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Angolo del tifoso

ANGOLO JUVENTUS – Triplice rimpianto

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Allegri Juventus
Tempo di lettura: 3 minuti

Quando si è seduto in panchina, all’Olimpico di Roma, la curva della Juventus ha avuto un brivido.

L’enorme sagoma di Igor Tudor è un ricordo troppo fresco nella memoria dei sostenitori della Vecchia Signora. E la prospettiva di quello che avrebbe potuto dare in più alla causa come calciatore aumenta le suggestioni.

Che vengono amplificate a dismisura se si pensa a quanto avrebbe potuto ottenere se gli si fosse stata affidata la guida della squadra, in ben due occasioni. Triplice rimpianto.

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Fisico da difensore, piedi da centrocampista

Il ventenne croato che sbarca a Torino nell’estate del 1998 è un prospetto dal sicuro avvenire. Abbina un fisico da marcantonio (1,93 cm di altezza) a dei piedi fin troppo educati per un difensore centrale.

Infatti sembra uno spreco confinarlo in retroguardia e si cerca, con esiti confortanti, di trasformarlo in un possente mediano di rottura e rilancio.

Purtroppo, la feroce concorrenza a centrocampo e una serie ripetuta di infortuni gli impediscono di affermarsi.

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Dopo otto anni di militanza e vari trofei al suo attivo, Tudor saluta tutti e va a chiudere la carriera a Spalato, la sua città di origine. Lascia di sè una immagine da talento incompiuto, sensazione confermata dalla sua successiva carriera da tecnico.

E, nel caso della Juventus, ci saranno almeno altre due occasioni di rammarico. Triplice rimpianto.

Allenatore in formazione

Una volta appesi gli scarpini al chiodo, si reinventa subito come tecnico, partendo proprio dalle giovanili dell’Hajduk Spalato.

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Dimostra subito di saperci fare, il suo buon lavoro gli frutta la panchina della prima squadra dopo appena un paio d’anni.

Il tempo di vincere i suoi primi trofei tra i professionisti e poi emigra in Grecia, alla guida del PAOK Salonicco e poi in Turchia, come allenatore del Galatasaray. Entrambe sono esperienze controverse, tuttavia sono il preludio alla sua prima occasione di lavorare in Italia.

Nell’Aprile nel 2018 l’Udinese gli offre la guida della squadra. Traghetta i friulani ad un paio di tranquille salvezze e poi, dopo una nuova parentesi all’Hajduk, accetta di tornare alla Juventus come assistente del neoallenatore Andrea Pirlo.

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Più di uno sussurra che, in realtà, il suo compito sia fare da balia all’ancora inesperto collega e che il lavoro settimanale svolto dal gruppo sia tutta farina del suo sacco.

A fine stagione, nonostante due trofei messi in bacheca, Pirlo viene esonerato assieme al suo staff.

Tudor saluta Torino per la seconda volta, ci si domanda se non sarebbe stato il caso di dargli pieni poteri nella gestione della squadra.

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Triplice rimpianto.

L’affermazione a Verona e Marsiglia

La sua tappa successiva è Verona. E come tecnico degli scaligeri, sfonda.

Ottima organizzazione di gioco e risultati sorprendenti. Salvezza conquistata molto prima del previsto, record societario di punti in Serie A sfiorato, in lizza per un posto nelle Coppe Europee fino all’ultimo.

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Non viene confermato per dissidi con in dirigenti ma si accasa subito a Marsiglia.  Un altro buon campionato, concluso al terzo posto, non viene seguito, però, dalla riconferma.

Tudor rescinde in contratto e resta in attesa di ingaggio. Più voci lo danno per certo sulla panchina della Juventus in caso di congedo anticipato di Max Allegri.

Ma il mister livornese rimane ben saldo sulla tolda di comando e il tecnico croato inanella l’ennesima delusione a riguardo.

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Dato l’andamento dei torinesi nel campionato in corso c’è da masticare amaro non solo per lui.

Triplice rimpianto.

Confronto diretto

Ma le vie del calcio sono infinite. Tudor viene nominato allenatore della Lazio al posto del dimissionario Sarri e debutta in biancoceleste proprio contro la Juventus di Allegri.

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Nessuno dei due se la passa troppo bene ma l’involuzione di gioco e risultati dei bianconeri pesa ben più delle difficoltà laziali.

Il croato si limita a ridisegnare la squadra secondo logica e buonsenso, l’italiano prova a sorprendere tutti con scelte insolite.

Rilancia, dopo lunghi mesi in naftalina, il suo pupillo De Sciglio come titolare sulla fascia sinistra. A parte la discussa affidabilità del terzino, è sicuramente un azzardo far giocare dal primo minuto uno che è stato fermo quasi un anno per infortunio.

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Poi si inventa un inedito tridente in attacco, dove ad affiancare un redivivo Kean  e il dribblomane Chiesa c’è Andrea Cambiaso.

Va bene che la duttilità è la sua caratteristica principale nonché quella che gli ha procurato un posto in Nazionale. Ma prendere un terzino d’assalto, provare a reinventarlo mezz’ala di costruzione ed infine trasformarlo in punta è davvero troppo cervellotico.

C’è davvero, a questo punto, da invidiare lo stile e la semplicità di Tudor.

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Triplice rimpianto.

Alchimie inutili

Le alchimie tattiche di Allegri, comunque, sono inutili. La sua squadra non riesce ad esprimere uno straccio di idea di gioco ed è in balia degli avversari per tutta la partita.

La difesa è sempre in affanno, a centrocampo si corre a vuoto dietro ai rivali e in attacco non arriva un pallone giocabile che sia uno.

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I ragazzi di Tudor cercano a tutti i costi una vittoria scacciapensieri e solo la malasorte e l’imprecisione del suo centravanti gliela negano. Almeno fino al recupero, quando una indecisione del debuttante Sekulov (mandato allo sbaraglio dal suo mister, altra perla del tecnico toscano) consente al difensore laziale Marusic di piazzare il colpo di testa da tre punti.

E regalare la prima soddisfazione al suo allenatore, a riprova del fatto che avrebbe meritato ben altra fortuna in bianconero.

Triplice rimpianto.

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(Foto: Depositphotos)

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