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“Rigore per la Juve” di Paolo Trapani, l’insostenibile leggerezza del Calcio

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Tempo di lettura: 5 minuti

Quando si scrive di Juventus bisogna entrare giocoforza nel mood del tifoso, perché la Juve è la squadra più amata e al tempo stesso odiata d’Italia, certamente la più popolare. Non c’è scrittura o testo che abbia come argomento i bianconeri che possa definirsi puramente asettica, imparziale o distaccata.  Provate a fare una ricerca sui nomi più digitati su Google in tema calcistico? Juventus è in cima. E associato alla stringa “Juventus”,  la parola di tendenza è RIGORE.  “Rigore per la Juve” è una di quelle frasi che sembrano nate ancor prima della vita sul pianeta.

E “Rigore per la Juve!” è anche il titolo sarcastico e pungente  del libro del giornalista napoletano Paolo Trapani ( il terzo dopo i grandi successi “Maledetta Juve” e “Napoli, la città del calcio”). Il  racconto della storia del club più discusso d’Italia, dal campo agli ambienti dell’alta finanza, con tutti gli intrecci che ne conseguono, diventa caleidoscopio dell’animo del tifoso, un punto di osservazione privilegiata da cui emergono facce asimmetriche di uno stesso spartito emozionale.

La genesi di un sentimento

Ognuno di noi quando scrive di calcio, sia che il mestiere imponga altro, sia che lo si faccia sfacciatamente nei panni del tifoso, non può fare a meno di essere parziale. ‘Il calcio è la più seria tra le cose meno serie’, ripeteva spesso un certo Arrigo Sacchi, centrando in pieno lo spirito del tifoso o dell’ Homus Pallonis, il calciofilo medio, specie molto in voga lungo lo Stivale.

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La Juventus, va detto, è e resta un patrimonio di tutto il popolo del tifo e so che molti storceranno il muso a questa asserzione. Però  pensate per un attimo a cosa farebbero gli italiani non juventini se non avessero una Juve da denigrare, attaccare, offendere ed a cui lanciare i propri improperi? La Juve è un bel catalizzatore sociale, almeno per chi vive di calcio. Chi tiene per i colori bianconeri gode delle sue vittorie, a volte riabilitando anche la propria esistenza; chi la odia vive con una missione, quella di batterla e di distruggerla (calcisticamente).

La Juventus è una delle tante “cose italiane” che dividono la platea di italiani calciofili e la sezionano in due schiere contrapposte: una buona metà la ama, la segue e la idolatra; una nutrita altra fetta, legata ai colori antagonisti, non può far altro che odiarla ed interiorizzarla come il male da combattere.

Le armi di Paolo Trapani: l’ironia e la statistica

Il libro introduce a riflessioni profonde ma al tempo apre alla leggerezza, perché in fondo il calcio è pur sempre un gioco e ragionare di pallone è bello finché lo si fa anche in modo un tantino provocatorio e irriverente. E Trapani usa come testa d’ariete una sferzante ironia, che cosparge sulla pietanza come si fa nella preparazione di un piatto stellato, con cura e precisione chirurgica, tra una statistica e un aneddoto della ultrasecolare storia bianconera.

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E allora il libro di Paolo Trapani si inserisce nel solco di quel vezzo tutto italico di dividersi in due schiere contrapposte, lo lambisce e lo cavalca con sagacia dialettica, lo viviseziona e analizza con le mani del chirurgo che sa maneggiare l’attrezzo,  nelle pieghe di una antropologia unica e curiosa, perché il calcio è e resta uno specchio della società.

Trapani da buon sangue partenopeo veicola un sentimento personale, una codifica della sequenza genica di un sentimento globale che c’è e pulsa forte, in una piazza storicamente antijuventina. E gioca sulla dialettica del testo con l’abilità del cronista che sciorina statistiche e numeri, dosando lo strumento dell’  εἰρωνεία (eirōneía) con l’urlo disperato del tifoso affranto, dell’avversario stanco di soccombere.

Emergono forti l’angoscia e l’inquietudine quasi munchiane del tifoso  napoletano che si sente vittima di un’ingiustizia continua. Ma Trapani è abile nel mescolarle in punta di penna alla leggerezza di una goliardia che finisce col sublimarsi in vero “odio” calcistico per i “non colorati”. Già i “non colorati”, come amano definirli i tifosi azzurri, geneticamente e culturalmente discepoli dei “mille culure” di una città che vive di passione epidermica per la propria squadra che assurge a nutrice salvifica e al tempo stesso maligna come la Natura di leopardiana memoria, per il fatto di non saper regalare quelle gioie  cui un intero popolo anela.

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La dicotomia bianconera

La Juventus vive da sempre una dicotomia esistenziale, una contraddizione in termini: vince continuamente nei confini italici, perde quasi sempre quando va oltre la rassicurante egida tricolore. E’ la squadra più amata d’Italia, trasversale e presente lungo tutto lo stivale, ma il suo tifo non ha radici o appartenenza territoriale. Ha uno stadio che è una vetrina e una bacheca lastricata di trofei, ma ogni vittoria si porta dietro ombre, sospetti, misteri, dubbi.

Il club bianconero è effigie di potere lobbistico, monolite inscalfibile di dittatura calcistica che genera antipatie, istilla odio e frustrazione in chi non riesce a mettere in discussione la sua leadership.

Curva Nord interista dedica striscione alla Juventus

Spesso aiutata, da sempre ossequiata e temuta, soprattutto per cosa la Juve  evoca fuori dal terreno di gioco, ai rivali non resta che odiarla (sportivamente) e contrastarla ontologicamente e filosoficamente, perché l’anti-juventino, sia esso rossonero, nerazzurro, giallorosso o azzurro, si identifica spesso in uno stile di vita antitetico, dove il “vincere” non è affatto “l’unica cosa che conta”.

Il libro di Paolo Trapani è un rosario, sgranato pagina dopo pagina, di numeri e statistiche, con un ricco archivio storico di rassegne stampa e aneddoti ormai entrati sottopelle nell’animo del tifoso, attraverso cui lo scrittore tenta di spiegare cosa si cela dietro e come nasce il sentimento di odio per i colori bianconeri. Trapani, con le sue opere, si propone di tracciare una sorta di esegesi della antijuventinità, non limitandosi allo sguardo del “tifoso” antijuventino, ma tentando di costruire un percorso documentale di dati, aneddoti e testimonianze tratti dalla storia juventina.

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“Rigore per la Juve!” è un ritratto crudo e al tempo stesso leggero, nella sua malcelata e schietta  irriverenza  si offre al lettore, sia juventino che non, come una bella occasione di confronto con sé stessi e con le proprie emozioni, sullo sfondo di un calcio che torni finalmente ad essere vissuto con insostenibile leggerezza. Perchè il calcio è “la più importante delle cose meno importanti”, bisognerebbe tenerlo bene a mente.

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Produttore Esecutivo in Mediaset per contenuti di informazione (hardnews e softnews), telegiornali e talk tv prime-time. Ho ideato il progetto LBDV e fondato la testata giornalistica. Sono amante del dubbio, socratico per formazione e mi piace guardare al di là delle apparenze tutto, le persone e la vita.

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