I nostri Social

Approfondimenti

LEVA CALCISTICA ’68: SPECIALE EURO’ 80 – La prima ingiustizia

Pubblicato

il

Tempo di lettura: 2 minuti

Il 21 giugno lo stadio San Paolo fece il suo dovere sostenendo incessantemente gli Azzurri fin dal primo minuto.

Salendo i gradoni dell’impianto sportivo percepii subito la tensione e l’importanza del match, acuita dalla voglia che Napoli aveva di calcio internazionale. I fumogeni mi diedero il benvenuto nell’arena, il colpo d’occhio quella sera era impressionante, il tappeto verde brillava più del solito sotto la luce dei riflettori. Nonostante fumi di vario genere, e di non meglio identificate sostanze, inalai a pieni polmoni per imprimere nelle sinapsi immagini e sensazioni, era tutti meraviglioso. Fu un assalto all’arma bianca, un vero e proprio assedio all’armata cecoslovacca Campione d’Europa in carica, ed io avevo dodici anni.

Le assenze di due frombolieri come Paolo Rossi e Bruno Giordano, coinvolti nel Totonero, si fece sentire molto quella sera. La generosità di Ciccio Graziani, scarsamente supportato in fase offensiva da Bettega, non bastò a concretizzare l’enorme mole di lavoro di Causio e Antognoni. Innumerevoli furono le occasioni per la nostra Nazionale e la sensazione che prima o dopo il risultato si potesse sbloccare era netta e tangibile. Ma il primo tempo terminò a reti inviolate.

La ripresa vide di nuovo l’Italia in attacco, anche se con meno veemenza data la stanchezza, e la Cecoslovacchia ne approfittò con una fucilata del laterale Jurkemik all’incrocio dei pali. I fantasmi dei missili balistici olandesi ai Mondiali argentini di due anni prima si materializzarono sul prato del San Paolo e Dino Zoff si ritrovò a raccogliere la palla dal fondo della rete. La reazione ci fu, questa volta, e fu immediata anche se ordinata.

Da un cross di Antognoni dalla sinistra Ciccio Graziani si inventò una palombella con la testa, del tutto simile a quella che beffo’ Nkono due anni più tardi a Vigo, che uccello’ l’estremo difensore ceco. Parità ristabilita e Italia di nuovo all’assalto. Ci furono i logici, ma anche illogici, sussulti finali con una fagiolata in area cecoslovacca dove uno spento Bettega prima e uno sfortunato Causio poi non riuscirono a concretizzare. Sul ribaltamento di fronte, in contropiede, Nehoda da solo davanti a Zoff tirò a lato.

Il triplice fischio sancì la fine del match giocato, dando inizio direttamente alla “lotteria” dei calci di rigore. Le due squadre segnarono tutti i “canonici” cinque penalty in dotazione e si prosegui’ ad oltranza. Almeno fino a quando non arrivò Fulvio Collovati dagli undici metri. Il portiere bloccò in due tempi il suo rasoterra, anche se probabilmente le tecnologie odierne avrebbero dimostrato che in realtà la palla varcò la linea. Il successivo rigore calciato da Barmos invece entrò senza dubbio alcuno regalando il terzo posto nella competizione alla Cecoslovacchia, fu allora che mi resi conto che il calcio non premia sempre i migliori.

Avevo dodici anni e il mio Europeo dal vivo era terminato.

L’amarezza del risultato faceva a cazzotti con la prestazione dei nostri che era stata ampiamente superiore a quella degli avversari. Tornai a casa comunque soddisfatto di aver assistito a una bella kermesse e aver visto tanti campioni sul prato del San Paolo.

Ma solo dopo decenni mi sono reso conto di esser stato anche testimone dell’inizio di una epopea di sfigatissimi epiloghi di competizioni calcistiche internazionali dell’Italia pallonara, che avrebbero avuto un minimo comun denominatore: “la lotteria dei calci di rigore”.

Ma queste sono altre storie.

in evidenza