Angolo del tifoso
ANGOLO JUVENTUS – Difetto di fabbricazione

La Juventus supera il Monza in casa per 2 a 0 e torna in ballo per la qualificazione alla prossima Champion’s League.
In teoria, il risultato di ieri sarebbe qualcosa di cui rallegrarsi: più punti in classifica e un diretto avversario per la corsa all’Europa che conta scavalcato. In pratica, invece, c’è poco da esultare.
La vittoria è stata molto meno limpida di quanto faccia intendere il tabellino della partita e il vantaggio acquisito può essere annullato dalla gara che la concorrenza ha in programma per oggi.
Ma, soprattutto, la squadra vista in campo continua ad essere in balia di evidenti crisi di identità.
Talmente vistose e ripetute da non potersi imputare a dei momentanei istanti di smarrimento collettivo quanto a un vizio presente ab origine sin dal momento del raduno. Si tratta di un difetto di fabbricazione.
Ridimensionamento ingaggi
Non è un segreto per nessuno che il compito principale del nuovo direttore Giuntoli , al momento della firma del contratto, fosse quello di portare a termine un deciso ridimensionamento del monte ingaggi del gruppo. Una operazione di risanamento finanziario da effettuarsi, possibilmente, senza andare ad inficiare il tasso di competitività della squadra.
Orbene, l’auspicata riduzione delle spese derivanti dai cospicui contratti dei calciatori presenti in rosa c’è stata eccome. Ma, a giudicare dalle prestazioni offerte, c’è stato anche il paventato effetto collaterale di diminuire il potenziale tecnico del parco giocatori.
E non si può imputare né a Thiago Motta prima né a Igor Tudor adesso, questo difetto di fabbricazione.
Mercato insufficiente
Alla luce dei fatti il mastodontico mercato estivo (circa 200 milioni di euro spesi) non ha apportato migliorie alla rosa.
Se si escludono i casi del vigoroso centrocampista Khéphren Thuram e dell’inossidabile difensore Pierre Kalulu, tutti gli altri nuovi arrivi hanno profondamente deluso.
A partire dall’indecifrabile regista brasiliano Douglas Luiz, passando per l’olandese smarrito Teun Koopmeiners per concludere, infine, con la discontinua ala lusitana Francisco Conceição. E senza neanche nominare i “rinforzi” giunti a gennaio, più dannosi che utili.
Il quadro appena delineato fotografa un insieme raccogliticcio di atleti, messi insieme a casaccio e diretti alla rinfusa da due tecnici che, più che ad impostare un sistema di gioco, sono stati costretti a navigare a vista, camuffando nel contempo i limiti imposti dalla costruzione errata della squadra. Impossibile rimediare a un difetto di fabbricazione.
Iniziativa sempre agli avversari
Viste le cose in quest’ottica, ci si spiega anche come è possibile che i bianconeri, in ogni partita disputata, abbiano sempre lasciato l’iniziativa agli avversari. Anche ieri, anche giocando in casa, anche affrontando l’ultima in classifica la percentuale di possesso palla certificava, senza ombra di dubbio, la prevalenza territoriale degli ospiti.
Ma, da una squadra costruita senza una logica precisa e priva, sin dall’inizio del campionato, di una leadership tecnica nei ruoli chiave (e qui c’è qualche responsabilità del precedente allenatore) non ci si può aspettare altro. E’ avvilente, certo, vedere una squadra di simile caratura ridotta ai margini della sopravvivenza agonistica ma è questa la realtà attuale.
L’impossibilità di proporre il proprio gioco comporta l’obbligo di affidarsi ad iniziative estemporanee dei singoli (vedi i due gol di ieri ad opera di Nico Gonzalez e Kolo Muani) per sbloccare fortunosamente il risultato. E, successivamente, alla tenuta della linea difensiva per portare a casa il suddetto. Niente di più e niente di meno. E’ la peggiore conseguenza del difetto di fabbricazione.
Nervi a fior di pelle
In tutto questo la ciliegina sulla torta è l’inqualificabile comportamento di Kenan Yildiz. Sia chiaro, nessuna intenzione di buttare la croce sulle giovani spalle del talent(in)o turco. I suoi vent’anni, il suo enorme potenziale, la sua faccia pulita sono tutti motivi di conforto per la tifoseria bianconera. Tutti sperano che porti con onore, e per molto tempo ancora, quel feticcio che è la casacca numero 10.
Ma, benedetto ragazzo, se ti hanno consentito di metterla sulle spalle, significa che hanno fatto un investimento notevole non solo sui tuoi piedi ma anche sulla tua testa.
Se, in un incontro già ampiamente indirizzato per il meglio, ti lasci condizionare dai nervi e fai una sciocchezza del genere, lasciando la squadra in dieci e rischiando di compromettere la vittoria, vuol dire che mentalmente non sei ancora pronto ad assumerti questa responsabilità. E, in questo caso, non è un difetto di fabbricazione.
(Foto: Depositphotos)