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ÇA VA SANS DIRE – Signori si nasce

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Poi dici che non s’è capovolto il mondo.

Lo scudetto di fine luglio, esclusiva per antonomasia dell’Interista sotto l’ombrellone, finisce per la prima volta nella bacheca della Juventus. Tra tanti trofei, proprio questo mancava.

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Più che celebrarlo, tuttavia, ci si cerca la buona ragione per il benservito a Sarri. La Champions, purgatorio dove la Dinastia Sabauda sconta i peccati di superbia commessi in terra (italica), potrebbe rappresentare il pretesto giusto, in effetti. Però hai visto mai, col mondo capovolto la Coppa dalle Grandi Orecchie magari prende la strada sbagliata…

Quanto io detesti snob e perbenisti è esercizio difficile da rendere per iscritto. Però dannazione, che storcano il naso – invidiosetti – gli avversari lo posso capire. Che gli stessi Juventini salgano su di un piedistallo di cartapesta e si sentano migliori, per status, di Maurizio Sarri non lo si dovrebbe consentire.

Sul punto, il silenzio di una società capitanata da un Signore col sangue blu degli agnati, ma di fatto condotta da personalità mediocri, fa ben sperare per il futuro. Delle inseguitrici, s’intende.

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La stagione è durata troppo. La concentrazione dell’appassionato di calcio ha il timer programmato sui nove mesi, oltre i quali è già prossimo giro, è già prossima corsa. Riavvolgiamo il nastro, giusto di un anno.

La Juventus ed Allegri si sono lasciati da buoni amici, le apparenze prima di tutto. Aperta la successione, le idee della stanza dei bottoni sono apparse, come dire, poche ma confuse. Un paio di porte sbattute in faccia, qualche tentennamento e poi la decisione, evidentemente sofferta: Maurizio Sarri. Il migliore possibile. Tra quelli che non hanno rifiutato.

La genesi del rapporto, diciamoci la verità, è il primo vero torto che Maurizio il Gentiluomo ha dovuto subire. È una vita che sgobba, passo dopo passo ha scalato la montagna, la vetta è costata anni di stenti. È vero, veste d’abiti sdruciti ed i calli ne abbrutiscono le mani. Sarebbe motivo di vanto anzichè d’inadeguatezza. Eppure, sin dalla prima conferenza stampa, a Torino è andato in scena il remake de Lo Zappatore. Avvocà, s’io zappo a terra questo ti fa onore.

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Pacche fasulle sulla spalla, sorrisi imbarazzati e dita a turarsi il naso. Dall’alto di cosa, non si sa.

La Stampa di Regime ha battezzato il nuovo corso quale Rivoluzione Sarriana. Vincere non basta, serve lo spettacolo. Col quale, hai visto mai, vinciamo la Champions: che ossessione!

Gli strafalcioni del calciomercato della Juventus sono stati sottaciuti, spero, per amor di patria e non per altro. Certo, nell’allestimento della squadra Maurizio il Gentiluomo non s’è permesso di mettere il becco. Lui ha i calli alle mani, si accomodi in campo. Però, se non sbaglio, Paratici e compagnia bella hanno passato agosto col lanternino, cercando qualcuno che si pigliasse Higuain, qualcun altro che cacciasse soldi per Dybala (ma che follia!), per dare l’assalto al vero grande obiettivo da affiancare a CR7. Progetti raffazzonati e naufragati senza vergogna. L’attacco affidato a Sarri, ce lo diciamo o no?, non è un’idea. Piuttosto, l’aborto di un’idea. Ah, partito Mandzukic non ci si è degnati di prendere lo straccio di una quarta punta. È andata bene com’è andata. In campionato, almeno…

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Del centrocampo ne parliamo? Due parametri zero presi prima della scelta del tecnico: non si spaccino per progetto, perlamordiddio… Per il resto, tutti in vendita per far posto ai nuovi. Khedira, Matuidi, EmreCan: come al mercato, s’è strillato per piazzarli. Macchè, giusto il Turco a gennaio. Fortuna ha voluto che nessuno abbia approfittato del cartello Saldi appiccicato alle terga di Cuadrado, vera chiave dello scudetto per chiunque non si limiti a sbirciare il tabellino.

Quanto ai nuovi, funzionali alla Rivoluzione, Maurizio il Gentiluomo li sta ancora aspettando. In silenzio, come si conviene allo Zappatore che mangia pane e pane.

Aggiungi la perdita – pronti via – del difensore più forte del campionato, prolungatasi per tutto l’anno ed una polmonite che quasi se lo porta, a negargli finanche l’emozione del debutto, ed il percorso ad ostacoli è bello e servito. Ostacoli a km zero per assurdo, ché quanto agli avversari il velo pietoso occorrerebbe a venti strati.

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Così, mentre l’Inter strombazzava Antonio Conte il Vendicatore, mentre il Napoli si trastullava nella pressoché matematica certezza della consacrazione, all’ombra del curriculum del Pacioccone, mentre il Milan chissà dove si imbarcava, Maurizio Sarri s’è accomodato sulla panchina più scomoda del mondo, ché dopo otto scudetti tutt’al più puoi fallire. Lo ha fatto con l’umiltà della persona per bene: solo un mentecatto la confonderebbe per mediocrità.

Passino i Chitammuorti dei Napoletani traditi. Passino le stoccate maligne delle inseguitrici affamate. Ma quelle paroline, quelle spallucce, quegli sguardi intrisi d’imbarazzo per la presenza ingombrante dello Zappatore giusto in mezzo al Salone Dei Marmi è specchio fedele dello squallore non dirò juventino, quanto diffusamente italiano. Lo squallore per il quale ci si vergogna d’una parolaccia a microfoni aperti, quando non ci si è vergognati di imbrogli e porcherie passate in giudicato.

La classe con la quale Maurizio Sarri è sopravvissuto al covo di serpi in seno ha consacrato l’uomo, prima ancora che l’allenatore vincente.

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E sissignore. Ha vinto lo scudetto ma ha fatto il suo.

Quanta verità. Ha fatto il suo.

Chi altri può dire lo stesso?

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