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CORNER CAFE’ – Non è (solo) un gioco per maschi

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Olivia ha sette anni e vuole giocare a calcio. Ha passione ed è anche piuttosto tenace. Tant’è che, quando la Roma Uno dà un calcio al suo entusiasmo, precludendole la possibilità di mettersi gli scarpini insieme ai compagni perché “il calcio è un gioco per maschi”, lei la prende di petto e scrive a Repubblica. Non capisce perché non può giocare anche lei, Olivia. E in un’Italia dove si parla tanto di parità di genere e di diritti inalienabili, risulta difficile anche a noi.

L’eco di Repubblica, però, è forte. Tanto forte da arrivare alle orecchie della Nazionale Femminile. La stessa Nazionale che, con le unghie e con i denti, si sta facendo sempre più spazio, di diritto, tra le fila di “quelli che contano”. Interviene Bonansea, interviene Bartoli, interviene Girelli. Si mobilitano tutte per la piccola Olivia. Che, vale la pena ripetere, ha un solo desiderio: quello di giocare a calcio. Ed è paradossale che, dopo aver visto Frappart dirigere magistralmente una gara di Champions League ed aver sentito riecheggiare nelle sale dell’AIC il nome di Sara Gama come vicepresidente dell’AssoCalciatori, possano ancora presentarsi simili discriminazioni. Il calcio è di tutti, da sempre. Prevaricare il gioco significa prevaricare un diritto. Diritto che la piccola Olivia ha ottenuto, alla fine: sembra proprio che ora potrà giocare a calcio in quella Roma Uno che prima l’aveva respinta. Indosserà gli scarpini, i calzettoni e la divisa della squadra, bucando un pallone gonfio di misoginia ormai vetusto e passato. Perché il calcio non è solo “un gioco per maschi”, come dicevano quelli della Polisportiva. Il calcio è di tutti. Olivia lo dimostrerà.

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