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Pordenone, ritratto di Tedino, tecnico “ceramista” tra la Campania, il Veneto, il Friuli e il vedere l’effetto che fa

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Non perde il treno con quelle che erano andate in fuga il Benevento, vittorioso di misura contro il Pordenone ultimo in classifica, ma ampiamente sovrastante per tre quarti della gara. Il Brescia di Inzaghi è appena a -2, il Lecce a -3 e il Pisa a -4. E proprio con il Pordenone, Benevento città ha “ritrovato” un tecnico dal dna sannita, Bruno Tedino. Il mondo è piccolo, piccolo assai. Trevigiano nato ad Udine, classe 1964, il padre di Tedino è originario proprio di una cittadina del beneventano, Foglianise, conosciuta per la festa del grano. Sannita di origine, veneto di carattere, davvero una bella fusione tra regioni su una panchina che, ora più che mai, ha bisogno di sangue caldo e pazienza fredda per uscire da una matassa che difficile da sbrogliare. Sette punti dalla quart’ultima Alessandria sono già una scalata, ma Tedino ha già dimostrato di non intimidirsi di fronte alle sfide più aspre. E sabato lo scherzetto della beffa al Benevento lo stava quasi per fare. Sulla scacchiera, Tedino incontrava una squadra, come quella di Caserta, offensiva per vocazione e per scelta. Doveva, per forza di cose, modellare il credo del suo 4-3-3 che guarda, con ammirazione, a Sacchi e Guardiola. E come un modello ceramista (nel Sannio beneventano stesso, tra l’altro, sono tuttora presenti e attivi gli artigiani e i maestri di questa nobile arte) ha plasmato e cesellato difesa e centrocampo in un 4-4-2 a fisarmonica che ripartiva in velocità in verticale al momento giusto tra pressing, accelerazione e concentrazione. E’ stata una prova non facile per il Benevento dover reagire allo svantaggio, nonostante, oltre a partire favorita, avesse già dimostrato sul campo, soprattutto durante il primo tempo, di essere più di una spanna in più sopra i friulani. Tedino, però, non s’è perso d’animo e non è partito sconfitto. E’ alla sua famiglia che deve tutto, compresa la grinta del non darsi per vinto. La famiglia come base granitica sul piano etico e morale, come valore assoluto della sua intera esistenza, come radice incrollabile di un orientamento umano prima che professionale. E non manca a lui occasione per sottolinearlo, in modo molto sentito, nelle varie interviste che rilascia. Davvero una storia particolare, quella di Tedino. Partita da una carriera da calciatore finita a 22 anni e continuata con la chiamata, il punto più alto del suo curriculum fin qui, prima alla Nazionale Under-16 e poi a quella Under-17. Passando per diverse squadre tra serie C1, serie C2 e serie D. E’ la sua quarta volta in serie B, la prima in B col Pordenone (sulla cui panchina è seduto per la terza volta). Non sente il suo Pordenone già spacciato. Non mollerà l’idea della salvezza fino alla fine. Lotterà con le unghie, graffiando, e con i denti, stringendoli. Cuore e attenzione, generosità e passione, rimanendo in piedi e non piegati (e ripiegati) sulle cose che non vanno. Con queste premesse, per quanto difficile, l’obiettivo rimonta non è impossibile. E’ la piacevole conseguenza di quando sei campano e veneto nello stesso tempo. Deve essere questo l’effetto che fa.

P.S. – Perché intitolare una rubrica “Autogrill”? Immaginate di trascorrere là un’intera giornata: in 24 ore quante storie vedreste e ascoltereste? Quante persone incontrereste e osservereste? Quanti gesti, parole e situazioni, che rimandano a luoghi vissuti da tanti altri volti? E’ quello che si proporrà di fare questa rubrica: approfondire, dal campo o fuori dal campo, delle storie che si conoscono e rilanciare delle storie che si conoscono poco. Raccogliere respiri di vita, attimi di condivisione, istanti dove cogliere l’essenziale nei particolari, briciole di esistenze in un luogo sì preciso ma di passaggio. Come in un autogrill, appunto, un luogo in cui tutti passano per un minuto o per un’ora, un luogo dove s’incrociano casualmente esistenze, incontri ed emozioni….

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