Approfondimenti
LEVA CALCISTICA ’68 – EURO ’80/3: I superstiti di Baires

La sera giunse inappuntabile, così come la mise fantozziana del sottoscritto. Unico assente, vista la stagione, il pigiamone di flanella.
L’attesa fu trepidante; l’evento importante faceva in modo che tutte le attenzioni e le stravolte abitudini fossero in funzione delle venti e trenta e del tubo catodico a colori e di ultima generazione. Erano già un paio di anni almeno, inoltre, che ero stato promosso da “subumano telecomando” a “servile mini-uomo senziente”.
La Nazionale scendeva in campo a San Siro contro la selezione spagnola per un match che, dopo il pari anglo-belga del pomeriggio, diveniva quasi decisivo. Le squadre partecipanti erano solo otto, divise in due gruppi da quattro, e le due prime classificate si sarebbero incontrate direttamente in finale. Le due seconde, invece, si sarebbero giocate il terzo posto.
La partita fu ben giocata da entrambe le squadre, anche se la Spagna aveva evidenziato una predominanza territoriale con un gioco attento e comunque fluido. L’iberico Alesanco, un ottimo interprete del ruolo di “libero” dell’epoca, ebbe gioco facile a controllare lo sterile attacco italiano e ad impostare con il totem Asensi tutte le trame offensive. Riuscirono a sfiorare il vantaggio con un colpo di testa di Quini (specialità della casa) e a colpire un legno con la guizzante ala del Real Madrid Juanito. Ma la gara terminò a reti bianche, complice la scarna prestazione dei nostri, legata anche ad uno sconforto latente nel pubblico pagante che stentava a riprendersi dai freschi accadimenti che tra qualche riga svelerò.
Quella sera l’Italia giovane, tecnica e brillante di Baires ‘78 era lontana anni luce. Ci avevano pensato Trinca e Cruciani a farle imboccare un improvviso tunnel temporale e farla arrivare chissà dove.
Trinca.
Cruciani.
Che detto così sembrerebbe un improvvido quanto suadente invito ad un “ameno e simpatico opinionista” dei nostri tempi.
Ma, carneadi, purtroppo i signori Trinca e Cruciani sono realmente esistiti ed erano balzati agli onori della cronaca pochi mesi prima.
Nel marzo di quell’anno Massimo Cruciani, grossista di ortofrutticoli, presentò un esposto alla Procura della Repubblica di Roma. Sosteneva di esser stato truffato da alcuni giocatori della Lazio che lo avevano indotto a scommettere cospicue somme su partite che erano state “truccate”. I risultati però non si erano verificati, causandogli ingenti perdite. Il tutto avveniva con il tramite di Alvaro Trinca, ristoratore di cui era amico e fornitore.
Il 23 di marzo il bubbone deflagrò investendo tutta la nostra serie A e parte della B.
E fu “il giorno dell’Onta”.
Le auto delle forze dell’ordine fecero il loro ingresso sulle piste di atletica degli stadi andando a prelevare tutti gli atleti coinvolti. Pioveva quel giorno e quelle immagini erano assurdamente surreali. Fu, a memoria, il primo grande scandalo del calcio italiano e vide implicati decine di giocatori e dirigenti. Furono setacciate diverse partite già disputate e dopo diversi mesi ci furono tanti condannati per frode sportiva. Nel frattempo i calciatori nazionali coinvolti non furono giustamente convocati per gli Europei, tra di loro uno dei protagonisti del mondiale in Argentina due anni prima, Paolo Rossi, al quale si aggiunsero altri due pezzi da novanta, che avrebbero vinto tanto negli anni successivi, Bruno Giordano e Lionello Manfredonia.
Ma non solo loro. Anche Albertosi, Cacciatori, Pino Wilson, Della Martira e altri ebbero da tre a cinque anni di squalifica. Il presidente del Milan Colombo fu radiato, lo stesso Milan e la Lazio furono retrocesse in serie B. Altre squadre furono penalizzate di punti da scontare nel campionato seguente.
“Totonero”, così fu chiamato, fece una strage. Una strage di anime, di sogni e di passioni. Il risveglio fu lento ed avvenne, ma non quella sera di giugno, non a San Siro. La Nazione pallonara e quella Nazionale tentavano di rimettersi in piedi, a fatica, monca di alcuni uomini, tra i migliori, che sarebbero serviti come il pane in quell’attacco asfittico.
Ma eravamo appena all’inizio.
Altre sfide ci attendevano.
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