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Se il calcio all’italiana elimina il calcio inglese….

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Vincenzo Italiano Fiorentina
Tempo di lettura: 2 minuti

Se il calcio all’italiana elimina il calcio inglese.

Da italiani siamo, spesso, molto più abili a buttarci giù, anche quando non lo meritiamo, andando a vedere col microscopio ogni nostra più piccola imperfezione che non a celebrarci, quando lo meritiamo, andando ad osservare con il telescopio la nostra brillante stella.

L’autocritica ad oltranza esagerata, anche senza essercene motivo, è uno dei nostri difetti di fabbrica insieme all’ipocrisia.

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Con l’agognato traguardo raggiunto, da applausi, della quinta futura classificata di A in Champions League, i Quarti di finale delle coppe europee ci consegnano anche una sicura convinzione: il calcio all’italiana sta dominando la scena.

Attenzione, non tanto il calcio italiano, che resta saldissimo in testa al Ranking Uefa.

Andiamo un attimo al di là dei trionfi meritatissimi e rigeneranti, con lacrime, sudore, impegno e genio, di Roma, Atalanta e Fiorentina in semifinale, che hanno faticato non poco al ritorno, all’italiana maniera, per uscirne indenni e in gloria: la prima in inferiorità numerica contro il Milan, la seconda perdendo contro un Liverpool strapazzato all’andata e la terza ai supplementari contro il Viktoria Pilzen.

Nella modalità “italiana” di re Carlo, il Real Madrid ha eliminato il City ai rigori.

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In un assetto da puro catenaccio, Tuchel ha imbrigliato l’Arsenal di Arteta, che in Premier con il Liverpool si sta giocando l’inseguimento al Manchester City.

I campioni tedeschi del Leverkusen hanno ottenuto il massimo col minimo sforzo offensivo nella Londra del West Ham.

Tutto questo, numeri alla mano, ci restituisce una realtà entusiasmante e incoraggiante per il nostro calcio.

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Incoraggia non poco (e ci fa anche mordere le mani) aver potuto constatare a questo giro di boa che la filosofia calcistica italiana tiene bene i colpi del tempo, si modifica a seconda dei contesti ed è diventata anche più spettacolare. Sognando anche di vederla maggiormente vincente.

Le carte in regola ci sono tutte.

“POVERI”, MA BELLI 

Probabilmente, soprattutto con i fondi arabi, gli investimenti di casa propria e ricavi dai diritti televisivi, dalle sponsorizzazioni e dalla modernizzazione degli stadi, lo stato patrimoniale della Premier League gode ancora di una salute superiore alla nostra Serie A.

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Ma proprio questo dato, se raffrontato al numero di inglesi qualificate in semifinali (la sola Aston Villa), ci rallegra non poco.

Ci diverte vedere che chi ha di più e speso di più, il muro del suono delle prime quattro d’Europa non è riuscito a sfondarlo, mentre chi non partiva esattamente da favorito, quel muro lo ha attraversato con eleganza fino a sbriciolarlo, con cinica e devastante bellezza, al proprio passaggio.

Ecco, una finale di Conference tra Fiorentina e Aston Villa sintetizzerebbe al meglio questi due lati del fiume, invertendo un po’ i classici ruoli dell’italiano attendista e dell’inglese spregiudicato.

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Con i viola di Italiano che, con tre alle spalle della punti, danno spettacolo agli occhi oltre che concretezza.

E con gli inglesi di Unai Emery, da una buona potenza offensiva di fuoco, che non disdegnano, come soluzione tattica, quella di muoversi compatti tra di loro, a cerchio, entro pochi metri.

Una sorta di catenaccio 2.0 che ingabbia, variando a seconda dell’avversario in campo.

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Una finale non certo definitiva rispetto alla disfida Italia-Inghilterra o decisiva su quale sia il miglior sistema-calcio, ma che varrebbe senz’altro molto, molto, di più dell’alzare una coppa europea.

(Foto: Depositphotos)

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