Approfondimenti
ROSSETTO E CAMPIONATO – Passerelle verdi

I miei dieci lunghi, lunghissimi anni di vita a Roma sono stati intervallati da un meraviglioso anno trascorso a Milano. Meraviglioso per metà, diciamo.
Ho sofferto tanto, nei primi periodi, la mancanza degli spazi aperti di Roma, la possibilità di saltare in metro (quando funziona) e raggiungere in dieci minuti il Colosseo, mangiare un gelato ai Fori Imperiali, fare aperitivo a Trastevere.
Eppure, Milano mi ha conquistata con il suo savoir faire e la sua efficienza. Alla fine sono riuscita anche a trovarla così bella che, quando è stato il momento di far ritorno in Capitale, non c’è stato un attimo in cui io non abbia confrontato la facilità della vita milanese con la frenesia romana.
Eppure, una cosa di Milano non mi manca affatto. La Fashion Week.
La Fashion Week è una settimana in cui ci si ingozza di tartine bio/keto/parola a caso e spumante di terzo livello in rimesse dell’ATM adibite a locali di grido, facendo finta di conoscere questo e quell’altro influencer, brandendo inviti a sfilate di stilisti o presunti tali.
È la settimana in cui non importa quanto forte tu sia inciampato nell’armadio al buio della tua camera stamattina da esserti conciato in quel modo atroce, risulterai sempre assurdamente trendy e all’avanguardia.
Alle passerelle, continuo a preferire i rettangoli verdi. Ma … la Fashion Week è ovunque. E nemmeno il calcio esula dalla ricerca spasmodica dell’ultimo grido in fatto di design. E io sono pur sempre una donna giudicatrice.
Inutile dire che i risultati non siano affatto all’altezza delle aspettative. Partiamo da ciò che mi compete più da vicino.
La stagione 2019-2020 ha portato con sé enormi strascichi di proteste tra i tifosi juventini, accuse di attentato alla pubblica salute visiva, poco ironiche battute con riferimento al palio di Siena. E sì, nemmeno a me piace il bicolor intervallato dalla striscia rosa del kit home della Juventus.
L’effetto Maxibon è dietro l’angolo, per cui speriamo di aver lanciato in cantina questo azzardato tentativo. Le ultime indiscrezioni sulle nuove maglie rivogliono le strisce pennellate, e soprattutto eliminano l’orrenda toppa frontale, colpevole del sicuro effetto “mi hanno incollata a caso”. Potremmo riacquistare così quel minimo di contegno almeno a livello meramente estetico.
Nemmeno il kit da allenamento si salva. Questa stagione passerà alla storia, comunque finisca, anche per l’effetto tie dye rosa e nero della maglia da allenamento, e per la collaborazione con il brand anglosassone Palace. Di quest’ultima ci ricorderemo probabilmente solo il prezzo, nonostante sia andato tutto esaurito nel giro di un paio d’ore. Che se poi quei soldi fossero serviti per Pogba, mi sarei immolata volentieri per la causa.
Ma di fashion victim nel calcio non ce ne facciamo mancare affatto. Nemmeno il Napoli riesce a sottrarsi alla tendenza camouflage, con un kit che ha fatto giustamente discutere, dato che quando la squadra indossa il completo Soldato Ryan più che stare al San Paolo sembra di stare alla Cecchignola.
Nota dell’autrice: anche vestito da militare Milik fa la sua figura.
Novità in vista per il prossimo anno: tutte le divise avranno lo stesso font per i nomi dei giocatori. Spero profondamente che il tema non si estenda anche alla Serie B, perché mi mancherebbe troppo l’effetto Giulietta e Romeo in singolar tenzone delle divise del Chievo Verona. Lasciate ancora sognare questa principessa in erba.
Inutile dire che anche nel trend calcistico, less is more: sono profondamente innamorata delle righe strette della divisa del Milan, così come della fantasia sobria ma a tratti geniale della terza maglia della Roma di questa stagione.
E quando sono i grandi nomi della moda a metter mano a schizzi e bozzetti, si vede. Citofonare casa Cagliari, che per il suo centesimo compleanno ha fatto indossare ai propri giocatori una meravigliosa divisa a firma di Antonio Marras, ex maison Kenzo e stilista di fama mondiale.
Prevedo invece ancora proteste per la prossima stagione dalle parti di San Siro, e non per il mancato arrivo di Vidal e Rakitic: i ben informati riferiscono di una nuova maglia dell’Inter a quadri, molto Settimana Enigmistica, specificatamente pagina sudoku, con netto sentore di picnic ferragostano in Pinetina.
Non ci siamo affatto.
Consapevole del fatto che la mia divisa preferita resterà per sempre quella sporca di fango ed erbetta, quando si tratta di ragionare di semplice bellezza penso ad una mie immagini preferite della storia bianconera. È quella di Michel Platini disteso a terra dopo un goal annullato, finale di Coppa Intercontinentale del 1985.
Esattamente quella è la divisa che vorrei vedere sempre addosso ai miei beniamini. Pulita, essenziale, con le ormai tre stelle ad unico ornamento di una maglia che già da sola parla di storie, racconti, vita vissuta.
Per il 120esimo compleanno della Signora, la società ci ha regalato l’opportunità di veder indossata da Higuain e Dybala una versione molto simile a quella stessa divisa che una volta fu di Platini.
Saranno gli occhi dell’amore, ma io Higuain così bello non l’ho mai visto.