.

fonte: www.repubblica.it
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