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Claudio Lotito: il presidente “commercialista” da Uno, nessuno e centomila

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E’ difficile non pensare a Claudio Lotito come ad un commercialista. I conti, con lui, si fanno sempre. Tra citazioni latine e modi poco convenzionali, non ha mai lasciato nulla al caso: ha sempre osservato, valutato e centellinato ogni aspetto, mai negandosi il privilegio del saldo. Ma mai, nemmeno, perdendo di vista l’attivo che tanto fa comodo alle società. Inforca gli occhiali, prende la calcolatrice e conta, Claudio Lotito. Assistito solo da pochi e fidati: un’oligarchia a scala corta, con la sua presenza, costante, a tessere trame decisionali a tutto tondo. Re Mida per alcuni, Lotirchio per altri: chiunque, nell’affannosa ricerca di dar lui un ruolo stabile, non comprende appieno un personaggio dalle mille sfaccettature, dai mille volti e mille maschere.

IL CONTROVERSO RAPPORTO BIANCOCELESTE

C’è chi lo idolatra e chi vorrebbe vederlo dovunque, tranne che a Roma: i tifosi della Lazio lo sanno bene. Del resto, abituati com’erano a Cragnotti, capiscono di getto, nel 2004, cosa significa il cambio di strategia. In tutti i sensi. La signorilità del “self made man” è capovolta, quasi distrutta, dall’esuberanza di Lotito; nessuno dimentica il suo “Il tifoso non è una professione”, o lo “scontro” con Fabrizio Piscitelli, Diabolik (“Salve, sono Diabolik”; “Piacere, ispettore Ginko. Sto dalla parte delle guardie.”). La poca convenzionalità, Claudio Lotito, se la porta dietro da sempre.

Un odi et amo che parte da lontano, sin dall’acquisizione del club. Visto inizialmente come un salvator patriae, i tifosi faranno presto i conti con un modus operandi differente, se non diametralmente opposto, a quello del capogruppo Montedison: gli obiettivi proposti e raggiunti con Cragnotti perdono di valore, con Lotito; la gestione passa dalle spese importanti e dai risultati importanti all’efferata – e cinica – contabilità. La società vende, ridimensiona le pretese; vige la regola del minimo sforzo, massimo risultato. Regola che, per ovvio che sia, non potrà mai essere accettata da un tifoso.

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Nascono le prime resse con Lotito  che culmineranno col movimento ultrà Libera la Lazio, che porteranno per anni a stadi vuoti, durante le partite della Lazio. Un Olimpico silenzioso osserverà, solo, i biancocelesti in campo. Che però cominciano a farsi le ossa, a prendere forma, seguendo la direzione indicata proprio dal neopresidente.

La Lazio vince prima la Supercoppa italiana nel 2009, contro l’Inter di Mourinho che diventerà quella del triplete. Vince di nuovo la Coppa Italia nel 2013, a cui seguiranno i tanti trofei italiani da sette anni a questa parte. Lo stadio si ripopola, la gente comincia a seguire di nuovo la Lazio. Lotito, in tribuna, gongola: aveva fatto i calcoli giusti. Come sempre.

LOTITO E SALERNO: POLVERIERA DALLA MICCIA LUNGA

“Il problema a Salerno è l’ambiente”: mai frase più più azzeccata – da Lotito stesso, poi – per descrivere il rapporto tra il pirandelliano presidente e la tifoseria granata. E forse è proprio lì, nell’ambiente campano, che l’altro volto di Lotito si articola nella sua maggiore essenza. Vien da fare un discorso omologo a quello laziale: anche lì il fallimento; anche lì un salvator patriae. 

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Il processo di costruzione, però, si ferma a metà. Serie D, C2, C1 e Serie B: i tifosi granata non potevano chiedere di meglio, dopo aver toccato il fondo. Eppure, qualcosa non quadra. Questo qualcosa si esprime, in tutta la sua drammaticità, proprio con l’approdo alla serie cadetta: la Salernitana smette, effettivamente, di ambire; diventa, in senso stretto, una succursale della Lazio, dove vengono parcheggiati giovani dalle belle speranze e calciatori che ai biancocelesti non servono. I tifosi insorgono, ostili al presidente tanto quanto lui rimane ostile alla frangia salernitana. Un ornamento agghindato alla bell’e meglio, utile a fini politici in Lega e nulla più.

Anche qui, si esprime di nuovo quel binomio che aveva caratterizzato la controparte laziale. Con contorni, però, addirittura più drammatici: lo si vuole via, da Salerno e dalla Campania. Stanchi delle continue – e vane – prese di posizione del presidente, i supporters granata organizzano manifestazioni e proteste. Un levate gli scudi che si succede da anni, ormai; una polveriera dalla miccia lunga: nonostante tutto Lotito è sempre lì, sordo alle lamentele ultrà.

Una polveriera però rimane una polveriera. E la miccia, prima o poi, si esaurirà.

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UNO, NESSUNO E CENTOMILA

Tanto Lotirchio quanto Re Mida, tanto commercialista quanto presidente di successo. Tanto ben visto, quanto osteggiato. Lotito è tante cose, ma nessuna di queste convergente. Centomila volti in un singolo, che all’atto appare nessuno – e tutti. Forse però, nel citare la poetica pirandelliana, si cade in un errore grossolano: Pirandello, del resto, ha sempre descritto la sua opera come il romanzo “più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita”. Quello che in pratica è – o diviene, meglio – Vitangelo Moscarda.

Moscarda, e non Lotito. Perché di una cosa si può essere sicuri: l’insight di Vitangelo Moscarda lo ha reso quello che è; Lotito, dal canto suo, ha sempre saputo di essere uno, nessuno e centomila

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