I nostri Social

Approfondimenti

SEMPRE A GAMBA TESA – Caño y doble caño a Rosario. Tomás Carlovich detto el Trinche

Pubblicato

il

Sempre a gamba tesa
Tempo di lettura: 5 minuti

«Ma a te Tomas ti piacerebbe giocare in Europa? Ho sentito dire che lì c’è una coppa dove si affrontano le squadra più forti, quelle che l’anno prima hanno vinto il campionato del loro Paese. Ma mi guardi quando ti parlo? Ho capito che stai palleggiando ma ti potresti anche fermare un attimo per rispondere».

Correva l’anno 1958, Rosario, Argentina. Nella città più grande e popolosa della provincia di Santa Fe, Alejo era come l’ombra di Tomas. Grazie a suo zio Pedro, che faceva avanti e indietro dall’Europa, aveva aggiornamenti e curiosità sul calcio del vecchio continente. La Coppa Libertadores non era stata ancora fondata ma Alejo, da sognatore, ne era stato un precursore, l’aveva immaginata per il suo Sud America. Solo due anni dopo sulla falsa riga della Coppa dei Campioni, il torneo più bello dell’America del Sud venne alla luce.

Tomas Carlovich

(Foto: Wikipedia)

Tomas continuava a palleggiare, nel suo corpo scorreva sangue croato, il padre si era trasferito a Rosario negli anni trenta. Stabilitosi a Belgrano aveva trovato lavoro come idraulico nonché la sua dimensione di vita. Quel pomeriggio Tomas e Alejo avrebbero affrontato la selezione di pari età del Club Atlético Rosario Central. Chi l’avrebbe mai detto che un giorno Tomas quella maglia l’avrebbe indossata per davvero.

Tirava un vento fortissimo, uno strano vento proveniva dalle rive del fiume Paraná. L’umidità tropicale e il sudore facilitavano il compito del terriccio ricco di ematite. I calciatori erano ricoperti dalla testa ai piedi di una polvere rossa da farli sembrare Himba della Namibia.

Pubblicità

«Passala la palla, sono solo, passala Trinche». Urlava il centravanti. Sì, è così che tutti chiamavano Tomas Carlovich, el Trinche. Tecnico, macchinoso ed eccessivamente affascinante, Tomas era elegante, al punto da toccare la palla come un fisico nucleare accarezza protoni e neutroni. El Trinche quel pomeriggio avrebbe compiuto nove anni e cominciato la lunga carriera di campetti di provincia.

«Passala!» Niente da fare. Guardando l’avversario negli occhi quel pomeriggio iniziò la storia del caño e del doble caño. Tunnel e doppio tunnel per stordire l’avversario. Solo se dentro di te conosci tutte le regole della meccanica quantistica, della fisica teorica, dello spazio tempo, dello studio delle turbolenze e le più complesse regole della fluidodinamica puoi effettuare un doble caño in così poco tempo.

Tomas era un fisico del calcio, conosceva intrinsecamente tutte le condizioni al contorno, le equazioni differenziali alle derivate parziali con incognite più funzioni di più variabili e le sue derivate rispetto a queste stesse variabili. E come un illusionista del pallone anticipava l’avversario, in un clandestino secondo calcolava l’ampiezza dell’apertura delle sue gambe per far passare la palla la prima volta, poi la seconda e poi… dopo aver ancora una volta accarezzato il pallone, nel più classico dei Volante argentini, effettuare un lancio di trenta metri per mettere palla a porte Alejo, modesto terzino destro dai polmoni d’oro. El Trinche in ogni partita, in ogni potrero, il campetto improvvisato, lottava e sconfiggeva le leggi della fisica e ogni regola scritta e non scritta sulla dinamica del tempo e della disubbidienza.

Pubblicità

Dopo quel pomeriggio il Volante di Rosario, tra realtà e mito, storia e leggenda è diventato nell’immaginario dei sudamericani il calciatore più forte di sempre a non aver mai giocato a certi livelli. Anni dopo si narra che al botteghino, al campo, nelle serie minori si pagava un prezzo con Tomas sul rettangolo di gioco e un altro, più basso, qualora Carlovich non fosse stato della partita. Nel 1974 nella storica amichevole organizzata a Rosario dall’Argentina di Vladislao Cap e una selezione di calciatori popolari in città, l’undicesimo uomo era un capellone sconosciuto, unico a provenire dal Central Cordoba, Tomas Carlovich. Gli altri, non lasciarono il segno, o almeno non come lui, cinque del Newell’s Old Boys e cinque del Rosario Central. Il centrocampista si trasformò in funambolo facendo ammattire tutta la Selección.

«Ma chi diavolo è quel Volante?» Per chi non lo sapesse il mediano basso, quello davanti alla difesa, in Argentina si chiama così, in onore del grandissimo Carlos Volante, primo regista basso della storia con trascorsi anche al Napoli, Livorno e Torino.

«Come chi è? È el Trinche».
«Non mi frega un tubo di chi sia, basta che nel secondo tempo resti in panca». Sentenziò Cap, el Polaco, che continuò dicendo «leva dal campo quel maledetto cinque».

Pubblicità

La Selección finì il primo tempo quel 16 Aprile 1974 con tre reti di svantaggio. I rosarini si erano superati.

Ma tra il mito e la leggenda c’è sempre la realtà dell’irriverenza, quella di un Trinche convocato dall’allora CT dell’Albiceleste, Julio César Menotti, e che non rispose mai alla convocazione, negando di essere stato chiamato o come raccontato in seguito. «Avevo incontrato andando in Nazionale un fiume pieno di pesci e dove non si poteva non pescare. Mi fermai e ciao ciao Selección». La libertà di un Volante è quella di giocare e di sfottere il tempo, di muoversi nel suo irridendo i tempi di gioco degli altri.

Nel luglio del 1979, nell’anno della stella per il Milan, durante la tournée in Argentina, Carlovich che per l’occasione indossava la maglia dell’Andes Talleres, confezionò un’altra prestazione da incorniciare. Nel secondo tempo grazie a un suo assist il Milan di un giovanissimo Franco Baresi, Rivera e Capello, fu sconfitto.

Pubblicità

Per molti, Diego Armando Maradona compreso, Tomas è stato il maestro di un calcio romantico, del perfetto giocatore dallo stile rosarino, di chi ha rinunciato alla carriera per restare dove amava stare, la sua città, Rosario. Per fare quello che amava fare, giocare a pallone. La gente dagli spalti gli chiedeva un tunnel e lui ne rifilava un paio di caño e doble caño. Ancora oggi si narrano le sue giocate, si narrano i suoi tempi di gioco, si tramanda la sua leggenda. Perché il calcio è fatto di giocate che valgono da sole il prezzo del biglietto.

Non deve essere stato così per i balordi che lo hanno pestato, fino a ucciderlo, qualche anno fa per portargli via la sua bicicletta.

Tomas Carlovich, el Trinche (Rosario, 19 aprile 1946 –Rosario, 8 maggio 2020)

Pubblicità

(Foto: Wikipedia)

Follow us!

FacebookFacebookYoutubeTwitterTwitchTwitch

Pubblicità

in evidenza