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Angolo del tifoso

ANGOLO JUVENTUS – Quel che poteva essere

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Allegri Juventus
Tempo di lettura: 3 minuti

Neanche il fascino immortale di una sfida come il Derby della Mole scuote la Juventus di Max Allegri.

Una stracittadina che, per tradizione e prestigio, dovrebbe essere terreno di battaglia produce, alla fine, un insipido zero a zero.

E alimenta a dismisura i rimpianti per quanto si è visto in una stagione sciagurata. Si rischia, per il terzo anno di fila, di rimanere con la bacheca desolatamente vuota. E con un surplus di dubbi ed incertezze per il futuro, data anche la situazione difficile a livello societario.

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Nel frattempo il tifoso osserva quel che succede in campo e si rammarica per tutti i punti lasciati per strada, a quest’ora si farebbero discorsi di tutt’altro tipo. Quel che poteva essere.

Partenza a razzo

Eppure c’era stato anche un inizio incoraggiante, una partenza a razzo.

Anche se i granata di Ivan Juric, uno che ama allo stesso modo il fragore del death metal quanto l’ortodossia del rigore tattico, avevano intessuto una fitta ragnatela per sterilizzare le iniziative bianconere, tuttavia quest’ultimi riuscivano a sparigliare le carte in tavola.

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Il jolly capace di far saltare il banco ha il numero sette sulla schiena e i guizzi di una anguilla. Federico Chiesa, in questi casi, è capace di infondere sangue fresco ad una squadra anemica. Gli basta ricevere palla, avere quel minimo di spazio per muoversi e puntare verso la porta avversaria. Il marcatore è lasciato sul posto, la linea di fondo è a pochi passi, l’assist è preciso. Ad un copione del genere manca solo l’ultimo atto, il pallone in fondo al sacco.

Questo doveva accadere, questo la tifoseria vedeva, o credeva di vedere. Quel che poteva essere.

Difetti di mira

Infatti il perfetto traversone dell’ala non viene capitalizzato a dovere dal centravanti. Nessuno vuole buttare la croce addosso a quello che è, a tutti gli effetti, un capitale della società.

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Ma uno che ha la fama e lo stipendio di un top player, quelle occasioni dovrebbe tramutarle in oro sonante.

Allo stato attuale Dusan Vlahovic non è il fuoriclasse di cui avrebbe bisogno la Juventus ma soltanto un buon giocatore. E ad ogni occasione mancata rispuntano i dubbi sul suo reale spessore di bomber, quello capace di risolvere ogni partita buttando il pallone in fondo alla rete.

Quanti punti può garantire l’attaccante serbo? I suoi difetti di mira rischiano di compromettere l’accesso alla Champion’s League.

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E, senza i soldi degli introiti europei, chi può garantirgli il suo cospicuo bonifico mensile? Le sue fortune sono legate a doppio filo a quelle della squadra.

E le due opportunità sprecate ieri pomeriggio, sono la fotografia impietosa di un intero torneo. Quel che poteva essere.

La riscossa del Toro

E se il cannoniere ha le polveri bagnate non si può sempre sperare che qualcuno si sostituisca a lui nel bucare gli avversari. Tantomeno quando si affrontano i rivali cittadini.

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Si sa che il Derby è capace di risvegliare energie insospettabili nei cugini granata. Sono due partite che, per loro, possono valere una intera stagione.

Quindi, non c’è da meravigliarsi che, una volta prese le misure ai ragazzi di Allegri, i giocatori del Torino lancino l’assedio alla porta di Szczeşny.

E fortuna che il portierone polacco ha abbastanza riflessi ed esperienza da poter sventare con efficacia tutti gli agguati a suo danno. E’ in buona parte merito suo se la riscossa del Toro non si tramuta in una beffa.

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Anzi, nell’ennesima combinazione negativa di un torneo largamente al di sotto delle pur modeste aspettative. Quel che poteva essere.

Ultima carta

E se la partita è in stallo (come avviene troppo spesso), Max Allegri fa la sua consueta mossa. Fuori uno spremuto Federico Chiesa, dentro il giovane turco Yildiz.

Ora, il fatto che il ragazzo classe 2005 sia un potenziale campione è fuori discussione. La questione è se si possa dargli ad ogni incontro la responsabilità di essere decisivo.

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Non è corretto nei suoi riguardi, non è rispettoso nei confronti dei suoi compagni di squadra, non è salutare per il gruppo.  Se il mister lo schiera come ultima carta da giocare vuol dire che non ha fiducia nei senatori della squadra, li ritiene degli incapaci.

Allo stesso tempo lo mette ingiustamente sotto pressione, si pretende forse che trasformi in oro ogni pallone toccato?

Il giovanotto non si nasconde, ci prova anche a fare quel che gli viene richiesto. Ma quando si tratta di miracoli anche lui è costretto ad alzare bandiera bianca.

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E il rischio di bruciarlo è sempre dietro l’angolo, ulteriore motivo di rimpianto di un torneo malsano. Quel che poteva essere.

(Foto: Depositphotos)

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