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Un calcio in faccia: la partita della discriminazione non ha una fine

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Oltre il calcio, è un colpo duro, pesantissimo, che serve su un piatto d’oro un menù squisito di cui si cibano i tanti ed accaniti discriminatori territoriali. Ci sono sentenze, decisioni, risvolti, ma soprattutto motivazioni: il giudice Sandulli, pur nel pieno svolgimento del suo operato, nel confermare la sconfitta a tavolino del Napoli contro la Juventus, ed il punto di penalizzazione, ha innescato con queste ultime, dal tono duro e diffamatorio, la scintilla mai assopita di una platea bramosa di potersi scagliare ancora una volta, e senza ritegno alcuno, contro l’intero popolo napoletano.

Dalla persona del presidente della sua squadra di calcio, all’ultimo appartenente alla terra di partenope, le gradinate si sono trasferite sui social (già da tempo), dove ormai si celano le più infamanti accuse, cavalcando l’onda di chi già da tempo immemore, da un campo di pallone sfora in altre tematiche assolutamente non attinenti ad un rettangolo verde.

L’imbroglio, la furbizia in senso dispregiativo, sono le accuse che lo stesso giudice Sandulli ha voluto donare con doviziosa cura di particolari, alla SSC Napoli: “Il fine ultimo – si legge – dell’ordinamento sportivo è quello di valorizzare il merito sportivo, la lealtà, la probità e il sano agonismo. Tale principio non risulta essere stato rispettato, nel caso di specie, dalla Società ricorrente, il cui comportamento nei giorni antecedenti quello in cui era prevista la disputa dell’incontro di calcio Juventus-Napoli, risulta, teso a precostituirsi, per così dire, un ‘alibi’ per non giocare quella partita.”

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Su cosa si fonda la lealtà ed il sano agonismo? Sarebbe curioso se a spiegarlo apertamente potesse essere uno dei tanti utenti felici dalla motivazione (più che dalla decisione), adottata dal giudice: “Un sentito grazie alla corte d’appello federale che ha impartito una lezione esemplare ad un popolo di pulcinella che fa del fotti il prossimo la sola ragione di vita”.

Questa è l’opinione pubblica, ricorrente, non c’è niente di nuovo, ma oltre il tifo si nasconde una piaga sociale che non cesserà mai di esistere. Cosa c’è di sano in tutto questo? Dove collochiamo il calcio precisamente in queste affermazioni becere, continue, incessanti, che i napoletani subiscono in modo costante? Tralasciando la retorica d certe domande, un appello bisogna rivolgerlo questa volta a chi può difendere se stesso, la società che rappresenta, e di riflesso anche un intero popolo.

Che la Società Sportiva Calcio Napoli, faccia chiarezza in questa ennesima frustante vicenda. Si rivolga con fermezza nelle ulteriori sedi opportune, perché principalmente occorre necessariamente tutelare l’integrità morale di un intero popolo, perennemente martoriato ed etichettato, dove un -1 in classifica rappresenta sicuramente il minore dei mali possibili.

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Produttore Esecutivo in Mediaset per contenuti di informazione (hardnews e softnews), telegiornali e talk tv prime-time. Ho ideato il progetto LBDV e fondato la testata giornalistica. Sono amante del dubbio, socratico per formazione e mi piace guardare al di là delle apparenze tutto, le persone e la vita.

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