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NUMERO 14 – La battaglia di Belgrado – Parte Prima

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Stadio Marakana di Belgrado. Giovedì 10 Novembre 1988, ore 15.00. Si disputa la partita di ritorno degli ottavi della Coppa dei Campioni. In campo Milan e Stella Rossa, la squadra di casa.
Il giorno e l’orario vi sembrano strani? Non è una vostra impressione.
Antefatto: il giorno precedente si era disputata regolarmente la gara. O almeno uno spezzone. Infatti, all’inizio della ripresa, sul risultato di 1 a 0 per la Stella Rossa, una fitta nebbia era calata sullo stadio, annullando del tutto la visibilità e costringendo l’arbitro a mandare le squadre negli spogliatoi.
Partita impossibile da proseguire e rinviata al giorno dopo.
Si riprenderà a giocare dopo 24 ore, dal primo minuto e sul risultato di 0 a 0.
Privilegio o dannazione per il Milan?
Da un lato vi era una gara ormai compromessa. Dopo l’1 a 1 rimediato a San Siro c’era l’obbligo di vincere a Belgrado e, invece, gli uomini di Sacchi si erano ritrovati sotto di un gol e con un uomo in meno per l’espulsione di Virdis.
Dall’altro lato c’era una nuova possibilità di giocarsi le proprie carte, sia pure in formazione rimaneggiata causa squalifiche e con le gambe ancora pesanti dalla gara precedente.
L’allenatore del Milan non ha grandi possibilità di scelta. Ad affiancare il centravanti olandese Marco Van Basten in attacco in sostituzione di Virdis è il 19enne Graziano Mannari mentre il buco a centrocampo causato dalla squalifica del diffidato Ancelotti viene tappato spostando nella linea mediana lo stopper Frank Rijkaard, il secondo tulipano della formazione rossonera.
In difesa, a fianco del capitano Franco Baresi, c’è al suo posto il giovane Alessandro Costacurta.
Il terzo elemento del trio orange, Ruud Gullit, siede in panchina per i postumi di un infortunio.
L’atmosfera dello stadio è rovente: i 120.000 spettatori costituiscono una muraglia umana in grado di lanciare a ripetizione urla belluine per intimorire gli avversari.
Non mancano nemmeno i militari con mitragliette al braccio e cani lupo al guinzaglio.
L’intero stadio è presidiato, come se fosse in una zona di frontiera. O di guerra.
Atmosfera inquietante, manca solo l’odore della polvere da sparo nell’aria.
Ma il Milan non ha paura, non può permettersi di averne.
Il Destino li ha riportati sull’erba dello stadio dopo la prova incolore del giorno precedente.
Fortuna o fondoschiena che sia stato, adesso il passaggio del turno è una questione di sopravvivenza. Chi resta in piedi per ultimo ha vinto.
Gli slavi non hanno la carica del giorno prima, il Milan prende l’iniziativa.
E passa in vantaggio già al quarto minuto. Spunto di Donadoni, uscita avventurosa del portiere per anticiparlo, rimpallo, la palla arriva a Mannari, tiro, deviazione di un difensore e la sfera rotola in rete.
L’arbitro, però, non convalida. Non ha visto il pallone entrare in porta.
Il pubblico slavo esulta, urla e fischia. I rossoneri sono ancora più caricati.
Roberto Donadoni è il più attivo a centrocampo: si muove con disinvoltura, disimpegnandosi sulle due fasce e spesso riesce ad eludere gli avversari per poi disegnare parabole interessanti per le punte milaniste.
E’ il cervello della squadra, ottimamente spalleggiato da Evani, Colombo e Rijkaard.
Formalmente sarebbe un’ala, in realtà la sue doti ne fanno l’indispensabile collante della manovra rossonera quindi il tecnico lo utilizza da trequartista con il principale compito di rifornire gli attaccanti.
E’ la naturale evoluzione tecnica che ha avuto il ragazzo nel passaggio dalla sua squadra di origine, l’Atalanta, al club di Via Turati.
Su di lui, in verità, aveva già messo gli occhi la Juventus.
Il club torinese seguiva già da tempo i progressi del giovane tornante atalantino e, dati gli ottimi rapporti tra le due società, l’accordo era dato ormai per scontato.
Donadoni alla Juventus e un buon conguaglio nelle casse dell’Atalanta.
A sparigliare le carte in tavola, però, interviene una richiesta dell’allora tecnico milanista Nils Liedholm al neopresidente Silvio Berlusconi.
L’allenatore svedese fa presente che, per costruire la squadra spettacolare che gli è stata richiesta, ha assoluto bisogno di Donadoni.
Berlusconi non perde tempo: contatta i dirigenti atalantini ed esplicita la sua volontà di acquistare il giocatore.
Non si perde d’animo neanche davanti al fatto che gli dicono che hanno già un impegno con la Juventus.
Si limita a fare la sua offerta. Qualsiasi cifra abbiano concordato lui offre il doppio.
L’inevitabile conclusione della trattativa è che gli impegni presi dall’Atalanta perdono di significato e Donadoni indossa la maglia rossonera.
Al suo arrivo a Milano è subito promosso titolare e, la stagione successiva, il neo trainer Sacchi ne fa subito un perno del suo gioco.
Anche quella sera, nell’inferno del Marakana, Donadoni non tradisce le aspettative: poco dopo la mezz’ora di gioco è un suo cross che permette a Van Basten di segnare la rete del vantaggio.
Dopo pochi minuti pareggia Stojkovic su assist di Savicevic. C’è ancora da lottare.
Il dramma è dietro l’angolo: su un fortuito contrasto di gioco un difensore slavo ricade scompostamente su Donadoni che resta a terra esanime.
Attimi di panico in campo, tutti accorrono attorno al giocatore e braccia che si agitano frenetiche per richiedere l’intervento dei sanitari.
E’ questione di vita o di morte: Roberto ha perso i sensi e gli si è attorcigliata la lingua in bocca con il rischio di soffocamento.
I suoi compagni di squadra sono sotto shock. ll pubblico non smette di urlare.
Il medico accorso riesce in extremis a salvare la vita a Donadoni: gli insinua una penna tra le labbra, fa forza e riesce ad aprire la mandibola. Un successivo intervento di respirazione bocca a bocca completa l’opera di salvataggio.
Donadoni, ancora privo di sensi, viene riportato negli spogliatoi in barella mentre la partita ricomincia.
I giocatori del Milan sono ancora traumatizzati. Van Basten non voleva più giocare, è stato convinto a fatica a rientrare. Maldini e Costacurta, i più giovani della squadra, stentano a trattenere le lacrime. Franco Baresi urla e si sbraccia nel tentativo di dare animo ai compagni.
La tremenda pressione ambientale sta per schiacciare il Milan. Gli avversari non aspettano altro che i rossoneri perdano completamente la testa per assestare il colpo di grazia e mandarli al tappeto.
Durante l’intervallo un annuncio dello speaker dello stadio scatena fischi assordanti da parte delle tribune dello stadio.
Qualche istante dopo lo stesso annuncio viene ripetuto in lingua italiana. Si annuncia che Donadoni ha ripreso conoscenza ed è fuori pericolo.
E’ una pozione salvifica per il Milan. Le lacrime vengono asciugate e lo sguardo torna ad accendersi. Ormai non si tratta più di una partita di calcio. Non può esserlo.
Quei fischi hanno scavato un solco incolmabile tra il Milan e tutto l’ambiente circostante. Si è andati ben oltre il normale confronto agonistico. Si è speculato sulla vita di un uomo per annientare la volontà di andare avanti dei suoi compagni .
La vera partita comincia adesso.

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