Approfondimenti
L’ironia del capobanda

Le estati sono lunghe a Grumello Cremonese, un paesino sonnolento a pochi chilometri dal capoluogo. Ma non ci si annoia nel cortile di Villa Affaitati Trivulzio, l’elegante casa delle vacanze della famiglia Vialli. Papà Gianfranco, imprenditore nel settore dei prefabbricati, sa bene che Gianluca, l’ultimo dei suoi cinque figli, è un terremoto. E ha fatto in modo che possa sfogare liberamente la sua passione per il pallone approntando un campetto nell’ampio spiazzo della sua tenuta. Il ragazzino ha molto apprezzato il dono del genitore, ancor più sua madre, perennemente in ansia per l’incolumità dei vetri della casa, da sempre bersaglio preferito delle tremende pallonate del pargolo. Che, adesso, per fortuna, ha a disposizione un bersaglio molto più attraente per le sue incursioni, una porta con tanto di rete. Non ci ha messo molto ad organizzare un vero e proprio torneo con i suoi amici, è il leader incontrastato del suo gruppo. Per le sue già rilevanti doti tecniche e per il suo umorismo sagace, con una battuta sdrammatizza o enfatizza ogni cosa. L’ironia del capobanda.
Un tornante di nome Topolino
Gianluca non è esattamente uno studente modello, fa quel tanto che basta per la sufficienza, i suoi pensieri sono tutti per il calcio. Tuttavia è benvoluto dagli insegnanti per la sua simpatia e uno di loro, il prof di italiano, è anche un allenatore a tempo perso. Lo nota subito e lo inserisce nelle giovanili della sua squadra, il Pizzighettone. Per lui, 13 anni appena, cresciuto all’oratorio tra un palleggio e una messa, è l’inizio di una avventura entusiasmante, che, però, avrà vita breve. Un funzionario si accorge che, per una manciata di giorni, Gianluca è fuori quota per la sua annata. Non può essere tesserato, deve essere ceduto ad un’altra società. A questo punto si fa avanti la Cremonese che rileva il suo cartellino per mezzo milione. Vialli veste la maglia grigiorossa nelle giovanili per tre anni, dopo viene aggregato alla prima squadra dall’allenatore Emiliano Mondonico. Il mister, cremonese doc e gloria locale, stravede per quel monello riccioluto, lo considera già un campione. Lui stesso è stato una grande promessa, persasi poi a causa di un carattere troppo esuberante. Si rivede in Gianluca e vuole che lui abbia un destino diverso, quello di un campione. Ne cura la crescita con attenzione, ha notato che, pur dotato di un gran fiuto del gol, ama giocare per la squadra. Lo imposta come ala tornante e viene ripagato dal ragazzo con 10 reti nell’anno della promozione in Serie A. Vialli, soprannominato dai compagni Topolino per la sua capacità di sgusciar via ai difensori avversari, è ormai pronto per il grande salto.
Genova per lui
La sua strada lo porta lontano dalla città natale. Le sue prestazioni hanno attirato l’interesse di diversi club, tra cui la Juventus. Ma, alla fine, viene acquistato dalla Sampdoria, il cui Presidente, Paolo Mantovani, non esita di fronte alla richiesta di tre miliardi da parte della Cremonese. L’imprenditore genovese firma l’assegno, convinto di aver fatto un ottimo investimento. Vialli si trasferisce all’ombra della Lanterna e vi trova il suo ambiente ideale. C’è una società che crede ciecamente in lui, la squadra è formata da un gruppo di giovani scanzonati che vuole arrivare in alto, c’è quello che diverrà l’amico di una vita, Roberto Mancini. Quest’ultimo, sguardo spesso imbronciato, sembra l’antitesi di un burlone come Gianluca. Si fatica a credere che due tipi cosi possano andare d’accordo e, invece, nasce tra loro una magica alchimia. Sono inseparabili sia dentro che fuori dal campo: sull’erba sono un formidabile duo d’attacco, quando sono in giro per i locali pure. Gianluca, ormai stabilmente prima punta, guida l’approccio alle ragazze mentre Roberto, straordinario uomo assist, gli fa da spalla. L’intera città li adora e loro ricambiano il sentimento, assieme agli altri ragazzi della formazione. Gianluca vive a Nervi, in un appartamento con vista sul mare, Genova e la Sampdoria gli sono ormai entrate nel sangue. E conduce al gruppo al primo trofeo della sua storia, la Coppa Italia 1985. Da leader, con il suo inimitabile stile fatto di complicità e battute pungenti. L’ironia del capobanda.
Una maglia azzurra
Nel frattempo è arrivato anche l’esordio in Nazionale, in una amichevole contro la Polonia. Il c. t. azzurro Enzo Bearzot lo stima e lo inserisce tra i convocati per il Mondiale in Messico nel 1986. Lo vede ancora come tornante di fascia, lo utilizzerà come alternativa all’eroe di Spagna ’82 Bruno Conti. L’ala romanista, ormai in pieno declino, non vede di buon occhio la concorrenza del giovane compagno, che sembra guadagnare terreno nella considerazione dell’allenatore. Vialli gli subentra in tutte le partite ma non riesce ad incidere. Non è il suo momento, non è il suo Mondiale. Si rifarà nell’autunno dello stesso anno quando trascina, in coppia con il gemello Mancini, l’Under 21 di Azeglio Vicini alla finale dell’Europeo di categoria contro la Spagna. Al netto della sconfitta Vialli disputa un gran torneo: capocannoniere della manifestazione e tempra da condottiero. E’ ormai l’uomo di punta anche in azzurro, Vicini (divenuto c. t. della Nazionale maggiore) lo vuole con sé per ricostruire la squadra attorno a lui. Primo obiettivo,l’Europeo 1988 in Germania.
Allenarsi in allegria
Al suo ritorno a Genova Vialli trova una novità in panchina. Mantovani ha ingaggiato come tecnico lo jugoslavo Vujadin Boskov, un simpatico giramondo che sembra saperla lunga. Il feeling tra i due è immediato: la vedono allo stesso modo su tutto e hanno grandi sogni. Il nuovo allenatore imposta tutto il suo gioco sulla coppia d’attacco Vialli-Mancini: Gianluca dirompente centravanti e Roberto raffinato trequartista. Ritiene di avere la migliore coppia di attaccanti del campionato e gli lascia piena libertà sia negli allenamenti che in partita. I risultati sono strabilianti, arrivano subito due Coppe Italia consecutive, la Sampdoria, ormai, da squadra simpatia si è tramutata in una seria pretendente allo scudetto. Il Presidente Mantovani gongola nel vedere le imprese dei suoi ragazzi, il tecnico Boskov stuzzica i giornalisti con la sua aria sardonica e Vialli, ormai autentico showman dello spogliatoio, ribadisce la sua leadership a forza di battute. L’ironia del capobanda.
Successi e delusioni
Nell’aria, a Genova, si sente profumo di successo. Ed è quel che puntualmente avviene. Nella primavera del 1990 la Sampdoria, dopo un entusiasmante percorso, si trova a Goteborg, in Svezia, per disputare la finale di Coppa delle Coppe. L’avversario è la squadra belga dell’Anderlecht. Per Vialli è come una chiamata alle armi: è la bandiera della squadra, è lui che deve firmare la vittoria. La partita è estremamente combattuta, si va ai supplementari. Gianluca, dopo numerosi tentativi, buca la rete avversaria due volte. La prestigiosa Coppa è della Samp, Vialli ha regalato il primo trofeo internazionale al suo club. Ma per lui non c’è neanche il tempo di rifiatare, ci sono i Mondiali casalinghi da giocare. E vincere, naturalmente. Parte come titolare indiscusso, il problema è decidere chi affiancargli in attacco. Il partner designato, Andrea Carnevale, delude le aspettative e viene sostituito dal rampante siciliano Schillaci. Gianluca gli fornisce l’assist per il primo gol ma, poi, causa infortunio, finisce fuori squadra, lasciando tutta la scena al nuovo arrivato. Adesso è lui il mattatore, Vialli osserva malinconico le sue gesta dalla panchina. Riesce a rientrare nella semifinale con l’Argentina ma deve arrendersi, come tutta la squadra, di fronte alla malizia di Maradona. Quello che doveva essere il suo Mondiale si è tramutato in un incubo. Adesso il suo ruolo in Nazionale è in discussione, cosi come la sua effettiva caratura tecnica. Questa volta non è bastata nemmeno l’ironia del capobanda.
Voglia di rivincita
Ha bisogno di ritrovarsi, chiede a Mantovani una settimana di ferie in più prima di andare in ritiro. Al suo arrivo a Genova sa che non può fallire se vuole riscattarsi. Gli amici della Sampdoria gli si stringono intorno, il tecnico Boskov lo coccola, i tifosi lo incitano. E’ un Vialli più determinato che mai, la Sampdoria guida il campionato dall’inizio alla fine, a Maggio la vittoria di San Siro contro l’Inter garantisce lo scudetto. Finalmente il traguardo più desiderato è stato raggiunto, Gianluca firma il trionfo con 19 reti e il titolo di capocannoniere. Ha dimostrato a tutti che non è finito, può trionfalmente rientrare anche in Nazionale. Il sorriso gli torna finalmente sulle labbra, i motti sarcastici pure. L’ironia del capobanda.
L’ultimo traguardo
Adesso manca l’ultimo traguardo, il più grande di tutti, la Coppa dei Campioni. Dopo lo scudetto la truppa di Boskov ha l’obbligo di provarci. Vialli e Mancini si caricano sulle spalle la squadra e, a suon di gol e assist, la portano sino alla finale di Londra, allo stadio Wembley, contro il Barcellona. Una vittoria sarebbe il culmine per lui ed il club blucerchiato ma i loro sogni sono infranti da una cannonata su punizione dell’olandese Koeman che regala il trofeo agli spagnoli. La partita è anche la sua ultima con la Sampdoria, viene annunciato il suo passaggio alla Juventus. I primi anni a Torino passano tra incomprensioni tattiche con l’allenatore Trapattoni e ripetuti infortuni, che ne condizionano il rendimento. Solo con l’arrivo del nuovo tecnico Marcello Lippi ritrova smalto e condizione per tornare ad essere il leader della squadra. Con la fascia da capitano al braccio conduce la Juventus fino alla finale di Champions League 1996 a Roma, contro l’Ajax. La vittoria ai rigori gli consegna finalmente il trofeo più ambito, che alza orgogliosamente al cielo per primo, con il suo sorriso ribaldo di sempre. E’ sempre lui il punto di riferimento, in campo e fuori. L’ironia del capobanda.
Una nuova vita
E’ tempo di salutare anche Torino. Gianluca lascia l’Italia e si accasa in Inghilterra, al Chelsea. E’ una scelta di vita, la voglia di esplorare un ambiente completamente nuovo. Diventa anche allenatore-giocatore del club, collezionando altre vittorie. Dopo il ritiro e una momentanea parentesi come allenatore, decide di cambiare ruolo. Si reinventa come opinionista e commentatore tecnico per Sky, dimostrando tutta la sua arguzia anche dietro una scrivania. E’ spigliato, acuto e divertente. Il matrimonio e la nascita delle due figlie gli ha dato quell’equilibrio che, unito alla sua competenza, lo rende un eccellente analista delle vicende calcistiche. Firma anche un libro, The Italian Job, sulle differenze tra il calcio italiano e quello inglese, per poi accettare l’invito dell’amico di sempre Roberto Mancini ed entrare nello staff dirigenziale della Nazionale. La vittoria dell’Europeo 2020 e l’abbraccio commosso dei due sono l’immagine che ci resta nel cuore. Cosi come le loro lacrime di gioia. Ma ci piace ricordare Gianluca Vialli per come era nei suoi anni migliori, pieno di voglia di vivere. La sua classe, il suo gusto per gli scherzi, il carisma. L’ironia del capobanda.