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Napoli si è stancata, la città è disamorata e vuole un nuovo inizio

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De Laurentiis Napoli
Tempo di lettura: 5 minuti

23 maggio 2021 Napoli-Hellas Verona 1-1

24 aprile 2022 Empoli-Napoli 3-2

Due partite, due date, due pietre miliari. Delusione e sconforto, gli stessi. Stesso male, pure.

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Dopo la Champions gettata via all’ultimo respiro lo scorso anno, ora tocca al sogno dapprima cullato, accarezzato, poi incrinato con la Fiorentina, infine demolito e andato in frantumi con Roma ed Empoli, nei minuti finali di due partite ormai vinte e rocambolescamente consegnate all’avversario, anche (non solo) per le scelte folli di un allenatore in totale stato confusionale.

Luciano al centro della bufera

Colpa di Spalletti? Certo. Ma non solo, anzi. Forse Spalletti è l’ultimo dei colpevoli. Non sappiamo quale sia il morbo che alberga nel genoma 1926 ma di certo quello stesso morbo che ha ucciso il Napoli ieri, fu causa del disastro della passata stagione e forse è lo stesso virus che ha infestato lo spogliatoio e contaminato l’ ambiente, in quella maledetta serata di novembre di ormai tre anni fa, quando con l’ ammutinamento Napoli e il Napoli decretarono la fine dell’epoca ancelottiana, mai davvero iniziata peraltro.

Il Napoli è una squadra fragile, senza un briciolo di identità tattica, orfana di uno straccio di organizzazione, quale che sia, monca di ardore e passione. Una squadra smunta, dalla testa debole, falcidiata dalle paure, distratta e svagata, mal messa sul terreno di gioco, ma ancor più nella testa. Colpa anche del suo timoniere, certamente. Ma il male è più profondo di questo.

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Un club “esaurito”

Il Napoli è morto. E’ un club che ormai ha esaurito la benzina, il carburante per proseguire un cammino virtuoso, per poter guardare avanti. Dopo aver cullato un bel sogno, anche un po’ distrattamente e svogliatamente, tra danni collaterali e scivoloni inauditi.

Finisce sotto le macerie l’incanto di un tricolore che ormai campeggia più nelle pieghe delle timide illusioni dei tifosi che nelle reali intenzioni di un club che non ha mai messo al centro del suo agire, della sua filosofia, l’obiettivo della vittoria, della conquista di qualcosa che rimanga eterno  e che tocchi le corde delle emozioni. Un club che si è rannicchiato su sé stesso, senza mai aprirsi all’esterno, troppo preoccupato a non mostrare crepe ad occhi indiscreti, più che ad evitarle, le crepe.

Un club che più di tanti altri avrebbe dovuto farsi portavoce di un popolo sterminato, unico nel suo sentimento identitario, autentico nel suo modo di provare passione. Un popolo che, però, si è a poco a poco allontanato, distaccato, snaturato e smaterializzato nella sua sostanza d’amore. Il Napoli ha finito per cambiare i connotati di Napoli: squadra e società hanno “smontato” il tifo, trasformando una passione che non è più la stessa, quello legato alla visione topica e didascalica di una tradizione oleografica che ha lasciato spazio ad una metamorfosi inspiegabile a prima vista: tra Napoli e la sua squadra di calcio c’è un evidente cortocircuito. C’è uno steccato invisibile che ha sancito lontananza e disaffezione tra il club e la città, una linea di demarcazione che si è ispessita a dismisura fino a creare un fossato profondo.

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E’ dal ciclo Sarri , poi, che i progetti tecnici falliscono e vengono fagocitati in un buco nero che sembra non conoscere fine: prima Ancelotti, poi Gattuso, ora Spalletti, col quale dopo pochi mesi si intravedono già frizioni, differenze di vedute e scricchiolii. Un motivo dovrà pur esserci…

C’era una volta il Dodicesimo…

Diciamo senza mezzi termini che il Napoli non ha più da tempo il tifo più bello d’Italia, quello più innamorato. E’ un falso mito che si è sgretolato all’impatto con la realtà. Non esiste più il dodicesimo, questo è innegabile ed anche per colpa del Napoli stesso, che ha gradualmente allontanato e mortificato nel tempo l’amore dei suoi supporters.

Napoli non pretendeva la vittoria (almeno all’inizio), Napoli chiedeva solo appartenenza e identità alla sua squadra ed al suo club: poi nel tempo la vittoria è diventata l’alibi anche pretestuosa su cui costruire e cementare l’odio e la protesta verso il proprietario di una società assolutamente non in grado di rappresentare quell’istanza di amore e appartenenza.

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Il club dopo l’epopea sarrista ha certamente smarrito sé stesso, come se l’incantesimo della Grande Bellezza avesse infranto l’alchimia di una società che pure aveva saputo, con i suoi limiti e i suoi innumerevoli difetti, disegnare buon calcio a queste latitudini. Non è la sconfitta di ieri, o con la Fiorentina che fanno male, è il senso di incompiutezza che ti lascia sulla pelle e la sensazione di disfacimento ad accompagnarla.

Il destino macabro e il bisogno di un nuovo inizio

C’è un destino macabro che avvolge il Napoli e il suo tifo, un incantesimo lugubre nella fede sportiva del napoletano. E’ come se fosse scritto su qualche pietra filosofale, su qualche antica Stèle sepolta in qualche scavo archeologico millenario: sembra che il popolo napoletano non possa nè gioire nè godere.

Siamo tutti troppo scottati, traumatizzati, così tanto da non sapere nemmeno più goderci gli effimeri momenti di gioia, di felicità sportiva, che poi è la cosa più brutta che possa capitare ad un tifoso, se ci pensate un attimo. Il Napoli si perde, ineluttabilmente, sul più bello,  come se l’amarezza e la delusione fossero compagne inevitabili lungo il cammino di chi tiene ai colori azzurri.

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E quella sensazione di amarezza che accompagna anche le poche gioie è figlia proprio di questa consapevolezza da parte del tifoso. L’idillio tra Napoli e questo Napoli, questa proprietà, sembra esser terminato. La città del tifo sogna un nuovo inizio, un nuovo giro, una nuova corsa. Ripartire da zero, credere in qualcosa, illudersi, sognare. Questo vuole Napoli.

Napoli non vuole vincere. No…

Napoli ha bisogno di illudersi, almeno di sognare di poter vincere.

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Produttore Esecutivo in Mediaset per contenuti di informazione (hardnews e softnews), telegiornali e talk tv prime-time. Ho ideato il progetto LBDV e fondato la testata giornalistica. Sono amante del dubbio, socratico per formazione e mi piace guardare al di là delle apparenze tutto, le persone e la vita.

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