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NUMERO 14 – Rappresento Maradona

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“Lei chi sarebbe?”

“Io rappresento Maradona!”.

Una frase del genere, nell’Argentina di fine anni ’70, avrebbero voluto pronunciarla in molti. Anzi, praticamente tutti quelli che avevano interessi nel mondo del calcio.

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Infatti si era appena affacciato alla ribalta un ragazzo con i riccioli ribelli e l’aria sfrontata che, seppure minorenne, aveva già fatto capire che sarebbe divenuto un protagonista assoluto dei campi verdi.

C’è un futuro da campione per lui. E una sicura miniera d’oro per chiunque gli fosse stato a fianco nella sua carriera.

Diego Armando Maradona era stato cresciuto per seguire la sua sorte. La sua famiglia aveva consentito che tralasciasse gli studi per dedicarsi completamente al calcio.

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E lui aveva soddisfatto in pieno le aspettative: debutto in prima squadra ancora prima del compimento dell’età minima di 16 anni, esordio in nazionale l’anno successivo, vincitore della classifica cannonieri del campionato appena maggiorenne, campione del mondo juniores con la selezione argentina a neanche 19 anni.

Sempre accanto a Diego, sin dalla firma sul suo primo contratto da professionista, c’è lui, Jorge Cyterszpiler, origini polacche, studente di Economia, amico d’infanzia del Pibe  e adesso suo uomo di fiducia più che suo manager.

Il fatto che Maradona, già assediato dai più scafati procuratori del Sudamerica, pronti a tutto pur di avere la sua firma, abbia affidato la gestione dei suoi interessi a un ragazzo poco più grande di lui, fa capire molte cose.

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Cyterszpiler è la persona a lui più legata, in un certo senso gli deve la vita, al punto che ha scelto di dedicarla a curare gli interessi del suo idolo.

In realtà il suo modello, quello a cui avrebbe voluto assomigliare era il fratello Eduardo, promessa delle giovanili dell’Argentinos Juniors: tanto il primo era timido affetto dalla poliomielite che gli aveva lasciato in eredità una andatura zoppicante quanto il secondo era alto e prestante nel suo andare su e giù per il campo a caccia di palloni e di gloria.

Un banale incidente di gioco aveva avuto conseguenze tragiche: Eduardo era morto e Jorge, distrutto dal dolore, era caduto in depressione, talmente acuta da spingerlo a non uscire nemmeno più dalla sua stanza.

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Solo una notizia, secondo cui c’era un ragazzo delle Cebollitas (il vivaio dell’Argentinos Juniors) in grado di fare meraviglie sul terreno da gioco, aveva stimolato la sua curiosità al punto di volerlo andare a vedere.

Era stato un colpo di fulmine: il talento di Maradona aveva riacceso l’amore per il calcio di Jorge e, contemporaneamente, restituito alla vita.

I due fecero conoscenza e non ci volle molto perché divenissero inseparabili: Jorge non mancava mai agli incontri dell’amico e, finita la partita, non c’era attività che non condividessero: cinema, pizza, ragazze.

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Al compimento del quindicesimo anno di età Maradona era stato promosso in prima squadra dai dirigenti dell’Argentinos Juniors che gli avevano anche messo a disposizione un appartamento in grado di ospitare l’intera sua famiglia.

Era il segnale che la vita di Diego era cambiata, ormai era il punto di riferimento della sua famiglia oltre che la principale fonte di reddito. C’era bisogno di qualcuno che si prendesse cura dei suoi affari, dato che avrebbe dovuto pensare soprattutto a giocare nel miglior modo possibile e a nient’altro.

Francisco Cornejo, il suo allenatore delle giovanili, uomo vecchio stampo che l’aveva cresciuto con l’affetto di un padre, non veniva ritenuto adatto dalla famiglia a fargli da manager mentre Jorge, giovane studente con il pallino degli affari, era visto come l’uomo giusto al posto giusto. Sapevano che avrebbe fatto di tutto per Diego.

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Dopo aver siglato assieme il primo contratto da professionista, Jorge, sull’esempio dei manager di scuola USA, decise di fondare una società, la Maradona Productions, con il preciso scopo di gestire tutte le attività legate all’immagine del suo assistito.

Non era mai stata fatta prima una cosa del genere nel calcio argentino ma la fama del calciatore, già notevole in patria, era stata dilatata a dismisura dal primo, grande successo internazionale di Maradona, la vittoria al Mondiale juniores in Giappone (cfr. “Il mondo conosce Maradona”) e tutti volevano Diego nel loro gruppo, era il volto giovane e vincente di una nuova generazione, l’idolo naturale di migliaia di giovani consumatori, pronti a seguirlo qualsiasi cosa sponsorizzasse.

I numeri sciorinati in Oriente avevano, ovviamente, attratto l’attenzione di numerosi club europei ma, se in alcuni paesi come l’Italia il divieto di importare stranieri aveva di molto raffreddato le trattative, non esisteva questo problema per i clubs inglesi e spagnoli, più che disposti a mettere sul piatto diversi milioni di dollari pur di far indossare a Maradona la propria maglia.

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I dirigenti dell’Argentinos Juniors, a questo punto, sapevano bene di non avere la forza economica per trattenere a lungo il giocatore ma erano decisi a trarre almeno il massimo profitto possibile dalla sua inevitabile cessione.

Cyterszpiler, dal canto suo, sapeva che il compito affidatogli, gestire nel miglior modo possibile la carriera di Maradona, cominciava a farsi davvero complicato: non c’erano molte squadre in patria in grado di assicurare al suo cliente il trattamento economico che desiderava ma, d’altra parte, un ben remunerato trasferimento in Europa presentava tuttavia davvero molte incognite, senza contare che Diego non aveva poi tanta voglia di lasciare il rifugio dorato costituito dal suo ambiente natio.

Alla fine la soluzione scelta fu il trasferimento al Boca Junior, un ricco club della capitale, che tuttavia, dopo solo un anno, fu costretto a mettere in vendita il calciatore, dato che i costi del suo acquisto avevano dissestato le casse societarie.

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Ormai il viaggio oltreoceano e l’approdo nel calcio europeo era una tappa inevitabile nel percorso di Maradona e la destinazione prescelta fu la Spagna, precisamente la Catalogna. Il Barcellona, una squadra ricca e prestigiosa quanto basta, non aveva badato a spese pur di assicurarsi le prestazioni del fuoriclasse argentino e prevalere cosi, grazie a lui, nell’eterno duello con i rivali di sempre del Real Madrid.

Cyterszpiler aveva buoni motivi per essere soddisfatto: aveva procurato a Diego il club che voleva, e alle sue condizioni, in più andava in un paese dove si parlava la sua lingua, con problemi di ambientamento ridotti al minimo, oltre ad avere anche la possibilità di sfruttare l’imminente Mondiale spagnolo per presentarsi nel miglior modo possibile ai suoi nuovi tifosi.

Le cose non vanno tuttavia come previsto: un Maradona in pessima forma disputa un Mondiale mediocre e, al momento del suo sbarco a Barcellona, non vi è quell’accoglienza trionfale che tutto il clan argentino si aspettava.

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Maradona ormai si considera un re e pretende un trattamento adeguato, la sua priorità è avere una villa lussuosa dove poter alloggiare comodamente la sua corte, fatta di familiari ed innumerevoli amici, tutti coordinati da Jorge.

La dirigenza spagnola non è in grado di soddisfare sul momento le sue richieste e, nell’attesa di trovare la dimora adatta, l’intero clan Maradona è alloggiato temporaneamente nel più prestigioso hotel di Barcellona.

I ritmi di vita e le abitudini dell’asso argentino non sono esattamente quelli che ci si aspetterebbe da un coscienzioso professionista  e, alle prime voci di sfrenata attività notturna del fuoriclasse e del suo clan, il presidente del Barca ne chiede conto a Cyterszpiler il quale, tuttavia, da sempre molto accondiscendente di fronte agli eccessi del suo protetto, fa spallucce, limitandosi a replicare che, finchè il rendimento sul campo è buono, nessuno può dire niente a Maradona sulla sua vita privata.

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Il problema è che, causa anche un brutto infortunio e l’epatite, Maradona non riesce a convincere pienamente sul terreno di gioco, al punto che, alla scadenza dei due anni di contratto, vi è una netta spaccatura tra i dirigenti della squadra catalana. Da una parte c’è chi non sopporta più il suo comportamento e lo ritiene un peso per la squadra mentre c’è chi pensa che, superato il primo impatto, il suo talento possa finalmente risultare decisivo. Conferma o cessione, quindi?

E’ importante rilevare che, se il Barcellona non è contento di Maradona neanche quest’ultimo è entusiasta dell’ambiente catalano: troppe critiche personali, troppi contrasti con gli allenatori, troppi mugugni da parte della dirigenza.

Anche il suo conto in banca non è floridissimo e, pertanto, Maradona da mandato al suo manager di trovargli una nuova sistemazione. Cyterszpiler si mette subito all’opera e, fatto sapere in giro che il suo assistito è sul mercato, non tarda a ritrovarsi sulla scrivania una serie di offerte, tra cui c’è solo da scegliere la migliore.

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Jorge valuta, riflette, ascolta anche i suggerimenti della famiglia Maradona e, alla fine, complice un fantastico week end nel panorama incantato di Capri, fa firmare al suo assistito un contratto con il Napoli.

L’arrivo di Diego nella città partenopea è da leggenda: i tifosi impazziti dall’entusiasmo hanno bloccato l’accesso alla strada che porta all’aeroporto, Jorge è costretto a inventarsi un sosia di Maradona che polarizzi l’attenzione della folla mentre lui, assieme a Diego, raggiunge la sede del Napoli in incognito.

Il giorno dopo lo Stadio San Paolo è colmo per la presentazione del nuovo idolo: Maradona si presenta sul campo, effettua dei palleggi ed è già delirio, con 80.000 persone in festa sugli spalti.

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E’ l’inizio di una nuova, travolgente avventura che, però, sarà anche l’ultima che vedrà affiancati i due inseparabili amici: dopo meno di un anno dal suo arrivo a Napoli Maradona revoca la procura a Jorge, chiudendo un rapporto che durava dall’infanzia.

I motivi reali della rottura non si sapranno mai, né i due ne faranno mai parola, ognuno per rispetto nei confronti dell’altro.

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