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ANGOLO DEL TIFOSO JUVE – Gli uomini non cambiano

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A me cambiare non piace. Io prendo la stessa pizza dal 1991, odio dover cambiare i miei orari, odio dormire meno di otto ore. Sono fatta così, funziono solo su basi prestabilite, ma molto spesso me ne faccio una colpa.

Saper cambiare non è un’arte, dovrebbe essere un semplice scalino da salire, o da scendere in alcuni casi, in ogni percorso di vita. Eppure, quanto mi piace, quanto ci piace crogiolarci nelle nostre abitudini, soffermarci sempre sulle stesse cose, dare per scontato quello che succederà di qui a un’ora, perché tanto i nostri giorni scorrono sempre uguali, compiliamo sempre gli stessi campi come in un prestampato.

Ma poi arriva quel momento in cui sentiamo la necessità di rendere il cambiamento parte della nostra vita. Perché ci va, perché ne sentiamo il bisogno, perché siamo stufi. Ed io, oggi, sono stufa.

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All’Allianz Stadium è di scena una delle sfide più sentite dal tifo bianconero, quella con la Fiorentina. La Fiorentina di mister Iachini, tornato a dare man forte alla squadra dopo l’ennesima debacle di Montella, preoccupa non poco gli uomini di Sarri: sembra che la “cura Iachini” stia dando i suoi frutti.

Per quanto ci riguarda, dopo l’indimenticabile cross che ha favorito il Napoli il casa propria, Matuidi viene lasciato a riposo da Sarri, in favore di Rabiot, l’uomo che prima o poi smetterà di crescere, il solito Pjanic e Bentancur, ormai irrinunciabile nelle gerarchie (anche perché con l’addio di Emre Can non è che queste gerarchie siano così difficilmente scalabili).

In attacco, Sarri azzarda Douglas Costa dal primo minuto: più tardi dirà che tenere Dybala in panchina è come bestemmiare, e come biasimarlo. Ma come negare anche che Douglas, accanto a Cristiano e Gonzalo Higuain, abbia fatto una delle sue migliori prestazioni, infortuni permettendo. Douglas lascia che la squadra viaggi a una velocità doppia, senza voler esagerare.

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Partiamo da una statistica banale, che come al solito dice tutto e niente: quasi l’80% di possesso palla per la Juve e otto tiri in porta. Che, dopo la spedizione indegna di Napoli, mi sembra già un ottimo punto di partenza.

Vedo delle azioni orchestrate egregiamente dalla mia squadra, ma l’inizio del match impegna non poco colui che non mettono nei calendari solo perché ha il nome troppo complicato: Wojciech Szczesny (non l’ho googlato, giuro).

Non voglio eccedere nei complimenti ma penso sia stato tra gli acquisti più azzeccati degli ultimi anni. Ha una reattività ed un fiuto per la direzione di ogni singolo pallone che ogni volta riescono a stupirmi. E oggi le sue qualità non sono da meno, e le mette in mostra tutte, prima su Chiesa poi su Lirola. Per il resto, mi sembra il meno impegnato del match.

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Chi ha avuto un bel da fare è stato l’arbitro Pasqua. Pezzella tocca un pallone vagante in area con il polso sinistro, mi pare che su questo siamo tutti d’accordo, e assegna il penalty ai bianconeri. Dragowski intuisce la direzione, ma nulla può, perché Cristiano Ronaldo, su ogni rigore, riesce ad imprimere una velocità ed una forza al pallone che raramente permettono ai portieri di non dagli soddisfazione.

Uno a zero, per poi subire un po’ di azioni offensive della Viola ed arrivare ad un Douglas Costa ancora una volta sontuoso, che piazza un pallone gustosissimo per Higuain, ma che solo per un ottimo riflesso di Dragowski non insacca il due a zero.

E poi, dopo un tiro di potenza di Rabiot, uno dei migliori in campo per la cronaca, un’azione personale di Bentancur, che quasi solo davanti a Dragowski viene messo a terra da Ceccherini.

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Apriti cielo.

Pasqua concede il penalty, dalla sala VAR gli chiedono di andare a fare un check, torna, conferma la sua decisione. Non l’avesse mai fatto. Mi aspetto che al prossimo Consiglio dei Ministri non si parli di legge di bilancio e cuneo fiscale, ma del perché Pasqua abbia concesso quel rigore alla Juventus. O almeno, stando al delirio che si è venuto a creare, suppongo questo sia l’ordine del giorno.

Cristiano la rimette dentro, e c’è addirittura il tempo per un calcio d’angolo di Dybala, che incontra il testone di De Ligt, bravissimo a battere di nuovo Dragowski e a siglare il tre a zero.

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Questa dovrebbe essere la giornata dei cinquanta, cinquanta, lo ripeto, goal in bianconero di Cristiano Ronaldo, che se me lo avessero detto tre anni fa mi sarei fatta una di quelle risate che non si dimenticano. Invece quello ha cinque palloni d’oro, ha segnato cinquanta goal con la mia maglia, ed io apro i social e mi ritrovo a dover ascoltare delle dichiarazioni da parte di presidenti che non stanno né in cielo e né in terra, il tutto per un unico motivo: a noi, cambiare, non piace.

Perché cambiare, quando è così facile attribuire la colpa di tutti, ma proprio tutti i propri fallimenti al fantomatico potere che la Juventus avrebbe nei confronti della classe arbitrale? Che io poi ci penso, e mi dico che quello che dovevamo pagare l’abbiamo ampiamente pagato, ormai quasi quindici anni fa.

Perché noi lo abbiamo pagato eccome, quando c’è gente che ha imparato a memoria l’istituto giuridico della prescrizione, e s’è salvata. Sono gli stessi che, assolutamente, non hanno mai avuto atteggiamenti irriguardosi nei confronti degli arbitri: quando li hanno circondati era per dare abbracci.

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Leggo di giornalisti che invitano il management della Juventus a non far fare interviste al proprio vicepresidente, membro del Consiglio d’Amministrazione, perché avrebbe in passato intimidito gli arbitri. Mi piacerebbe avere delucidazioni su chi mandare a parlare con i giornalisti. Eventualmente potrebbero mandare me, ma glielo sconsiglio vivamente.

Che non è mica finita qui. Non finisce mai. Non finirà mai questa comoda, comodissima poltrona fatta di “è colpa della Juve”, perché semplicemente non c’è la voglia di farla finita. Non c’è spirito di competizione, come potrebbe esserci? Non c’è modo di competere con chi ha una programmazione, uno stadio di proprietà, una lista di giocatori che farebbero carte false pur di indossare quella maglia, un management che ci pensa dodicimila volte prima di dire parole sconnesse ai microfoni. Molto meglio protestare.

Che poi questi eventi non fanno altro che aizzare le folle. Giocatori che commentano in modo che definire infantile è un eufemismo. Mi dispiace, mi dispiace sinceramente che non si riesca ad andare oltre queste polemiche becere, e non si riesca a guardare a ciò che succede dentro i propri campi di allenamento, perché tanto è così facile guardare dentro la Continassa.

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Ma alla vostra salute, e a quella dei cinquanta goal di Cristiano Ronaldo Dos Santos Aveiro in maglia bianconera, io voglio imparare a cambiare. Comincerò a piccoli passi, e stasera eviterò la mia solita pizza würstel e patatine rossa, facciamo che la prendo capricciosa.

Proprio come piace a voi.

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