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NUMERO 14 – Lampi di Genio

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“Luca, stai addosso al Dieci. Cerca di fermarlo!” “Ci provo, Mister!”. Chi ha dato l’ordine è Azeglio Vicini, c. t. della Nazionale italiana. Chi cerca di eseguirlo è Luca Fusi, uno di quei mediani vecchia scuola, abituato a controllare l’avversario più pericoloso. Che, in quel Marzo del 1988, a Spalato, in occasione dell’amichevole Jugoslavia – Italia, è Dejan Savicevic, fantasista con le stimmate del fuoriclasse. In quella partita ha fatto quello che ha voluto, ha sfoggiato giocate da campione a getto continuo, ha fatto ammattire chiunque gli si sia incollato addosso. Fusi è il quarto della serie, mai Vicini aveva dovuto cambiare cosi spesso una marcatura. Riuscirà a limitarlo, ma con enorme fatica. Per sua fortuna non capita ad ogni incontro di imbattersi in uno capace di fare quei numeri. Degli autentici lampi di Genio.

Il figlio del capostazione

Nasce a Titograd (l’odierna Pogdorica), capitale del Montenegro, il 15 Settembre 1966. Suo padre Vladimir, severo genitore d’altri tempi, è un inflessibile capostazione. Data l’esperienza ha gioco facile nel gestire il traffico della stazione ferroviaria dove lavora. I guai cominciano quando si tratta di gestire suo figlio, un mocciosetto tutto riccioli che non sta fermo un attimo.  Papà Savicevic decide che il ragazzo ha bisogno di disciplina e lo iscrive ad un corso di karate. Dejan si guadagna ben presto una cintura ma appare chiaro che il suo futuro non è sul tatami. I campi di calcio lo attirano molto di più. Mancino naturale, se la cava anche con l’altro piede ed è naturalmente portato ad inventare giocate imprevedibili. A soli 13 anni firma già il suo primo cartellino per l’IFK Titograd, dopo tre campionati giovanili passa al Buducnost, la squadra principale della città, dove esordisce in Prima Divisione. Sono i suoi primi lampi di Genio.

Due galli nello stesso pollaio

Nella stagione successiva è già titolare. L’anno dopo è decisivo nella lotta per la salvezza con 10 reti in 32 presenze. La stagione seguente ne firma 9 in 31 presenze e conduce la squadra al sesto posto in classifica e alle semifinali di Coppa di Jugoslavia. Ormai viene considerato un emergente e, dopo l’ultimo, brillante torneo con il Buducnost (10 reti in 29 incontri) viene ingaggiato dalla squadra più prestigiosa del paese, la Stella Rossa di Belgrado. In formazione c’è già Dragan Stojkovic, uno che, per caratteristiche e temperamento, sembra essere il suo “gemello”. Entrambi sono dei trequartisti che amano stare al centro del gioco, entrambi si accendono ad intermittenza a seconda di come gli dice l’istinto, entrambi hanno un ego molto sviluppato. In campo sembra che riescano ad intendersi molto bene, data anche l’eguale caratura tecnica ma, in effetti, li divide una feroce rivalità. Nessuno dei due è disponibile a defilarsi in favore dell’altro, la loro difficile coesistenza è il primo problema di ogni allenatore del club. Spesso, data la ritrosia di Stojkovic ad abbandonare la sua porzione di campo preferita, è Dejan che si deve spostare, trasformandosi, a seconda dei casi, in ala, interno o seconda punta. Sempre pronto a sfoderare il suo marchio di fabbrica, i lampi di Genio.

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La sfida con il Milan

Nell’autunno del 1988 la Stella Rossa affronta il Milan negli ottavi di finale di Coppa dei Campioni. L’andata a San Siro si conclude in parità, 1 a 1, con Stojkovic che firma il momentaneo vantaggio. Nella gara di ritorno, a Belgrado, Savicevic segna il gol che eliminerebbe il Milan dal torneo. Ma, a causa di una fitta nebbia, la partita viene sospesa e rinviata al giorno successivo. L’indomani si riparte dallo 0 a 0, gli italiani hanno avuto modo di riorganizzarsi. Finisce 1 a 1 (rete del solito Stojkovic su assist di Dejan), si va prima ai tempi supplementari e poi ai rigori. I milanisti segnano sempre, Savicevic fallisce il suo penalty assieme ad un compagno. Alla fine passano gli avversari ma quel fantasista estroso ed imprevedibile ha stuzzicato la fantasia del presidente milanista Berlusconi. Il patron rossonero è rimasto stregato dai suoi lampi di Genio.

Vittoria ed addio

L’eliminazione, comunque, non toglie il sorriso all’asso del Montenegro. Assieme al compagno-rivale Stojkovic conduce la Stella Rossa alla conquista di ben tre scudetti consecutivi. Inoltre fa parte della Nazionale jugoslava impegnata nel Mondiale italiano del 1990. E’ un gruppo pieno di talento, potrebbe essere l’outsider del torneo se le devastanti gelosie interne non minassero il rendimento della squadra. Per far spazio all’insaziabile Stojkovic spesso il c. t. Osim confina Dejan in panchina. Ormai la convivenza tra i due è divenuta impossibile, la Stella Rossa cede Stojkovic e consegna la leadership della formazione a Savicevic. Obiettivo dichiarato, sfondare a livello internazionale. Dejan stringe un patto d’onore con i suoi compagni: si regala alla società il trofeo che desidera e dopo ognuno è libero di prendere la sua strada.  All’ultimo atto della Coppa dei Campioni 1991, a Bari, si assiste a un meraviglioso gioco ad incastri tra passato e futuro. Dejan ha guidato la Stella Rossa fino alla finale, di fronte a lui c’è proprio l’Olympique Marsiglia dell’eterno rivale Stojkovic, i francesi sono la squadra che ha eliminato dal torneo il Milan, sua prossima destinazione. La Stella Rossa conquista la Coppa ai rigori, cosi come l’Intercontinentale nel dicembre successivo a spese dei cileni del Colo Colo. Ultimi lampi di Genio in patria.

In maglia rossonera

Dejan ha mantenuto fede all’impegno, è libero adesso di scegliersi la carriera che preferisce. Ha molte richieste  ma il feeling tra lui e il Milan non si è mai allentato. Silvio Berlusconi si è innamorato del suo estro e, di solito, i flirt del Presidente rossonero si tramutano in rapporti duraturi. Il giocatore non è convinto appieno, sa che ci sono soli tre posti disponibili per gli stranieri al Milan e non vuole fare panchina. Firma solo quando gli viene assicurato che sia Gullit che Boban verranno ceduti. Ma, al suo arrivo  in Italia, i due sono ancora presenti in formazione. Per Dejan il primo campionato in maglia rossonera è alquanto tormentato. Tuttavia, pur non scendendo spesso in campo da titolare, riesce a segnare 7 reti in 17 gare. Non è un ruolino entusiasmante, il montenegrino è deluso e vorrebbe andare a giocare altrove, in prestito. Berlusconi riesce a convincerlo a rimanere, lui lo ripaga a modo suo. Ad Atene, il 18 Maggio 1994, è decisivo nella finale di Champions League contro il Barcellona. Resta nella memoria di tutti la sua  rete: ruba palla al suo avversario diretto, alza lo sguardo, vede il portiere fuori dai pali, mette il suo sinistro sotto al pallone e lo beffa con un diabolico pallonetto all’incrocio dei pali. Una perla di gol, forse il più abbagliante dei suoi lampi di Genio.

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