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ANGOLO NAPOLI – Jack e la metamorfosi

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Sembrava, ormai, l’ennesimo pareggio in casa contro una squadra assai più debole, venuta al Maradona a difendersi provando, però, a non chiudersi in area di rigore. Fino all’89esimo, fino a quando l’ennesimo tentativo offensivo azzurro non ha materializzato il quasi insperato decisivo vantaggio.

Ci sono voluti quasi trenta tiri in porta, tanta pressione in mezzo al campo e sulle fasce e quasi il settanta per cento di possesso palla.

Una partita via via complicatasi a causa della riduzione degli spazi a disposizione ed all’applicazione dello Spezia, capace di mettere in vetrina la buona prestazione di tanti giocatori, su tutti quella in difesa di un giovanissimo Kiwior, non a caso già nel mirino dei top club.

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Che sarebbe stato un match spigoloso e poco agevole era facile immaginarlo sin dalla vigilia, ancor di più dopo la straordinaria ed indimenticabile notte di Champions. Primo tempo dominato dalla tecnica e dalle giocate di Kvaratskhelia, ma novanta minuti più recupero che rischiavano, fino ad un minuto dalla fine, di acuire problemi che già dieci giorni fa col Lecce erano apparsi molto evidenti.

E invece è stato – provvidenzialmente – uno a zero.

Ad opera dell’uomo più atteso, che fino a quel momento aveva fallito la ghiotta occasione che gli si era prospettata.

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Decisivi – nel caldo ed estivo pomeriggio partenopeo – gli ingressi in campo nella ripresa di Lobotkae Zielinski, che hanno dato velocità al gioco del Napoli e cambiato ritmo alle occasioni d’attacco azzurre.

Tre punti importanti in un inizio stagione che ha già detto tante cose.

Napoli – Spezia giocata alle ore 15.00 di un sabato di settembre che sembra agosto è divenuta in qualche modo metafora e similitudine di fatti, episodi e circostanze che, cambiando l’ordine degli addendi, finalmente ed eccezionalmente danno una somma diversa. Un risultato che assume la forma dei tre punti utili a dare provvisoriamente agli uomini di Spalletti la testa della classifica e che regala, oltre che un sereno week end, la strana e nuova sensazione che forse qualche lezione passata è servita, ma anche che la buona sorte ha iniziato talvolta a strizzare gli occhi.

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Un po’ di anni fa Elias Canetti, scrittore e saggista bulgaro naturalizzato britannico, morto ventotto anni prima della sua regina, affermava come l’imitazione fosse “il primo passo verso la metamorfosi”. Per fortuna Giacomo Raspadori all’epoca non era ancora nato, dunque non poteva saperlo.

Ha deciso, forse anche per questo, di trasformare un pomeriggio caldo ed umido di fine estate in un sabato felice, non accettando l’inerzia di un andazzo che pareva diretto verso uno scialbo pareggio.

Ha salvato, così facendo, una prestazione personale così così, ma ha anche allontanato le inevitabili riflessioni, che facilmente sarebbero divenute critiche, per il solito cambio di Kvaratskhelia (fino a quel momento migliore in campo e uomo più pericoloso) e per l’ingresso nel momento decisivo di Gianluca Gaetano, che molto utile peraltro è stato nel finale.

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In una stagione che, fino ai Mondiali, non concederà alcuna pausa, ogni partita giocata e vinta dà morale, regala esperienza e serve per accrescere ottimismo e fiducia.

Proprio perché i tre punti guadagnati in casa contro i liguri sono il primo cambio di passo rispetto alla scorsa stagione, è obbligatorio – da adesso in poi – dar corso davvero al cambiamento ed all’evoluzione, continuando un processo che tende alla metamorfosi.

D’altronde l’emblema più significativo di quanto sia utile e bello ogni tanto cambiare il corso delle cose è rappresentato dalle farfalle, quelle che dopo una grande notte europea girano nello stomaco innamorato di tanti tifosi, ma anche di giovani protagonisti (Simeone mercoledì sera e Raspadorisabato pomeriggio) che vivono giorni di festa e che per circa un mesetto avranno il compito di non far rimpiangere le grandi sgroppate di Victor Osimhen.

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