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SPEZIA – I tifosi tra Giulio Cesare, pirati e sciacchetra’

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“Qui dove dominano le aquile, lasciate ogni speranza o voi che entrate”.

Questa era la frase che campeggiava in uno striscione lungo decine di metri posto per diversi anni allo stadio Picco.

Gli avversari e i tifosi ospiti alla sola vista dello striscione, erano già consapevoli che avrebbero sofferto le pene di quell’inferno “spezzino”.

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Un inferno fatto di urla, di fischi che ti entravano nei timpani e che non permettevano di sentire il tuo allenatore o il tuo portiere che ti chiamava la palla.

Un inferno di fumogeni, di braccia che lanciavano ogni cosa, di pugni che ti incutevano timore e che al tifoso ospite facevano pensare: “ma chi me lo ha fatto fare di venire in trasferta a Spezia?”

Quella spezzina è sempre stata una delle tifoserie più calde d’Italia.

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Alcuni dicono la più calda di quelle del Nord, sempre passionale – a volte troppo – secondo taluni che la ricordano per diversi episodi di intemperanza, per usare un eufemismo.

D’altronde, il carattere indomito di questa gente era noto già ad un certo Giulio Cesare il quale, come scrisse nel suo De bello Gallico, un bel giorno, preferì evitare di scontrarsi con una popolazione particolarmente bellicosa stanziata nei pressi dell’attuale Brugnato, a pochi chilometri da Spezia, e guidò le sue truppe facendo fare loro un giro più largo e passando ad est.

Se vi recate nei musei vaticani, nel corridoio dove sono affrescate le carte geografiche delle regioni d’Italia, sul lato sinistro potete scorgere anche quella dell’antica Liguria.

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Una volta individuata, potrete leggere e toccare col dito (non fatelo altrimenti i sorveglianti vi sgridano all’istante) il nome Prugnetum (Brugnato) dove abitavano i veri eredi delle gesta di Asterix e Obelix in versione ligure- spezzina.

Quelli dei fumetti, però, erano personaggi di fantasia e dovevano la loro forza alla pozione magica del druido Panoramix.

Quelli liguri, invece, erano davvero uno spauracchio per i legionari romani e non avevano pozioni segrete, anzi di segreto ai nostri giorni c’è solo il famoso Sciacchetrà, ma non siamo sicuri che sia questo il motivo della forza della tifoseria ligure.

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Per completezza dobbiamo aggiungere che secoli fa, nelle rive occidentali del Golfo erano presenti alcuni insediamenti degli antenati spezzini che si erano dati alla pirateria.

Deve essere anche per questo se la tifoseria spezzina ha sempre avuto un “occhio di riguardo” per i sostenitori di Genoa e Pisa, gli eredi delle antiche repubbliche marinare e loro acerrime nemiche.

Quelli spezzini non sono solo amanti del calcio ma anche grandi appassionati di ciclismo – diciamo così – e una bella domenica pensarono di manifestarlo in quel di Reggio Emilia, allo stadio Mirabello, gettando una bicicletta in campo, in una partita dal clima infuocato di fine anni ’80.

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Non hanno molta simpatia per i dolci che non sono propri delle loro terre e difatti una volta, in una partita prenatalizia contro il Chievo, un tifoso dichiarò il suo amore per la spongata di Sarzana, lanciando un pandoro all’indirizzo del guardalinee, reo di aver segnalato un offside inesistente ai padroni di casa.

Il guardalinee sembrò apprezzare e magicamente, da quel momento in poi, non sbandierò un solo fuorigioco ai danni dello Spezia.

Spezia che non ha mai avuto grandi collegamenti stradali: tutt’oggi alcune strade sono ancora lì che aspettano di essere completate o ripristinate.

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​Eppure i tifosi si sono prodigati spesso per facilitare il ritorno a casa degli arbitri.

Come quella volta che un certo Pomentale fu costretto a nascondersi in un’ambulanza, il mezzo più veloce per districarsi nel traffico dei tifosi spezzini, che lo aspettavano “festanti” e desiderosi di ringraziarlo per aver arbitrato uno Spezia-Entella alla Byron Moreno.

I tifosi spezzini non hanno mai avuto uno stadio moderno o uno stadio di proprietà del club, ma quando c’è stato bisogno di dare una mano non si sono mai tirati indietro.

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Come quando, in pochi giorni, tirarono su la curva piscina in ferro-tubi, lavorando anche di notte, per poter completare la struttura che gli permettesse di vedere la loro squadra del cuore.

Se potessero, farebbero la stessa cosa anche oggi che devono attendere che il Picco venga adeguato per la serie A.

Nell’attesa, non appena sarà possibile, faranno anche 600 chilometri per poter assistere alle partite della loro squadra in campo neutro perché, come dicevano spesso in un coro di alcuni anni fa, ”superano gli ostacoli e macinano chilometri” solo per lo Spezia.

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E non solo per la squadra, ma anche per chi è in difficoltà, si sono sempre prodigati.

​Come nel 2011 quando sono accorsi a spalare fango e detriti per aiutare gli abitanti della val di Vara e delle cinque terre colpiti da una tragica alluvione.

Perché, al di là del folklore, del tifo o di qualche episodio di violenza del passato, è giusto ricordare che i tifosi rappresentano sempre la parte genuina, popolare, passionale della città, quelli che, nel bene o nel male, non hanno mai paura di esternare le loro emozioni e i loro pensieri.

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Comunque, se passate da queste parti, provate ad assaggiare un po’ di sciacchetrà.

Potrebbero mettersi a sbattere le ali come quelle dell’elmo di Asterix, anzi, come quelle delle aquile.

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