Approfondimenti
ZONA CESARINI – Il dito e la luna del 9 Giugno 1991

La stagione 90/91 sarà strana, basti solo pensare che la Sampdoria, con un team straordinario, vincerà il suo primo scudetto.
Sarà strana e indimenticabile anche per la Roma di Ottavio Bianchi. Campionato mediocre, concluso al nono posto, ma con due grandi cavalcate nelle coppe che la vedono doppia finalista.
Il grande sogno Coppa UEFA si infrangerà su un palo di Rizzitelli all’Olimpico, contro l’Inter, e quei dieci minuti sbagliati a San Siro saranno decisivi. Senza contare che, il giorno dopo, la Curva Sud saluterà il prediletto tra i suoi figli: Bruno Conti.
Diverso il finale in Coppa Italia, dove la Roma, eliminando tra gli altri Juventus e Milan, porta a casa la settima Coppa della sua storia (ad oggi sono diventate nove) a Genova contro i Campioni d’Italia.
Era destino evidentemente se i giallorossi quell’anno (quando ancora anche le minime deviazioni erano considerate autogol) beneficiarono dei “regali” di Bonetti, Van Basten e Luca Pellegrini, tutti all’Olimpico. Berthold, non proprio avvezzo alle segnature ne siglerà due, uno alla Juve e uno in finale. La Roma ipoteca il titolo in casa, 3 a 1, dove Voeller si aggiunge ai marcatori già citati, con in mezzo il gol di Katanec. Al ritorno, dopo il vantaggio del tedesco volante è Aldair a pagare il dazio degli autogol, fissando il risultato sull’1 a 1.
https://www.youtube.com/watch?v=wuLyF5OS9Vg
Grande festa per un trofeo di grande tradizione per la Roma (ma anche per Roma in generale va detto), ma qualcosa manca… Dicevamo l’anno strano…
A tirare su la coppa arriva Flora Viola, la moglie del grande Dino, l’uomo che ha cambiato la storia della Roma, che meno di sei mesi prima era venuto a mancare, lasciando un vuoto incolmabile. Il momento è commovente e da quel giorno la Signora Flora sarà adottata dai tifosi.
E’ Lei stessa, molti anni più tardi, a raccontarci il suo momento, i suoi sentimenti di quel giorno e l’immagine per lei più importante: “C’è una foto di quella sera che mi ha colpito molto. E’ quella di Gerolin che mi osserva mentre prendo la Coppa. Si vede che, con il suo sguardo, sembra comprendere perfettamente il mix di sentimenti da me vissuti in quel momento. Quando guardo quella foto mi commuovo ancora“.
“Quando il dito indica la luna, lo scemo guarda il dito” – dice la parabola – ma Manuel Gerolin, da Venezia, sei anni alla Roma, centrocampista di grande quantità, non era uno scemo e quella sera guardava la luna, ma la luna quella sera – sembra strano – non era la coppa.