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CALCIO & BUSINESS – Red Bull, ti mette le ali

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Con tutte le squadre presenti nel mondo, storiche e/o seguite da milioni di appassionati, probabilmente anni fa nessuno avrebbe mai scommesso un centesimo sul fatto che una società di bevande avrebbe creato, in maniera efficiente ed innovativa, un impero calcistico.

Ad oggi, il gruppo Red Bull è riuscito a fare ciò: gestisce due squadre di Formula 1, cinque squadre di calcio professionistiche e una squadra di hockey sul ghiaccio.

Entrati nel calcio con il loro “stile offensivo” e il loro sistema capillare di sviluppo del settore giovanile, le squadre del gruppo Red Bull sono fra le più divertenti da guardare al mondo.

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Per associare lo sport al nome dell’azienda, Red Bull si avvale di forme d’intrattenimento completamente “made in Red Bull” (produzioni originali) e di una catena del valore che va dalla produzione dei media alla proprietà di team, dalla trasmissione degli accordi alla gestione dei contratti.

Un esempio di come questa strategia possa funzionare sono le squadre di calcio facenti parte del progetto Red Bull.

Il progetto Red Bull nel calcio ha come obiettivo di breve termine non il guadagno, ma i risultati sportivi e tutto ciò lo si vede nel modo di intendere il calcio dell’azienda di bevande energetiche: il gruppo cerca di ottenere i migliori giovani talenti del mondo ed inserirli all’interno della “scuderia” Red Bull (processo sviluppato mediante le “franchigie” minori, le meno rinomate RB Brasil, RB Bragantino ed RB Ghana ed una capillare rete di osservatori) ancora ragazzini, formare staff tecnico interno di altissimo livello, “istruito” a mettere in pratica un preciso modello di calcio (il calcio super offensivo che abbiamo visto e ammirato nelle partite di Champions League del RB Salisburgo e dell’RB Lipsia) e costruire strutture all’avanguardia (non solo stadi ma anche e soprattutto strutture d’allenamento e giovanili).

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Dopo aver ricercato e sviluppato talenti internamente, essi diventano elementi da mettere in circolo nel sistema “Red Bull” o vengono venduti per monetizzare e sviluppare nuovi talenti, con i soldi di società che pagano profumatamente i talenti sviluppati a costo d’acquisizione 0 dalla Red Bull, rendendo possibile una crescita continua.

Possedere più di un club offre loro l’opportunità di utilizzare le sinergie, ad esempio durante lo sviluppo dei talenti, sia per quanto riguarda i giocatori sia per quanto riguarda il settore tecnico.

Un giocatore può potenzialmente iniziare la sua carriera in Brasile o in Ghana, trasferirsi in Europa per giocare nel più piccolo campionato austriaco per il Salisburgo e alla fine arrivare nel calcio che conta, al Red Bull Lipsia, quando sarà pronto a giocare la Champions League da protagonista con un top club tedesco.

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Alla fine della sua carriera potrebbe trasferirsi ai New York Bulls per trascorrere gli ultimi anni nella Major League Soccer, come molti calciatori decidono di fare per beneficiare delle laute sponsorizzazioni.

Il team di New York è anche un buon esempio di come il private equity nello sport possa generare valore.

L’azienda austriaca ha acquistato la squadra per una stima di 25 milioni di dollari nel 2006. Secondo Forbes, il team ora vale 290 milioni di dollari: la Red Bull è stata in grado di decuplicare il proprio investimento e, con il mercato del calcio statunitense in aumento, il prezzo per un team di New York City molto probabilmente aumenterà in futuro.

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Tuttavia, il fattore determinante delle entrate, fino ad oggi, rimane la vendita di bevande, che rappresenta circa il 97% dei guadagni totali.

Red Bull menziona le altre attività come “investimento in corso sul marchio”, il che indica che queste sono perdite, non fonti di entrate, almeno non ancora: attraverso la sponsorizzazione e la proprietà di squadre sportive, la Red Bull si impegna continuamente a legare il suo brand in un modo più profondo di quanto possa mai fare la pubblicità tradizionale allo sport, il che fa sorgere la domanda: cos’è per Red Bull (veramente) il calcio?

Hanno sì costruito un impero che abbraccia cinque squadre su tre continenti ottenendo non buoni ma ottimi risultati ovunque ed innovando in ogni continente, ma allo stesso tempo con la loro modalità di acquisizione dei club (totale cancellazione della storia, del nome, dei colori sociali) hanno reso le squadre targate Red Bull disprezzate in Germania ed in Austria, e le altre irrilevanti, creando così dei “colossi poco amati”: vincere è davvero l’unica cosa che conta?

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