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SPECIALE NATALE – La tregua di Natale

È Natale, la festa più sentita e amata da grandi e piccini. Una festa che, a prescindere dalla valenza religiosa, coinvolge tutti in virtù del suo significato psicologico di rinascita, cambiamento, speranza e fiducia.
Per i bambini, il Natale è magia, mistero e attesa, caratteristiche che, con gli anni, tendiamo a dimenticare. Durante l’infanzia si crede che tutto sia possibile, addirittura si attende l’arrivo di Babbo Natale. Quando si cresce, ci si accorge che in realtà non è proprio così. Ma bisognerebbe farsi contagiare dalla magia, dalla capacità di sognare e dalla curiosità di sapere.
Il mondo e la vita regalano storie bellissime che sarebbe un peccato non condividere, soprattutto in un giorno come questo.
In Islanda, la notte di Natale, c’è la tradizione di leggere storie. Si tratta di un’usanza che risale alla Seconda Guerra Mondiale, quando i regali privilegiati per Natale divennero i libri che poi venivano letti durante la notte di vigilia.
Le storie di Natale evocano un’atmosfera magica. E non solo dalle pagine dei libri ma anche dalle strade e dalla vita reale nascono racconti che regalano sogni e serenità, trasmettono insegnamenti ed infondono speranze. Storie di amore, di coraggio, di calore, di magia. Favole. E di favole di Natale ce ne sono molte. Anche di favole legate al calcio. Perché “le cose straordinarie accadono sempre in una notte qualunque“. Come quella del 1914 nelle Fiandre.
Durante la Prima Guerra Mondiale, si combatte la guerra di trincea e, tra i soldati tedeschi e quelli inglesi, c’è una terra di nessuno dove muoiono migliaia di uomini. Durante la notte di vigilia, i tedeschi cominciano a cantare pezzi natalizi e gli inglesi rispondono allo stesso modo. Così, decidono di cessare il fuoco per tutto il giorno di Natale, escono dai propri rifugi e si incontrano in quello spazio neutrale, dapprima scambiandosi piccoli doni rimediati e poi improvvisando una partita di calcio. Non si é trattato di una partita vera e propria ma di un gioco improvvisato. Senza regole, senza tutti i giocatori ma con un pallone, creato con vecchi stracci, neanche sufficientemente rotondo ma capace di oltrepassare ogni bandiera, ideologia, fazione.
Il calcio come fenomeno anti-totalitario, come linguaggio universale ed esaltazione della voglia di vivere. Capace di unire e non di separare. Del resto, il calcio è un fenomeno sociale. Perché, come scrive Kuper: “quando milioni di persone si preoccupano di un gioco, esso cessa di essere solo un gioco“.
Ed in quel momento storico, un momento di guerra, il pallone ha rappresentato il trionfo della dimensione umana, “una pura e spontanea consolazione“, per dirla alla Pasolini. O “la vita, la storia, l’anarchia che si sottrae a logiche e potere. Arte dell’imprevisto“, secondo Galeano. “Un dittatore cadrà ma il calcio, come la letteratura, è la forza del popolo. Il dittatore passerà ma un goal di Garrincha è un momento eterno“. Proprio come la tregua di Natale che risulta realmente documentata.
Una storia legata in qualche modo al calcio, il gioco per eccellenza, alla portata di tutti. Un gioco che annulla età, classe sociale e differenze fisiche, che unisce senza distinzione di razza e religione. Il calcio come una livella, parafrasando il mito di Totò. Il calcio che, in un giorno come questo, ci fa sentire tutti un pò bambini.
Galeano racconta che un giornalista chiese ad una teologa tedesca come spiegherebbe ad un bambino cos’è la felicità e lei rispose: “non glielo spiegherei. Gli darei un pallone per farlo giocare“.