I nostri Social

Calciomercato

NUMERO 14 – Un emigrante non integrato

Pubblicato

il

Tempo di lettura: 4 minuti

Giorgio Chinaglia, 111 Richmond Street, Cardiff, Galles”.  La scritta cucita a mano sul maglione di quel bambino di 8 anni dalle amorevoli dita di Nonna Clelia ha qualcosa di protettivo. E’ il talismano che lo accompagna nel lungo viaggio in treno che fa da solo per ritrovare i suoi genitori. Papà Mario, con l’aiuto di sua moglie, è riuscito a procurarsi i soldi necessari per farsi raggiungere da suo figlio nel posto dove vogliono iniziare una nuova vita, lontano dalla miseria di Carrara. Giorgio arriva a destinazione senza problemi, riceve l’abbraccio dei suoi, ha già dimenticato la Toscana. Gli abitanti sembrano spocchiosi, ambientarsi non sarà facile ma l’importante è aver ricongiunto la famiglia. Anche se, da adesso, sarà un emigrante non integrato.

Calcio o rugby?

C’è un buon punto di partenza e ha l’insegna “Mario’s Bamboo Restaurant”, il locale che suo padre ha aperto con i risparmi del suo lavoro di operaio. Era venuto su due anni prima per entrare in una fabbrica di acciaieria, affidando il piccolo Giorgio alle cure di sua nonna. Ora può permettersi di iscrivere il figlio alla scuola cattolica “St. Peter’s Primary”, un istituto dove lo sport principale è il rugby. Giorgio ha un fisico robusto e i contrasti con la palla ovale non gli fanno paura. Non c’è modo migliore per guadagnarsi il rispetto dei coetanei ed essere accettato come uno di loro. Il grintoso ragazzo italiano fa la sua parte nelle furibonde mischie delle partitelle scolastiche. Ma, al pomeriggio, il richiamo delle voci che sente dal vicino campetto di calcio è troppo forte. Non ci sono lividi che tengano: Giorgio si butta con entusiasmo tipicamente italiano nelle sfide di quartiere. Quasi sempre è italiani contro gallesi e non mancano i colpi proibiti. Il giorno dopo si torna sul campo di rugby con i compagni di scuola, non è ancora il momento di tramutarsi in un autentico cittadino britannico. Meglio restare un ibrido, un emigrante non integrato.

La scelta definitiva

Se fosse per suo padre non ci sarebbero dubbi. Il rugby appartiene ai ragazzi del posto, Giorgio deve giocare a calcio. Il suo primo approccio ad una squadra di professionisti è da inserviente: provvede a fare le pulizie negli spogliatoi dopo l’allenamento della prima squadra del club cittadino. I giocatori gli lanciano una moneta di mancia, tocca chinarsi a raccogliere sul pavimento. Giorgio lo sa che lo fanno in segno di disprezzo, sa che gli fanno pesare le sue origini italiane ma abbozza. Per ora bisogna arrotondare, ci sarà tempo per fargliela vedere a quegli arroganti gallesi. Il campionato scolastico di rugby è alle porte e l’allenatore lo vuole in formazione ma Giorgio, spalleggiato dal padre, ha fatto la sua scelta. Ed è quella definitiva: viene contattato dallo Swansea Town (club militante in Third Division, la Serie C inglese), invitato ad un provino e poi inserito nelle formazioni giovanili. Ora è tutto per il calcio, al diavolo gli sport britannici. E’ un emigrante non integrato.

Pubblicità

Esordio in prima squadra

Il suo apprendistato allo Swansea è breve: a 17 anni esordisce da professionista in Third Division nella partita contro il Portsmouth. Non è ancora il bomber che diventerà in futuro, indossa la maglia numero 7 e si divide tra centrocampo e attacco. Ben presto si ritaglia un posto da titolare, i compagni ne apprezzano l’impegno, l’allenatore ne loda le qualità di combattente. Ad essere scettico sul suo futuro nel calcio è il Presidente del club, proprio non lo sopporta quell’italiano scorbutico e litigioso. Più di una volta Giorgio gli ha risposto per le rime e non vede l’ora di toglierselo di torno. Quindi, anche se disputa due buone stagioni, la dirigenza  non gli rinnova il contratto e si ritrova svincolato. Il Presidente, al momento dell’addio, gli dice sarcasticamente che non ha alcuna speranza di sfondare nel calcio, Giorgio fa spallucce. Non durerà molto il suo periodo da disoccupato, Papà Mario crede ciecamente in lui e ha già preso contatto con i dirigenti di una squadra italiana di Serie C, la Massese. Si torna a casa, si torna ad essere italiani. Basta con la storia dell’emigrante non integrato.

Da Massa a Napoli

Il ritorno alle origini non potrebbe essere più dolce per lui. C’è Nonna Clelia da riabbracciare, c’è la buona cucina toscana da godersi, c’è una situazione professionale di cui essere orgoglioso. Il Presidente della Massese punta decisamente su di lui, gli ha dato un ingaggio da 250.000 Lire al mese. Giorgio viene schierato stabilmente da prima punta, segna 5 gol in 29 presenze al suo primo campionato in Italia e comincia a farsi un nome nell’ambiente. Si parla di un interessamento della Fiorentina, lui è entusiasta: sarebbe l’esordio in Serie A senza allontanarsi troppo da casa. Ma il suo club ha sulla scrivania una offerta molto più allettante. L’Internapoli, altra squadra di Serie C, vuole acquistare il suo cartellino per 80 milioni di lire. Come rifiutare? La Massese incassa l’assegno e lo spedisce al club partenopeo. Chinaglia si infuria, aveva sperato ben altro. Si rabbonisce solo quando il Presidente dell’Internapoli gli sventola in faccia il contratto: 600.000 lire al mese, 100.000 per ogni gol segnato e un bonus per ogni punto che conquista la squadra. Per la categoria sono condizioni da favola, Giorgio fa le valigie per Napoli. Il suo percorso per affermarsi passa obbligatoriamente dalle parti del Vesuvio. Sempre meglio che essere un emigrante non integrato.

Carcere militare

L’ambientamento nella nuova squadra è rapido, il suo rendimento cresce vertiginosamente. Dieci reti nella stagione d’esordio, addirittura 14 nella successiva. Ormai Chinaglia è un centravanti di razza,  i compagni lo stimano, l’allenatore gli pronostica un avvenire luminoso. Solo una cosa può frenare la sua ascesa, l’adempimento degli obblighi di leva. Ormai Giorgio ha l’età per il militare, è obbligato a recarsi presso una caserma di Roma per l’addestramento. Le severe regole che vigono nell’ambiente mal si conciliano con il suo carattere impulsivo. Ben presto viene ai ferri corti con un superiore, lo spintona durante una discussione e viene condannato a quindici giorni in cella di rigore. Sembrerebbe una dura battuta d’arresto per la sua carriera, ne viene fuori, invece, una occasione insperata. Juan Carlos Lorenzo, l’allenatore argentino della Lazio, ha già adocchiato quel vigoroso attaccante, pensa sia perfetto per la squadra. Ha delle amicizie in caserma, non gli è difficile avvicinarlo per un colloquio. Giorgio ha i crampi allo stomaco per la fame arretrata, accetta di parlare con lui solo se gli procurerà qualcosa da mangiare. Lorenzo, uomo dalle mille risorse, gli fa arrivare immediatamente un buon pranzo. Tra un boccone e l’altro l’accordo è rapidamente raggiunto: Chinaglia rimarrà nella capitale per indossare la maglia biancoceleste. Ormai non sarà più  un emigrante non integrato.

Pubblicità

in evidenza