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Auguri muro greco, buon compleanno Manolas!

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Alcuni luoghi sono un enigma. Altri una spiegazione”.

Lo ha scritto Fabrizio Caramagna, definitosi “ricercatore di meraviglie”.

E sembra davvero la seconda ipotesi quella che riguarda un giovanotto di 189 cm cui il destino ha affidato un compito: vale a dire quello di respingere – in ogni modo possibile – qualsiasi cosa arrivi a contatto con un fisico da combattente progettato per giocare a calcio.

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Di nazionalità greca, Kostas Manolas è nato il 14 giugno 1991 a Nasso, l’isola più grande dell’arcipelago delle Cicladi, nota località turistica ed importante sito archeologico che si scorge da lontano, in mezzo al mare, per via della presenza della cima più imponente: il monte Zas, alto più di mille metri.

Quando nasci e cresci su un’isola, si sa, ciò che conta è il rapporto che hai con il mare, perché la distesa di acqua salata è il tuo confine con il mondo, ma anche il pericolo unico e costante che devi controllare, gestire e talvolta affrontare.

Se giochi a calcio, poi, tutto vale esponenzialmente.

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Il piccolo Kostas ha raccontato a più riprese d’aver lavorato duramente per diventare un calciatore, allenandosi tre volte al giorno e portando con sé il pallone anche ai piedi del letto.

Approdato nel 2014 in Italia, Manolas ha rapidamente conquistato il cuore e l’affetto dei tifosi della Roma, lasciata nel 2019 per spostarsi nel golfo di Napoli, in una realtà non tanto diversa dal suo Paese d’origine.

Storia, cultura e tradizioni partenopee sembrano sposarsi perfettamente con le caratteristiche del forte difensore greco, divenuto ben presto uomo spogliatoio e riferimento per la squadra allenata – dal dicembre scorso – da Gennaro Gattuso.

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Chiunque è stato, metaforicamente, in battaglia, ne ha combattuta o ne sta combattendo una, in qualunque ambito ed in qualsivoglia contesto, sa che ci sono due modi di uscirne: con la testa del nemico o… senza la propria.

Kostas Manolas ne è l’emblema, tanta e tale è la foga e l’agonismo che mette in campo.

Ecco perché alcuni luoghi non sono null’altro che una spiegazione.

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Nasci nell’isola più grande (e tra le più belle) delle Cicladi, domini il paesaggio grazie al tuo monte più imponente e resisti al tempo che passa mostrando al mondo, tra i maggiori monumenti degni di nota, la “Portara”, vale a dire la porta del Tempio di Apollo, Dio del Sole (di cui  – mitologicamente – traina il carro), di tutte le arti, della musica, della profezia, della poesia, delle arti mediche e della scienza che illumina l’intelletto.

Con questo biglietto da visita, giocare a calcio mettendosi a difendere con le unghie e con i denti la vittoria ed evitando qualsiasi parvenza di sconfitta diventa, giocoforza, un imperativo categorico.

Sono 29 anni anomali quelli compiuti nel 2020 da Kostas Manolas, fermo ai box per un lieve infortunio, ma ansioso di rientrare in campo per conquistare, definitivamente, l’affetto e l’ammirazione dei tifosi napoletani.

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Il mare che si infrange continuamente contro gli scogli trova sempre la forza di riprovarci e di continuare a fare ciò che deve e sa fare meglio.

Vale per tutti gli esseri umani, vale per ogni essere vivente, vale – anche e soprattutto – per un calciatore vigoroso, determinato e di carattere come il difensore greco approdato all’ombra del Vesuvio, che prima di essere insuperabile nel fisico e nelle gambe, è forte nella testa.

Quella testa utilizzata quale organo pensante, ma anche (spesso) per spizzicare o colpire violentemente palloni vaganti in area da scaraventare nella porta avversaria.

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Come quella notte del 10 aprile 2018, al minuto 82 di una partita di ritorno epica, quando pochi secondi dopo aver corretto la traiettoria di un calcio d’angolo insidioso (battuto da un turco nato – guarda un po’ – di fronte all’isola di Naxos ed entrato pochi minuti prima in campo), ciò che tutti ricordano è una corsa liberatoria senza meta con braccia alzate ed occhi strabuzzati alla ricerca della conferma che tutto era vero, colpendo più volte il petto per dire al mondo che quella roba lì non era opera di uno qualunque, ma di un combattente vero.

Kostas Manolas custodisce ancora lì il ricordo più bello da uomo di calcio.

Ma la vita è evoluzione, con i piedi piantati in terra e lo sguardo che volge verso l’orizzonte.
E se per Arthur Rimbaud, poeta maledetto, “l’eternità è il mare mischiato col sole”, non c’è dubbio che il difensore greco abbia compiuto la scelta giusta.

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Da un’isola tutta mare e sole nel mezzo del mar Egeo ad una città tutta sole e… mare, capitale del Mediterraneo.

Con la maglia azzurra numero 44, alla ricerca di una consacrazione eterna.

Auguri Kostas, buon compleanno guerriero!

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