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CORNER CAFE’ – Amor vincit omnia, almeno finché dura

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E’ bello leggere notizie come quella di Lorenzo Pellegrini. Un ragazzo – perché di ragazzo si tratta, nonostante venga ripreso ogni domenica in campo – che giura amore eterno alla squadra del cuore. E’ vero, nel corso degli anni ci sono stati altri che l’hanno preceduto; ma prendere certe posizioni oggi è veramente difficile, sia da vedere che da fare. E’ anche un po’ la Roma – pare – a far strage di cuori, almeno in senso lato: se gli altri club hanno fermato l’approvigionamento di giovani talenti fedeli alla bandiera intorno alla metà degli anni settanta, i giallorossi hanno continuato di generazione in generazione, passando da Totti De Rossi, da Florenzi – per alcuni – a Pellegrini. Persone che hanno pianto, per Roma e per la Roma.

Amor vincit omnia, affermava Virgilio nelle Bucoliche; Caravaggio, sulla locuzione, ci ha persino dipinto un quadro. Forse, però, nel tempo ha perso un po’ il proprio significato intrinseco, tanto è stata vituperata. Perché suvvia: un mondo frenetico come questo può mai riservare spazio all’amore? Un mondo in cui il calcio è illustre archetipo, esempio massimo dello status quo in rapido cambiamento, può mai esserci spazio per la fedeltà? Chi prima di Pellegrini ha solcato il sentiero della fedeltà non sembra abbia raccolto i frutti sperati. Totti e De Rossi, poi, non mi pare abbiano avuto un felice fine rapporto, coi propri datori di lavoro.

Si badi bene: datori di lavoro, non presidenti. Perché del calcio oggi si parla come azienda, non come sport; perché è inglobato in una realtà ormai lontana dalla generazione di chi lo ha amato ogni domenica sulle gradinate tutt’intorno ai campi da gioco. Il calcio è cambiato, e un cambiamento riserva sempre perdite – oltre che guadagni. Forse, l’amore è proprio una di queste. E allora in bocca al lupo Lorenzo, ché amor vincit omnia. Almeno, finché dura.

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