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Kulusevki: una (mezza) stagione vale una carriera?

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Il 25 aprile è, notoriamente in Italia, la festa della Liberazione e l’anniversario della Resistenza.  Giorno in cui – più di altre volte – viene in mente l’indimenticato ed indimenticabile Sandro Pertini, capace di affermare (e ci mancherebbe) che “è meglio la peggiore delle democrazie della migliore di tutte le dittature”.

L’epopea social, a dirla tutta, sta forse sgretolando alcune di queste certezze, ma se v’è una pietra d’angolo da cui partire per costruire qualsivoglia prospettiva, questa è rappresentata dalla “memoria” per quel che è stato e dalla “resistenza”, affinché non accada mai più.

Ma cosa può saperne di tutto questo un giovane calciatore svedese di origini macedoni che qualcuno decise di far nascere nel 55esimo anniversario di quella (simbolica) Liberazione nazionale? In realtà deve saperlo per forza o, probabilmente, lo scoprirà a breve.

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Era l’anno 2000, quattro mesi dopo l’inizio del XXI secolo ed il primo vagito emesso da uno dei “millennials” attualmente più interessanti del panorama calcistico europeo coincideva – non a caso – con una festa nazionale.

Dejan Kulusevski è un mancino, un calciatore che calcia preferibilmente col piede sinistro, ma che utilizza (bene) entrambi gli emisferi, tenuto conto di come sfrutta le accelerazioni in campo aperto, di come opera le verticalizzazioni improvvise, fornisce assist ed è capace di “fare reparto” nella zona nevralgica del rettangolo verde.

Una prima parte di campionato assai positiva nel Parma di Roberto D’Aversa (giocata col numero 44 sulle spalle) ha determinato un trasferimento importante (35 milioni, riferiscono i bene informati) alla Juventus di Maurizio Sarri, dove – Covid permettendo – arriverà definitivamente in estate.

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Possono 23 presenze e 5 reti in una sola stagione, la prima “vera” da professionista, garantire una carriera da “top player” e calciatore di prima fascia? Abitualmente no.

Ma nella vicenda che ci occupa, di ordinario c’è davvero poco.

L’Atalanta lo ha portato in Italia quando aveva da poco compiuto 16 anni, lo ha visto crescere come centrocampista offensivo ed arrivare agli attuali 184 cm di altezza, affinando una straripante forza fisica, un educato piede mancino ed una testa alta che si addice a chi a pallone gioca solo in seconda battuta con gli arti inferiori.

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Dejan oggi compie vent’anni, ma in campo ne dimostra già parecchi in più.

Come tutti i giovani sicuri di sé commette a volte errori intestardendosi in giocate individuali ed in dribbling assai complicati, ma se fossi un allenatore con abilità da sarto, il miglior abito per il centrocampo del mio collettivo vorrei confezionarlo con la stoffa di questo ragazzone biondo che pensa veloce e gioca in coerenza.

L’arrivo immediato e fulmineo sulla sponda bianconera di Torino, in un centrocampo agguerrito, forte ed esperto che punta a vincere tutto è una sfida, ma anche una trappola. Perché il talento per esplodere ha bisogno di spazio e di continuità, specie negli anni-clou.

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La Juventus ha di solito molto coraggio nel fare acquisti ed investimenti importanti e l’allenatore attuale (e chissà quanto futuro) è uno a cui piace “costruire calciatori”. Ma l’evoluzione e l’affermazione nel calcio che conta di Kulusevski è, inevitabilmente, direttamente proporzionale ai minuti giocati ed alle occasioni che avrà, di qui in avanti, per “farsi le ossa”.

Se la progressione, che in campo rappresenta l’arma migliore, sarà tale anche nei prossimi anni, non c’è dubbio che una stagione (anche difficile come quella attuale)  possa essere l’avvisaglia di una carriera importante.

Il calcio, però, si sa, è continua evoluzione. E tutti i percorsi di una giovane promessa è sempre bello viverli un po’ alla volta e passo dopo passo, senza previsioni o illusioni di sorta.

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Certo è che uno come Dejan Kulusevski, 20 anni oggi di salute, energia e potenza fisica, preferirei averlo in squadra, piuttosto che contro.

Buon compleanno!

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