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Tre cose….sulla crisi di gioco e di risultati del Benevento

Benevento: Scambierebbe un fustino….?
Scambierebbe un bottino di 82 punti in 44 giornate (tra l’anno scorso e quest’anno) per quello di puntini sospensivi misti a tre punti esclamativi? Il paragone tra Auteri e Pazienza non può essere ancora fatto, bisogna essere intellettualmente onesti su questo.
Ma la “semplicità” evocata dal nuovo allenatore, all’alba della sua presentazione, ha più trovato come sinonimo quello di superficialità e trascuratezza. Quella, dalla partita di sabato contro il Messina, ne troviamo quanta ne vogliamo. Mista anche ad un egoismo innaturale (leggi alla voce Manconi) e ad un cambio tattico incomprensibile (o, almeno, quella è stata l’impressione dalla tribuna) agli stessi giocatori, che hanno affrontato un certo tipo di lavoro per 6 mesi e si ritrovano a dover mutare la propria pelle per l’ultimo quarto di torneo. L’attacco martellante (sceso anch’esso alla quarta posizione) s’è trasformato in incudine passiva.
E, quando il martello viene preso per colpire, stecca per il troppo individualismo di chi lo impugna. Ma, ecco, sembravano spaesati in campo anche nel senso di squadra, figurarsi noi poveri mortali che provavamo a leggere il match con calciatori in posizioni diverse.
Non un problema fisico, ma piuttosto mentale. Avrà tempo, Pazienza, per capire dove finisce la grinta e inizia la svogliatezza, dov’è guasto il meccanismo e dove bisogna ripararlo. Ma bisogna, anzitutto, partire dalle certezze: blindare i playoff.
Mettendoci tutto ciò che hanno in corpo. Con la sciatteria vista, ieri pomeriggio, invece il Benevento non andrà lontano.
Anime tormentate in cerca d’autore
Il Messina, intanto, zitto zitto s’è portato a casa un punticino preziosissimo. Ma, ecco, i peloritani allenati da Banchieri ne sono un luminoso esempio.
Se non provi, non sai. Se non tiri, vuol dire che non riesci. I siciliani c’erano, i sanniti un po’ meno. Manconi, Lanini, Lamesta non sono riusciti ad imprimere una differenza neanche nell’impegno. Simonetti, trasformato rifinitore a loro supporto, ha fatto quello che ha potuto. E infatti è stato il migliore in campo insieme a Perlingieri che, per i minuti giocati, è stato fastidioso per i siciliani.
Questo tanto per testare il livello andato in scena contro il Messina. Senza movimento degli attaccanti, sarebbe difficile per qualsiasi trequartista esprimersi (a meno che non ti chiami Baggio o Pirlo). Eppure gli sono arrivati un’infinità di palloni e lui ha corso come una trottola impazzita, una sponda da flipper che cercava di collocare la pallina decisiva la decisione presa è sempre stata quella sbagliata.
Conclusioni a porta non ne abbiamo viste, gol non ne vediamo da 290 minuti, la vittoria non arriva dallo scorso 5 gennaio, reazioni d’orgoglio e passione nemmeno a pagarle. E se i principali punti di forza cedono, rimangono solo i punti di debolezza. Il primo è che sembra essere venuto meno proprio l’intesa del gruppo. O, meglio ancora, la voglia di creare uno spirito di squadra. Tutte (o quasi) anime tormentate e solitarie in cerca d’autore.
Rebus giallorosso
Ora, non per fare le pulci a tutti i costi al presidente del Benevento Vigorito, contestabile quanto volete per la filosofia dell’eolico selvaggio, ma generosissimo economicamente (insieme con il fratello Ciro) verso la città del Benevento, verso i colori della Strega, verso un tifo e una critica che, qualche volta di troppo, gli ha rivolto critiche inconsistenti e infondate.
L’onestà intellettuale di Oreste Vigorito, così come la sua capacità manageriale di imprenditore e amante della cittadina, non può essere assolutamente in discussione. Ma, nella presentazione del nuovo allenatore Pazienza, ha detto almeno due cose che non tornano.
La prima. Il trend dei risultati è cambiato, fino a precipitare, e non vengono mosse colpe dirette all’allenatore. Qual è la prima mossa per capire quale sia il problema? Fuori l’allenatore, nel cestino tutto il duro lavoro fisico e tattico per un 3-4-2-1 ottimale e dentro un altro allenatore con un’altra legittima filosofia di gioco, che però scombussola i meccanismi della precedente.
La seconda. “Non siamo riusciti a individuare la ragione dell’inversione di tendenza”. E, quindi, esoneri a prescindere l’allenatore? Cosa non torna? Il ragionamento. In piena lotta furibonda, per mantenere la prima posizione o per riconquistarla, togli una cosa che ha a lungo funzionato, che adesso sta vivendo un evidente e vistoso calo, non comprendi quale sia la causa e preferisci sostituire quella cosa che ha funzionato con una cosa che va sperimentata e che deve essere pienamente operativa per i prossimi 2 mesi? Ora, a meno che non si fosse già realizzato che il primato sarebbe stato improbabile da mantenere o da riconquistare, non sarebbe stato meglio cambiare durante la pausa natalizia per puntare, principalmente, a qualificarsi ai playoff.
E’ il quadro ad essere assolutamente incomprensibile. E non vorremmo credere che la spiegazione della cacciata di Auteri possa essere riconducibile invece ad altri fattori come, per esempio, a capricci di giocatori importanti che avevano ricevuto poco minutaggio in campo. Vigorito è sempre stato molto diretto sulle questioni, pane al pane, vino al vino. E, quindi, non vorremmo credere ad altre spiegazioni, se non a quelle che ha fornito ufficialmente.
Ma, proprio per logica gestionale, è inspiegabile, se non con cause diverse da quelle raccontate. Così come incomprensibile è stata l’imbarazzante prestazione dei giallorossi col Messina. Un rebus. Al momento risolto con il silenzio stampa e con il ritiro forzato per la prossima giornata.
Un provvedimento che sarebbe potuto arrivare molto prima, visto che le ragioni di questa discesa non si capivano già con Auteri. Perchè i segnali del venir meno di una certa grinta e dello spirito di squadra, che avevano caratterizzato la prima parte della stagione, c’erano già tutti.
(Foto: Depositphotos)