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Atalanta, Gasperismo e mentalità da ‘grande’
L’ultima giornata di campionato ha consacrato, se ancora ce ne fosse bisogno, i nerazzurri di Giampiero Gasperini. L’Atalanta, ormai, ha una mentalità da ‘grande’.
La Dea, rivelazione delle passate stagioni, si è definitivamente consacrata a realtà del nostro calcio. Sia in Serie A che in Europa, i ragazzi terribili del Gasp meritano il rispetto di chiunque gli si presenti davanti. Il percorso dei nerazzurri, infatti, ha stupito tutti: passo dopo passo, vittoria dopo vittoria, l’Atalanta ha acquisito consapevolezza nei propri mezzi e un’identità ben precisa. La vittoria di ieri sera contro la Lazio, infine, è la prova decisiva del cambio di mentalità: da provinciale, l’Atalanta ormai è una grande.
GASPERISMO
Nel post partita, Alessandro Costacurta ha coniato il termine “Gasperismo”. Esaltiamo spesso gli allenatori stranieri, ma quanto fatto dal tecnico di Grugliasco è encomiabile. Ha costruito, nel tempo, una squadra praticamente perfetta. Votata all’attacco, al possesso palla e alla velocità di pensiero: la Dea va veloce e nessuno, per il momento, riesce a fermarla. L’Atalanta, ora, ha una mentalità da grande: riesce ad imporsi con le piccole, ma allo stesso tempo riesce a fare la voce grossa anche con le grandi. Il Manchester City di Pep Guardiola, per esempio, è rimasto stupito dalla concretezza dei nerazzurri. Il Gasperismo è la filosofia della squadra. Una reinterpretazione del “calcio totale” olandese, in cui tutti attaccano e tutti difendono. La prova, infatti, è data da due situazioni: gli esterni, difensivi sulla carta, hanno uno score da attaccanti. Gosens, ieri, ha segnato l’ottava rete del suo campionato, su assist di Hateboer, il laterale opposto. Zapata e Gomez, giusto per citarne alcuni, sono i primi a difendere e dare una mano in rientro.
L’Atalanta venera il Gasperismo, tutta Italia è ai suoi piedi.
ATALANTA E LA MENTALITA’ DA GRANDE
Prima della sosta forzata causa pandemia globale, ognuno di noi esaltava, giustamente, l’Atalanta. Ieri, però, vi è stata la definitiva consacrazione. La prova offerta contro la Lazio è degna dei top club mondiali. Chiunque, passato doppiamente in svantaggio contro la seconda forza del campionato, avrebbe gettato la spugna. Chiunque, ma non la squadra bergamasca. Prima è rientrata in partita con il colpo di testa di Robin Gosens. Poi l’ha pareggiata, con il bolide dell’ucraino Malinovskyj (in questo caso, poi, si vede anche la programmazione fatta sul mercato: prendere a prezzi contenuti un comprimario dalla qualità eccelsa). Ed, infine, come se non bastasse, l’ha ribaltata con Palomino.
Può bastare una partita per consacrare una squadra? Vedendo la prova dei nerazzurri di ieri, crediamo di si. L’Atalanta non è più una provinciale terribile, è una squadra con la mentalità da grande. Quella mentalità che ti porta a spingerti oltre i propri limiti per cercare la vittoria. E non è da tutti. In tante ci hanno provato negli anni, nessuna ci è riuscita. Il Napoli di Sarri, la Roma del primo Spalletti; tutte hanno fatto il loro volo pindarico, ma non l’Atalanta. Ma del resto una Dea non ha bisogno di ali di cera per ergersi…
PER BERGAMO!
L’Atalanta viaggiava ad una velocità doppia rispetto alle altre prima del coronavirus. Lo sta facendo anche dopo la pausa di tre mesi. Il quarto di finale raggiunto a Febbraio è stato l’apice della storia del club, culminato del periodo più scuro della storia di Bergamo. La città lombarda si è unita ed ha lottato. Anche la squadra vi si è compattata attorno. I giocatori corrono, sudano e sputano sangue perchè hanno un obiettivo: ridare una speranza a chi ha sofferto e continua a farlo.
Tutto questo in campo si vede. Nella voglia di non fermarsi. Nella voglia di lottare.
L’Atalanta con la mentalità da grande lotta per Bergamo e per i bergamaschi. E questa, forse, è la vittoria più bella.