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Angolo del tifoso

Angolo Lazio – Addio a Sinisa, laziale per sempre

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Mihajlovic Bologna
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La notizia della scomparsa di Sinisa Mihajlovic è stata un pugno allo stomaco forte e deciso. A poco sono serviti i pochi giorni del suo ricovero alla clinica Paideia per preparare l’animo di chi temeva l’arrivo di questo momento. Con il campione serbo se ne va un altro pezzo di un calcio che non c’è più, più romantico, non necessariamente più bello esteticamente ma, con certezza, colmo di calciatori di spessore e uomini veri. Dopo l’esordio con la Stella Rossa di Belgrado (e una coppa dei Campioni vinta) il suo arrivo in Italia, nel 1992 con la maglia della Roma, dà inizio al suo legame eterno con il Belpaese. L’esperienza positiva alla Sampdoria gli apre le porte a quella che diventerà la squadra del destino: la Lazio. Sven Goran Erikson, suo allenatore già alla Samp, lo porta alla corte della squadra stellare costruita da Sergio Cragnotti per provare a vincere tutto e cosi sarà: lo Scudetto, due Coppe Italia, due Supercoppe Italiane, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Europea.

Sinisa tira la bomba

Per i laziali Mihajlovic diventa subito una delizia per gli occhi. Un piede sinistro che canta e incanta. Un calcio potente e preciso che se ne frega delle leggi della balistica: lui comanda e il pallone va dove ha deciso. Una sentenza che agisce quasi a richiesta: dalla curva parte il coro “E se tira Sinisa è gol” e lui esegue: 33 reti e assist a grappoli. A Stamford Bridge contro il Chelsea esalta i laziali presenti a Londra con una delizia che si insacca nella rete inglese e regala ai tifosi una serata indimenticabile in Champions League. Contro la Sampdoria ne mette in porta tre in una sola partita, sempre su punizione, sempre bellissimi. Con lui avevamo la sensazione, continua e costante, che ogni calcio da fermo avrebbe potuto farci esultare in maniera sfrenata. Ci sentivamo invincibili, non lo eravamo, ma quella sera al Louise II di Monaco, contro la corazzata Manchester United di Ferguson, nella finale di Supercoppa Europea vinta ci abbiamo creduto davvero. Lo scudetto del 14 Maggio del 2000 fu l’apice sportivo più alto della storia di Mihajlovic con la Lazio ma l’empatia con la gente laziale toccherà vette più alte con la lontanza perché “La lontananza sai, è come il vento, spegne i fuochi piccoli ma accende quelli grandi, quelli grandi”.

Strade separate

Le strade si dividono, Sinisa chiude la carriera da giocatore nell’Inter, regala qualche altra perla (per esempio la conta con Adriano, come i bambini al parco, prima di un calcio di punizione) prima di iniziare  la sua seconda vita, quella da allenatore.

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Bologna, Catania, Fiorentina Sampdoria, Milan, Torino e ancora Bologna. Un giro d’Italia senza mai arrivare a toccare quello che era il suo sogno: la panchina della Lazio. Nel suo girovagare per lo stivale calcistico non c’è stata volta che il suo pensiero non sia stato rivolto a quella maglia che ha indossato con onore per 193 volte.

Laziale per sempre

I saluti sotto la curva, le targhe dei tifosi, le dichiarazioni post partita che trasudavano di amore: “Io sono tifoso della Lazio, non posso esultare, anche se sto al Bologna. Questa vittoria ci serviva, ma quando la Lazio subisce, qualcosa dentro non mi fa esultare” oppure quando dichiarò “Tifo Lazio, se perdo con loro mi rode di meno”. Uomo vero in un mondo plastificato, senza paura di esporre le proprie opinioni, di andare faccia al vento contro le avversità. Quella faccia da duro, da cattivo dei film, che dimostrava in campo poco si addiceva al suo essere nella vita privata, con i figli, gli amici, la moglie. Al tifoso della Lazio non è mai interessato l’elogio vuoto, la dichiarazione a effetto priva di contenuti. Ha sempre chiesto altro, l’amore corrisposto fatto di fedeltà e sguardi amorevoli. Sinisa Mihajlovic per noi era questo, l’esempio di un  guerriero antico che non si arrende mai, che lotta davanti alle difficoltà senza indietreggiare. Ferito, quasi sconfitto ma mai domo, pronto a ricevere l’abbraccio pieno d’amore della sua gente sotto la curva. Un sorriso accennato, il braccio alzato a fatica, stanco e ficcato dalla lotta contro un mostro invincibile.  Il 13 luglio 2019 annunciò: “Affronterò questa sfida a petto in fuori e vincerò la battaglia”. Hai lottato Sinisa, alla tua maniera, l’hai portato ai supplementari questo infame destino. Ci sentiamo più soli oggi, senza uno  come noi che trovavamo al nostro fianco sempre e comunque. Ciao Sinisa, laziale per sempre.

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