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ANGOLO DEL TIFOSO JUVE – Parole vuote

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Faccio fatica anche a ricordarmi dove ci eravamo lasciati. A Torino, di sicuro. Con una prodezza di Paulo Dybala, uno di quei goal che devi per forza rivedere, ed ogni volta che lo rivedi ti sembra di aver trascurato qualche particolare.

Cominciavano a farsi sentire le polemiche, porte aperte, porte chiuse, i miei tifosi no, ma i tuoi sì, e allora meglio le porte chiuse, che senza i miei e senza i tuoi stiamo tutti più larghi.

Interviste su interviste, da un lato, poche semplici ed efficaci dichiarazioni dall’altro. La politica del chiacchiericcio in tutta la sua migliore espressione, contro quella del silenzio, dell’accettazione delle decisioni prese da chi ne ha competenze e dovere.

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Eravamo rimasti anche all’Olympique Lione, a quella sconfitta fuori casa da dover vendicare a Torino, tra le mura amiche. Chissà quando ci capiterà di giocare quella partita. Di sentire di nuovo chiamare il nome di Cristiano Ronaldo dai megafoni dello Stadium, chissà quando mi ricapiterà di tornare a Torino e respirare l’aria profumata di libertà che solo il calcio giocato sa darmi.

Ne abbiamo affrontate diverse, in questo mese.

Ne sanno qualcosa Rugani, Dybala e Matuidi. Un sicuro spavento, ma anche la consapevolezza di essere degli atleti giovani e forti e di avere la vicinanza emotiva di tutta la popolazione sportiva.

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Ma le polemiche, le parole al vento, non si sono placate, non hanno trovato sbocco naturale nel silenzio neanche di fronte alla malattia che ha attaccato non solo giocatori della Juve, ma anche tanti altri calciatori, di qualunque serie e categoria.

Spero tanto nella decontestualizzazione delle parole di Lukaku nei confronti dell’intera Serie A, colpevole di aver fermato i giochi solo con la positività di un calciatore juventino. Non voglio pensare che abbia voluto dire ciò che tutti hanno inteso, non posso pensare ad un discorso di una tale pochezza. Voglio credere che quelle parole siano state stralciate da un contesto molto più ampio.

Voglio tenermi però una società che giunge prima, forse non in tutto, ma in molte cose di sicuro.

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Il taglio degli stipendi ai calciatori ne è un esempio. Un risparmio da novanta milioni che permetterà all’azienda Juventus di continuare a vivere in tranquillità anche in periodi in cui di calcio non ce n’è, ma di dipendenti ce ne sono eccome.

Dimentichiamo spesso di come il calcio non sia unicamente un cenacolo di miliardari.

Dimentichiamo le fondamenta di qualunque azienda, le persone che lavorano per far mangiare, vestire, e rendere atleti quei ragazzi forniti di un inestimabile talento e valore ma che, senza l’aiuto di chi lavora con loro e per loro giorno dopo giorno, resterebbero solo a rimirarsi allo specchio.

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Posso condividere molto, non tutto, di certo.

Non trovo condivisibile ad esempio la scelta di lasciar andar via tutti i giocatori che, freschi di tampone negativo, hanno sciorinato le proprie legittime autocertificazioni sotto il naso di chi di dovere, pronti a prendere i loro voli privati verso le terre natie.

Avrei apprezzato da questo punto di vista una mano più ferma della società, un totale affiancamento della situazione del calciatore a quella dell’intera popolazione italiana: non vedo anima viva da un mese, e di certo la situazione non può farmi piacere.

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Fatti salvi i casi di emergenza, vedi Higuain, avrei preferito una maggiore empatia, se così si può chiamare.

Preferirei invece maggiore silenzio da parte di chi la Serie A la governa, meno parole dette a sproposito, meno indici puntati.

Quando sento parlare di allenamenti che dovrebbero ricominciare, vorrei cambiare argomento. Sembra di vivere in un mondo parallelo e vorrei tanto che fosse così. Ma non lo è. Non è ancora il tempo di pensare a far rotolare palloni, mio malgrado.

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Intanto, sto rispolverando le vecchie partite.

Non so quante volte ho riguardato la finale di Coppa Intercontinentale del ’96, ed ogni volta ho esultato, come se le avessi vissute lì, in quel momento, quelle stesse emozioni.

E voglio viverle di nuovo, ma su un campo. Quando tutto sarà finito, e quando chi ha titolo per farlo decreterà la fine di questo periodo nero della nostra storia.

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Perché credetemi, questo scudetto, così, non lo vuole nessuno.

Men che meno la Juventus.

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