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Il Napoli di Sarri, “91 punti senza gloria”: l’intervista agli autori del libro Scala e Nuzzo

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Napoli
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Il Napoli di Sarri resterà nella storia del calcio per la bellezza che ha saputo dispensare nel corso del triennio in cui il popolo partenopeo ha sognato di poter vincere il tanto atteso terzo scudetto. Purtroppo però non ci sarà alcun trofeo che mantenere viva per sempre nella memoria quanto di buono fatto da un comandante e i suoi valorosi seguaci. Al Napoli di Sarri è stato dedicato un libro “91 punti senza gloria” scritto da Mario Scala, co-autore e giornalista capo redattore di ForzAzzurri.net, e da Matteo Nuzzo, conosciuto anche come RobertNesta80, co-autore e fondatore della pagina La Napoli Bene. Abbiamo avuto il piacere di poter intervistare entrambi per farci spiegare come nasce l’idea di scrivere questo libro, e per parlare anche della situazione attuale in casa Napoli.

Riportiamo in primis l’intervista fatta a Mario Scala.

Scala, come nasce l’idea di scrivere questo libro che ripercorre il fantastico triennio del Napoli di Sarri?

“Innanzitutto è bene precisare che il libro per come è stato pensato ha una duplice funzione: “curativa” ed “evocativa”. L’idea nasce in primis dal bisogno di dover sanare una grande ferita aperta legata all’ultima stagione si Sarri. In secondo luogo  per lasciare ai posteri un racconto che delinei in modo dettagliato quanto di bello successo sul terreno di gioco, e quanto di brutto extra-campo. Purtroppo per quanto affascinante e superlativo, il Napoli di Sarri, non è riuscito a conquistare alcun trofeo, e dunque a distanza di anni non ci sarà nulla che permetterà di evocare quella grande squadra. Ecco che il liberò potrà rappresentare la memoria delle gesta di un gruppo guidato dal proprio comandante che stava per conquistare il palazzo. La ferita è ancor più grande se si pensa che chi come me ha vissuto i primi due scudetti da piccolo.”

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Com’è stato rivivere, mediante la trascrizione nel libro, le emozioni vissute in quei tre anni in cui a Napoli si è vissuto inseguendo “il sogno”?

“Dietro il libro c’è un grande studio di tutti i dati, i gol, i record che hanno caratterizzato quel Napoli. Per essere il più dettagliato e curare quella parte di libro “asettica” ho rivisto tutte le partite e ancora una volta ho potuto ammirare la bellezza e la forza di quella squadra che andava in tutta Italia, ma anche in Europa ad insegnare calcio. A distanza di anni, e anche grazie all’analisi delle statistiche, mi sono reso conto che noi partivamo uno a zero. Posso dunque dire che rivedere gli azzurri dominare, vincere e stravincere è stato bello, ma contemporaneamente anche doloroso in primis perché difficilmente potremo vedere un Napoli così forte. Ma soprattutto perché ci manca uno scudetto che ci spettava per quanto dimostrato sul campo.

Il libro analizza non solo “LO SCUDETTO RUBATO”, ma anche “LO SCUDETTO PERSO”, dunque non c’è una critica solo al sistema calcio, ma anche alla società. C’è spazio per tutte le correnti di pensiero, io personalmente sono più improntato per lo scudetto perso. Mentre Matteo sostiene la tesi dello scudetto perso.”

Il libro paragona la tristezza del popolo e del club napoletano per lo scudetto perso, all’angoscia dei tifosi, del mister e della società del Derby County raccontata nel libro “Il maledetto United” di David Peace. Ci puoi spiegare perché?

“Si tratta di due situazioni possiamo dire identiche. Ritorna anche qui il concetto di ferita aperta, di rabbia  che il tifoso vive dinnanzi a situazioni rispetto alle quali tutti sono impotenti. La stessa società e i giocatori non possono che subire i colpi e restare con l’amaro in bocca. Ovviamente è un ragionamento che va generalizzato a tutte le squadre. Sicuramente anche il club partenopeo avrà avuto qualche situazione di favore, ma come tutti i club. Se però si guarda in toto non si può assolutamente dire che il Napoli è una squadra favorita, o che possa incutere timore reverenziale.”

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Tu e Matteo nel libro evidenziate che sono due i momenti in cui i tifosi partenopei acquisiscono la consapevolezza che possa essere l’anno del terzo scudetto. Oltre la storica, ma scontata, vittoria allo Juventus Stadium, perché avete scelto la partita a Benevento?

“Allora la partita di Benevento è stata importante perché ci sono state varie circostanze sia di classifica (risultati utili agli azzurri), sia di campo. Vincere a Benevento era difficile, sia perché è un derby regionale, sia perché lì nessuno tifava per il Napoli. Il risultato positivo ha accresciuto i noi la consapevolezza di potercela fare. Di conseguenza il sogno ha iniziato a prendere forma concretamente. Chiaro è che quella di Benevento è una di tante partite chiave, ed è stata una scelta di Matteo quella di riportare le sensazioni del Vigorito. Sono stato sin da subito d’accordissimo con lui perché anche per me è stata determinante nell’economia di tutto il campionato.”

Quel Napoli aveva un nome ed un cognome: Maurizio Sarri che voi nel libro paragonate a Caravaggio. Come si può spiegare a chi non ha vissuto quell’epoca, mediante l’immaginazione, questo paragone?

“Obiettivamente parlando il Napoli di Sarri disegnava calcio, e la bellezza che dispensava merita di essere ricordata negli annali del calcio. Dunque ci è sembrato giusto paragonare quella squadra ad una grande opera artistica, e di conseguenza personificare Maurizio Sarri in Caravaggio. Bisogna dare il merito, seppur senza un trofeo, al tecnico di Figline Valdarno di aver trasmesso la grandezza, bellezza, e potenza di undici uomini che corrono dietro un pallone, e hanno affascinato l’intera Europa.”

Come hai vissuto il passaggio di Maurizio Sarri alla Juventus?

“Personalmente non l’ho visto come un tradimento, ma mi sono lasciato condizionare di più dalla scelta professionale. Secondo il mio parere lui, dopo un anno al Chelsea, aveva bisogno di ritornare in Italia ed ha approfittato del contatto con il club bianconero che voleva da suo canto cambiare impostazione e godere del bel calcio. Mi voglio limitare a ricordare Sarri per quello che ha lasciato a Napoli, per la grandezza che ha trasmesso a noi tifosi. Dunque il fatto che lui sia stato sulla panchina dei rivali non toglie quanto fatto da noi. Non si parlerà mai della Juventus di Sarri, quella è una squadra che avrebbe vinto comunque con qualsiasi allenatore.”

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Dopo i recenti passaggi di Higuain e Sarri alla Vecchia Signora, come reagiresti ad un ipotetico, seppur quasi impossibile, passaggio di Koulibaly alla Juventus?

“Da tifoso sarebbe l’ennesima coltellata. L’amore che si prova per la propria maglia viene spesso lacerato da qualche evento, da qualche risultato, ma anche da qualche calciatore che va via. Personalmente dubito che questo trasferimento possa avvenire perché Koulibaly ha dimostrato sempre una persona integra e fedele a certi valori. Ma se dovesse succedere, ripeto, sarebbe l’ennesima coltellata al cuore.”

Come ultima domanda volevo chiederti come vedi la prossima stagione del Napoli alla luce delle attuali situazioni di mercato?

“Sinceramente al momento non riesco a sbilanciarmi, anche perché al momento ci sono troppe incognite. Ad esempio Fabian Ruiz tanto potrebbe partire, tanto potrebbe restare. Ed è la stessa situazione per Koulibaly, Mertens, Politano, Lozano ed Osimhen. I nomi che circolano per rimpiazzare i partenti personalmente ritengo non siano all’altezza i calciatori che vanno via. Il Napoli così com’è senza Insigne, senza Mertens ed Ospina, e con i due nuovi innesti (Kvaratskhelia e Oliveira) è cambiato. Attenzione però il ridimensionamento debba per forza coincidere con un indebolimento della rosa. Potrà essere un Napoli più fisico, più aggressivo che possa portare qualche risultato finale buono. Più di questo però non riesco a sbilanciarmi, bisogna attendere il prosieguo del mercato.”

Dopo Mario Scala è il turno al co-autore del libro Matteo Nuzzo, conosciuto anche come RobertNesta80 fondatore della pagina La Napoli Bene.

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Innanzitutto anche a te chiedo come nasce l’idea di scrivere questo libro che analizza il triennio di Sarri al Napoli?  È stato emozionate rivivere a distanza di anni, trascrivendo il libro, la passione che il popolo azzurro viveva con la speranza di realizzare il sogno?

“Allora l’idea di scrivere il libro è stata tutta di Mario che ci contatta sulla pagina (La Napoli Bene) per proporci ciò. Successivamente ci incontriamo di persona in un Pub dove stavamo facendo delle dirette, e ci spiega il suo progetto. Sin da quando mi ci ha scritto l’idea mi piaceva molto, ancor di più dopo l’incontro, di conseguenza ho accettato senza esitare un attimo.

Il libro noi lo abbiamo iniziato a scrivere quando nell’ultima stagione il Napoli di Spalletti lottava per lo scudetto, dunque in un momento di grande emozione e felicità per tutti noi tifosi del Napoli. Comunque il riportare le grandi imprese di quella magnifica squadra è stato riportare alla luce un ricordo che era stato accantonato in un cassetto dopo il passaggio alla Juventus di Maurizio Sarri. Nel periodo immediatamente successivo al periodo in cui il tecnico di Figline Valdarno si è seduto sulla panchina dei rivali parlare dell’ex Napoli era diventato quasi una vergogna.

Dunque grazie all’idea di Mario, non solo ho potuto ripercorrere quel fantastico periodo, ma mi ha fatto anche sdoganare un evento indicibile perché all’ombra del Vesuvio Sarri ha dipinto calcio. Per me lui è stato il Caravaggio, perché quello che noi abbiamo potuto ammirare per tre stagioni è stata pura arte. È stato spettacolo, bellezza, emozione. È stato talmente forte quel Napoli che in alcune partite gli azzurri erano avanti tre a zero dopo quindici minuti, e non c’era nemmeno più sfizio di seguire il prosieguo del match.”

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Mario, prima, mi ha svelato che avete una visione differente circa lo scudetto non vinto nell’anno dei novantuno punti. Per lui è uno scudetto rubato, per te invece è perso, ci puoi spiegare il perché di questa tua particolare visione?

“Assolutamente si, perché io ritengo che prima di guardare in casa altrui, bisogna guardare a casa propria ed essere certi di aver fatto tutto il possibile per ottenere il risultato. E se per Sarri possiamo obiettivamente che ha fatto il massimo per realizzare il sogno di un popolo intero, questo non lo si può dire per la dirigenza che a gennaio con Ghoulam e Milik infortunati (da ottobre/novembre) non è intervenuta in modo adeguato sul mercato per colmare queste lacune.

Ad esempio c’era libero Evra, che a seguito di una squalifica europea risolse automaticamente il contratto con il Marsiglia, non avrebbe preteso un contratto di lungo. Per sostituire il polacco invece avrebbero potuto prendere Fabio Quagliarella, che la Sampdoria avrebbe ceduto per poco e niente visto che non era ancora entrato nella sua seconda giovinezza calcistica nella quale ha fatto moltissimi gol negli anni immediatamente successivi. Invece la società, in piena lotta per lo scudetto, con due assenze importanti si presentò con Machach e Milic. Il primo non si sapeva chi fosse, il secondo invece era stato silurato dalla Fiorentina e non giocava da sette mesi. Dunque secondo il mio punto di vista c’è una responsabilità forte del club. Io dico spesso che Sarri ha rischiato di vincere il tanto atteso tricolore nonostante De Laurentiis.

Che poi la Vecchia Signora sia stata favorita, ricordo la partita con il Cagliari, con la Lazio, l’episodio di Pjanic in quel maledetto Inter-Juventus è palese ed evidente. Ma se la dirigenza azzurra avesse attrezzato meglio la rosa con un bilancio che permetteva di farlo, e delle occasioni di mercato come ho detto poc’anzi probabilmente staremmo parlando di un’altra storia.”

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Quali sono secondo te nel corso dei tra anni i momenti in cui il Napoli di Sarri nasce, cresce si evolve e muore?

“Il Napoli di Sarri nasce quando il mister decide di abbandonare la propria fissazione per il trequartista. Dunque quando nella partita di Europa League con il Club Brugge decide di dare spazio ad alle ali e lasciando Higuain unica punta. Tant’è vero che nel giro di tre giorni facemmo cinque gol alla squadra belga, e cinque gol alla Lazio senza subire assolutamente niente.

Il momento in cui quella squadra inizia a crescere e la tifoseria inizia a credere che si possa costruire qualcosa di grande è tutto il girone di andata del primo anno che si conclude con la proclamazione degli azzurri come Campioni d’Inverno. Non c’è una singola partita, ma era una continuità di risultati e prestazioni convincenti che hanno fatto crescere ed esaltare.

Invece il momento in cui io penso che il Napoli di Sarri si sia evoluto, è quando senza Higuain e Milik il mister si inventa Mertens centravanti. A quel punto tutti iniziano a credere che l’ex Empoli possa tutto. Quella magnifica squadra muore invece a Firenze.”

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Prima Mario ha detto che è a te che è venuto in mente il paragone con il Derby County citato nel libro “Il maledetto United” di David Peace, puoi spiegarci il perché?

“Si perché il Napoli e il Derby County sono due realtà che non sono abituate a vincere. Dunque due realtà che stavano portando avanti un sogno desiderato per anni. Perché obiettivamente il Napoli nonostante le ottime stagioni fatte concluse con la qualificazione alla Champions, o la vittoria della Coppa Italia ha vinto solamente con Maradona. Io ho notato che si trattava di due tifoserie abituate a soffrire , ma che dopo anni stavano per fare un capolavoro da raccontare per il resto degli anni.”

Dopo il “tradimento” di Sarri e quello di Higauin, ti aspetti quello di Koulibaly, che segnò il gol decisivo che nella notte del 22-23 aprile 2018 fece sognare tutti ?

“Personalmente non amo usare la parola tradimento, in quanto io penso che questi ragazzi siano professionisti e che in quanto tali abbiano il diritto a migliorare la propria carriera quando se lo meritano. Ovviamente la Juventus è una società più strutturata rispetto al Napoli, con un capitale più importante e delle ambizioni maggiori. Dunque non parlerei di tradimento, ma di inevitabili conseguenze di alcune scelte societarie che non sono improntate a vincere. Questo non significa però che il buon De Laurentiis non voglia vincere, ma che si limita a costruire una squadra che possa raggiungere l’obiettivo della qualificazione alla Champions League. L’eventuale cessione di Koulibaly alla Juventus, sommata a quella di Higuain e Sarri non sarebbe che una conferma di quanto detto.”

Attualmente intorno al Napoli si avverte grande malumore da parte della tifoseria. Secondo te cosa dovrebbe fare la società per far ritrovare al popolo partenopeo il grande attaccamento alla squadra ?

“Innanzitutto si dovrebbe iniziare con una campagna abbonamenti che preveda prezzi popolari, ipotizzando un costo medio per biglietto di quindici euro e non di trenta come alla fine è stato quest’anno. Mi piacerebbe che la società operasse come fatto dalla Roma nell’ultima stagione: mi riferisco a regalare i biglietti a coloro che hanno seguito la squadra in Norvegia (e la squadra ha perso sei a uno). Mi riferisco alla possibilità di mandare un dirigente all’abbonato più anziano e portare il trofeo vinto a casa. Non è nulla di clamoroso, ma secondo me tutte queste accortenze della società verso i tifosi aiuterebbero a creare di nuovo quel legame che negli ultimi tempi sembra essere un po’ andato a scemare.

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Ricollegandomi al caro dei biglietti sarei il massimo dell’incoerenza se ti dicessi che vorrei prezzi bassi, ma al contemplo chiederei acquisti molto onerosi. Io faccio riferimento piuttosto ad operazioni low cost che il Napoli potrebbe fare.”

Secondo te da dove nasce il malcontento della tifoseria?

“Non nasce assolutamente dalle scelte di campo della società, perché gli azzurri tranne in rare occasioni hanno sempre risposto presente. A fine stagione nessuno può dire che il Napoli non sia stato all’altezza delle aspettative. Tranne il primo anno di Ancelotti in cui i tifosi sognavano e ci si aspettava la luna ed è stata consegnata invece “mappatella beach”, gli anni successivi non ci sono state grandi delusioni.

Io invece penso che ciò che ha stancato la piazza sia la comunicazione, completamente distaccata da quello che è il sentimento del popolo. Né io né molti altri non hanno apprezzato i complimenti fatti alla Roma, considerati i pessimi rapporti, causati da un defunto ( Ciro Esposito) che esistono tra le due tifoserie. Dunque la dirigenza dovrebbe avere un po’ di rispetto verso tutti coloro che si sono offesi da alcuni gesti di pessimo gusto da parte della tifoseria giallorossa. 

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Altro atteggiamento che ha stancato i tifosi sono i continui commenti del presidente che ha definito alcuni tifosi partenopei drogati, spacciatori, vessati dalle moglie.

Io non entro nel merito delle scelte societarie. Non entro nel merito del rinnovo di Mertens, perché è il calciatore che deve capire se il mister lo ritiene ancora al centro del suo progetto. Io però non tollero che puntualmente De Laurentiis faccia partire la solita “Shitstorm” in cui si va a denigrare il calciatore. A sostegno di questo pessimo comportamento del presidente c’è sempre la solita stampa “appecorata” che sostiene la campagna denigratoria del patron azzurro contro i propri calciatori.”

A Napoli, forse da sempre, c’è un circuito vizioso che parte dalla società passa necessariamente per la stampa, a volte un po’ serva del presidente, e arriva ai tifosi che come spesso accade restano delusi. Secondo te questo circuito si può interrompere? Se si come?

“La risposta è molto semplice: BASTA FARE I GIORNALISTI, perché non puoi definirti tale se parli di una presunta e-mail di Mertens, ma non la puoi mostrare. In questo caso alcune testate anche molto importanti, preannunciando di mostrare la il testo del messaggio si sono limitati a fare il riassunto dell’articolo del giorno precedente, se dare spiegazioni a chi nella sua vita non ha mai visto un bilancio. Se i giornalisti facessero i giornalisti e non gli appecorati di ADL la situazione migliorerebbe di gran lunga. Chiariello ad esempio è un giornalista pro-De Laurentiis, ma è una persona seria che non si inventa cavolate. Può certamente sbagliare con Cavani all’Hotel Vesuvio, ma nel calciomercato sbagliano tutti”.

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Dottore Magistrale in Giurisprudenza presso l'Università degli studi Suor Orsola Benincasa. Redattore LBDV, nonchè scrittore e conduttore di "BLITZ!" e "MATCH!" - i programmi in diretta social dedicati, rispettivamente, al calciomercato e alla stagione calcistica.

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