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Ilicic, il ritratto dell’uomo Josip che svuole sconfiggere i propri demoni

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Che sia Pro Evolution Soccer o Fifa, alzi la mano chi non s’è mai chiesto o non ha mai pensato, almeno una volta mentre giocava, quale fosse la storia umana di questo o di quel calciatore dietro alla sua tenuta da battaglia, la pelle sotto alla pelle della casacca, degli scarpini e dei colori sociali che, in quel momento, sta rappresentando, il cammino di vita personale oltre contratti milionari, procuratori, calciomercato, interviste di rito, gol fatti, gol subiti, grandi interventi e improbabili papere. La standing ovation di giovedì sera dei tifosi dell’Atalanta per Ilicic è stata da brividi. Un’atmosfera molto toccante. Applausi come se piovesse, lacrime come se diluviasse. La società gli ha tributato una passerella d’onore al Gewiss Stadium per salutare, per l’ultima volta, il pubblico. Il suo pubblico, che ha deliziato con tocchi d’artista emozionanti che hanno fruttato 60 gol, 44 assist in 172 partite in 5 anni, s’è alzato in piedi mentre le sue prodezze scorrevano sul tabellone sopra la curva. Ilicic lascia l’Atalanta, avendo raggiunto un’adeguata risoluzione contrattuale con il club, ma non vuole ancora smettere di giocare, si sente ancora in grado di poter dare tanto. Dopo aver perso molto, soprattutto negli ultimi anni, a causa di una forte depressione. Nel maledetto 2020, come tanti, il campione sloveno contrasse il covid e affrontò il lockdown. Alla ripartenza del campionato, a porte chiuse, c’era. Fino a quell’ultima partita dell’11 luglio 2020 contro la Juventus. Poi un senso di oppressione immane. Da allora oltre 4 mesi di silenzio su che fine avesse fatto l’attaccante. Ci fu, giustamente, il massimo riserbo di tutti sulla sua salute. Club, compagni e Gasperini lo aspettarono, e Ilicic tornò il 17 ottobre 2020, nella partita persa contro il Napoli al San Paolo per 4-1, giocando parte del secondo tempo. Si vedeva che non era al massimo della condizione rispetto ai suoi standard, ma c’era e questa era l’unica cosa che contava. Un uomo, prima che un giocatore, ritrovato che stava proseguendo il proprio percorso personale per lasciarsi alle spalle il mostro che aveva dentro.

QUESTI FANTASMI! Purtroppo però i demoni interiori sono tornati quest’anno ed è stato Gasperini, visibilmente toccato e provato dalla vicenda, ad esporsi pubblicamente dai microfoni di Dazn. Stress da pandemia o altro hanno innescato la definitiva miccia? Chiaramente questo, a meno che non lo rivelerà (se vorrà) il diretto interessato, non possiamo saperlo. Una cosa però la conosciamo ed è una certezza assoluta. La sua vicenda personale è diventata una vicenda comunitaria sentita e sofferta. Il calore appassionato e commosso, riservatogli dall’intera marea nerazzurra l’altra sera, ritrae l’affetto e la riconoscenza della gente verso l’uomo, prima che verso quello che la stella slovena classe ’88 ha per tutti loro rappresentato, l’inizio di un sogno che ha portato l’Atalanta a disputare la Champions League e a battere sua maestà il Liverpool. I ricordi delle 5 stagioni vissute vanno ben al di là dei numeri sfornati. Un episodio di generosità su tutti lo ricorda la stessa società bergamasca nel suo comunicato ufficiale. “Dal 2017 ha incantato Bergamo con le sue giocate, le sue invenzioni, la sua classe purissima. In campo ci ha fatto sognare con le sue magie, fuori ci ha fatto commuovere per sensibilità e umanità. Il poker di Valencia resterà per sempre il manifesto del fuoriclasse Iličić, il nobile gesto di donare il pallone di quella magica serata all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo è il ritratto dell’uomo Josip”. Una cornice perfetta in un quadro che ci ricorda che tutto ha un senso solo se, alla fine di tutto, saremo ancora capaci di amare.

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