Angolo del tifoso
L’Arechi non è all’altezza della Salernitana

Se ci salviamo -e ci salviamo- i tifosi della Salernitana dovranno prendere atto d’essersi fatti grandi, irrimediabilmente.
Il cronometro ha detto quasi tutto, quando Candreva la sbatte dentro: cancellando le paure d’un popolo che ne ha viste troppe per ignorare il peggio. È fatta: pure stavolta è fatta.
Se ci salviamo -e ci salviamo- dovremo acquisire definitiva consapevolezza della portata dell’avvento di Danilo Iervolino. Senza idolatrie: ché l’identità si antepone al tabellino, ma la gente di mare sa bene quando esser grata.
Non è esente da errori. Non è filato tutto liscio, in campo e soprattutto fuori.
Purtuttavia, siamo al cospetto della migliore Salernitana della storia: la salvezza più precoce, gli scalpi illustri, la gloria in palcoscenici che prima spiavamo dal buco della serratura. Iervolino sta griffando l’apogeo della adorata Salernitana nostra.
Se ci salviamo -e ci salviamo- s’imporrà d’essere all’altezza. La Salernitana è Salerno: la quale può e deve far sentire la propria voce.
Lo Stadio Arechi è ormai teatro di vicende agognate da una vita: l’appuntamento con la Storia è arrivato, è ora. Assurga la Piazza al ruolo che le compete.
Lo stadio è un bene comune, s’è detto: ebbene, la cittadinanza pretenda un impianto degno della Salernitana.
Quel cemento marcisce, la pioggia lo permea, siamo oltre il limite della decenza. La Curva Nord è ancora chiusa, il piano traffico è ridicolo, la cornice è complessivamente indegna.
Salerno vede oggi gli orizzonti cui ha sempre anelato: pretenda di esserne degna. Esiga il decoro che Salerno e la Salernitana meritano.
Si parli adesso, ci si faccia sentire ora, affinché agosto non arrivi ancora invano.
A Palazzo di Città hanno ricevuto mandato dalle urne: in piena legittimità, scelgano come operare. Ma smettano di parlare: una volta e per sempre facciano. Facciano l’interesse della Città.
Se ci salviamo -e ci salviamo- la Salernitana giocherà ancora in Serie A: la Città ha diritto di viaggiare di pari passo.
La portata dell’evento incide sulla comunità ben oltre i novanta minuti. Non c’è proprio più spazio per incompetenze e servilismi: se ci salviamo -e ci salviamo- una volta tanto non è solo pallone.
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