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Angolo del tifoso

ANGOLO JUVE – A porte chiuse

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Ero già pronta, pregustavo il momento in cui avrei aperto il pc e rovesciato su tastiera e pixel tutta la mia repulsione per un match che tutti noi attendevamo, più che altro per la certificazione di un’evoluzione necessaria, essenziale per una squadra che intende riacciuffare il campionato in cui da nove anni si impone, spesso senza avversari.

Eppure non ci riesco. Non saprei proprio da che lato cominciare a prender male questa partita contro l’Atalanta di Gasperini, perché in tutta onestà, non ci si divertiva così da un bel po’ di tempo. Che tra l’altro la partita era cominciata già da un bel pezzo, e da entrambe le parti: con il botta e risposta tra Dybala e il presidente Andrea Agnelli da un lato, ma anche sponda bergamasca non mancano gli argomenti di conversazione, tra un Papu disilluso e Gasp che sembra fare il finto tonto.

A parlare anche stavolta, ma soprattutto a mettere a tacere le diatribe che lasciano il tempo che trovano quando cominciano i novanta minuti, è il campo. Entrambi gli allenatori fanno a meno dei due argentini, comodamente seduti in panchina. Pirlo si affida a Ronaldo e Morata davanti, lascia a riposo Ramsey e butta dentro Arthur, finalmente. Con lui l’ormai imprescindibile McKennie, Bentancur e Chiesa, i soliti e solidi Bonucci e De Ligt centrali, corredati da Danilo e Cuadrado, davanti alla porta di Szczesny.

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Partiamo da un presupposto molto semplice: la scrivente è particolarmente attratta da un tipo di calcio fisico e rude. Se avessi desiderato leggiadria avrei evitato Juventus-Atalanta e mi sarei data al Lago dei Cigni, qualcosa del genere. Piccola postilla: tra match fisico e match a legnate c’è una bella differenza, che sembra però non essere chiarissima agli uomini di Gasperini. La Juve impiega solo cinque minuti per rendersi pericolosa davanti a Gollini, un pallone praticamente già dentro la porta, sparato in un’altra epoca da un Cristiano Ronaldo a cui stasera, dopo cento partite con la nostra maglia e settantanove goal, concediamo senza alcun problema una serata storta.

La fortuna di questa squadra nel turno infrasettimanale e non solo risponde al nome di Weston McKennie, che pennella per Morata una palla che aveva scritto su “per favore scaraventami contro la rete”, ma lo spagnolo è un gentiluomo, e favorisce Cristiano ancor meglio posizionato. Con Djimsiti in mezzo, il pallone torna ad Alvaro, che di tacco, non si sa per quale strana legge della balistica, manda al bar il pallone a concedersi una camomilla per l’occasione bruciata.

Morata e Cristiano non sono in partita, e non lo sono per nulla. Lo spagnolo tenta di darsi da fare anche in fase di arretramento, Cristiano è stanco, il settimo giorno dovrebbe essere di riposo anche per lui. Romero dà il via al bailamme dello staff medico in campo, dando una botta non indifferente ad Arthur, che è costretto dopo nemmeno un minuto a chiedere pietà e a farsi sostituire da Rabiot.

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Che tra l’altro sembra essere tornato quello dello scorso anno, ma lasciamo perdere.

Anche perché c’è appena il tempo di seguire Federico Chiesa, che con un’azione personale si ritrova a disegnare una parabola di rara bellezza contro cui Gollini può davvero molto poco.

Bella pagella per l’ex Fiorentina, ma la più bella di tutte spetta indubbiamente a Szczesny che stasera è chiamato a fare gli straordinari vista la pressione che la Dea mette sulla difesa bianconera (momento lacrime: Tek che abbraccia De Ligt, per l’ennesima volta salvatore dalla disfatta). Dopo Romero, che alla fine il giallo lo rimedia eccome, tocca a De Roon, che stampa i tacchetti sulla caviglia di Cuadrado. Rosso diretto sarebbe stato il minimo, nota di merito per l’ammissione social post partita dello stesso giocatore.

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Ci pensa Freuler a rimettere la situazione in pari, battendo Szczesny su una dormita di Rabiot, tra i peggiori in campo.

Devo dirvi che non era rigore? Ve lo dico, per come io vedo il calcio non lo era. Chiesa crolla a terra dopo una trattenuta di Hateboer, e per Doveri è tempo di dischetto.

Io la perdono la serata storta a Ronaldo. Nonostante l’errore a porta vuota, nonostante il rigore parato da Gollini. Prevedibile, poco potente.

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Il portiere della Dea è il riflesso del suo omologo bianconero, quando la Juve s’impunta sulla necessità di trovare il goal del vantaggio. Volano entrambi i due estremi difensori, in un continuo andirivieni delle due squadre da un’area all’altra, senza un attimo di respiro fino al novantaquattresimo, quando è ora per tutti di andare a riscaldarsi.

Lo perdono eccome, Ronaldo. Quello che non ho tanta voglia di perdonare è l’ingresso in campo di Dybala a una manciata di minuti dalla fine. Una formazione che probabilmente è quella titolare a cui oggi non è mancato niente, se non la rabbia sotto porta. Portiamo a casa una prova assolutamente buona, e un punto.

Piuttosto che niente, è meglio piuttosto.

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