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Daniele Garbo: “Due o tre cose che so di Walter”

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Io lo conoscevo bene. Walter Mazzarri intendo, l’usato sicuro scelto da Aurelio De Laurentiis per rimettere in carreggiata il Napoli.

Inizialmente non mi stava particolarmente simpatico, mi dava l’idea di essere un po’ presuntuoso e arrogante. Poi un giorno successe qualcosa che mi fece cambiare idea sull’uomo e sull’allenatore.

Quando ero inviato della trasmissione “Controcampo” condotta da Sandro Piccinini su Italia 1 mi capitava ogni tanto di seguire la Reggina. Una trasferta gradita perché a Reggio Calabria avevo qualche amico e anche perché si mangiava un pesce strepitoso.

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Nella stagione 2004-2005 sulla panchina della Reggina era arrivato proprio Walter Mazzarri, che condusse la squadra a una salvezza tranquilla chiudendo il campionato al decimo posto. Lo stadio Granillo era un fortino in cui tutto poteva accadere, il tifo era caldissimo e la Reggina era un osso durissimo per tutti.

All’epoca sentivo di tanto in tanto Marco Borriello, che conoscevo dai tempi della sua esplosiva coabitazione con Cassano nell’under 21 (i due galletti della nazionale di Claudio Gentile non si sopportavano e a mala pena si parlavano). Un pomeriggio Marco, che era alla Reggina in prestito dal Milan, mi telefonò per sfogarsi di non essere tenuto in considerazione da Mazzarri, che lo faceva entrare sempre nel secondo tempo. Cercai di calmarlo dicendogli che doveva allenarsi seriamente per dimostrare al suo allenatore di meritare una maglia da titolare.

Un domenica ero a Reggio e criticai duramente sia nel servizio di “Controcampo” sia sul settimanale omonimo le scelte del tecnico toscano. Ricordo ancora le parole che utilizzai: “Mazzarri dovrebbe spiegare perché parte sempre con una punta e, quando le cose si mettono male, finisce sempre con quattro attaccanti che spesso fanno solo confusione”. Borriello mi chiamò per dirmi che era d’accordo, ma io gli risposi che avevo scritto semplicemente quello che pensavo e che il mio rapporto con lui non c’entrava niente. Era la verità.

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Martedì pomeriggio mi arrivò una chiamata dell’addetto stampa della Reggina: “Daniele – mi disse – il mister vorrebbe parlarti, posso passartelo?” “Ma certo – risposi – molto volentieri”.

“Buongiorno, sono Mazzarri. Volevo dirle che io seguo attentamente i suoi servizi sia in televisione sia sul giornale e vorrei spiegarle alcune cose”.

“Salve Mister, è un piacere confrontarmi con lei, l’ascolto”.

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Da lì partì una requisitoria in cui inizialmente ebbi la sensazione che Mazzarri avesse intenzioni polemiche nei miei confronti. Invece no. Dapprima fu molto abile e mi blandì (“Lei è un giornalista quotato e le sue osservazioni per me sono molto importanti”. Naturalmente non era vero niente, non gliene poteva fregare di meno di quello che scrivevo e aveva pure ragione: lui era un tecnico preparatissimo, io un semplice giornalista. Però fu molto abile, per non dire ruffiano e in un attimo passammo dal “lei” al “tu”). Quindi cominciò a spiegarmi le motivazioni tattiche per cui faceva quelle scelte che io contestavo. Ovviamente fu molto convincente, ma a un certo punto, dopo un’ora e mezza di chiacchierata, fui costretto a interromperlo perché dovevo andare in redazione a preparare una partita di Champions League che avrei commentato da studio.

Lui non fece una piega e ribatté: “Posso richiamarti fra un po’?” “Certo che sì” fu la mia risposta. E puntuale verso le 18 arrivò la nuova telefonata di Mazzarri, sempre attraverso il cellulare dell’addetto stampa della Reggina, che durò un’altra ora abbondante. Alla fine lui mi ringraziò per la disponibilità e io gli risposi: “Sono io che ringrazio te per questa bella chiacchierata lontana dai microfoni. Aver parlato con te mi ha arricchito professionalmente e anche umanamente. Magari ci fossero sempre questi confronti tra allenatori e giornalisti, invece non succede quasi mai”.

Ci ripromettemmo di incontrarci la prima volta che fossi andato a Reggio Calabria. E così fu. Un lunedì mattina, prima del volo che mi avrebbe riportato a Roma, Mazzarri mi diede appuntamento al centro sportivo della Reggina. Ci prendemmo un caffè, chiacchierammo di calcio e ci scambiammo i numeri di telefono con l’impegno di risentirci spesso.

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La stagione successiva fu quella del miracolo Reggina, che si salvò nonostante gli 11 punti di penalizzazione in seguito al processo di Calciopoli. Fu il capolavoro di Walter Mazzarri, addirittura più del secondo posto ottenuto col Napoli nella stagione 2012-2013, perché sul campo la squadra amaranto conquistò 51 punti, il record di sempre in serie A. Un’impresa che gli valse la cittadinanza onoraria di Reggio Calabria.

Da allora con Walter ci siamo incontrati, sentiti e confrontati spesso. Per questo gli auguro di rimettere in carreggiata il Napoli lasciatogli in eredità da Garcia.

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