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Tre cose su…Benevento-Picerno

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Vigorito Benevento
Tempo di lettura: 2 minuti

Prosegue il periodo di digiuno (quaresimale ed extra) di vittorie del Benevento, che non conquista i tre punti da ben 11 giornate, cioè da quasi 3 mesi.

Una media che non lascia affatto tranquilli nemmeno in proiezione playoff. Una media che, contro il granitico Picerno che arriva al 17esimo pareggio in campionato, poteva essere infranta e che dei segnali di “normalità” ripresa li ha lasciati intravedere.

I giallorossi, infatti, devono mangiarsene di mani per le numerose occasioni sprecate.

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Di fronte una signora squadra, il Picerno, che non regalava niente. Solidissima e autorevole all’ennesima, ma qualche colpo di fortuna l’ha aiutata non poco a capitolare al Vigorito.

Spreconi da paura

C’hanno provato e riprovato i giallorossi. Il Picerno ha tenuto, questo va ammesso. Ma il dato è che il Benevento è tornato a produrre, a creare occasioni, a rendersi pericoloso.

Troppo sprecone, troppa imprecisione. Starita, Manconi, Lamesta, Pinato, queste ultime due occasioni hanno del clamoroso.
Troppo dissipatori o per un eccesso di sicurezza o per un difetto di precisione. Convergenza ruote da controllare in allenamento.
Sedute cercasi per sedare i nervi troppo agitati sottoporta. Il rischio di andare fuori strada è alto. E le piogge battenti dei prossimi scontri con l’Avellino (a + 14) e il Cerignola (1 + 12) sono appena iniziate.

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Mnemonici da meraviglia

Non è stato a guardare il Picerno. Come detto nella cronaca della partita. Assolutamente nulla da rimproverargli, anche se avessero perso. Palleggiano e fraseggiano bene, gli uomini di Tomei, che ha indubbiamente vestito i suoi di un’impronta unica.
Si sapevano rendere pericolosi e uscivano, spesso, da situazioni difficili palla al piede, in spazi stretti o in aree larghe, in situazioni facili o in quelle complesse. Sapevano sempre cosa fare, o per lo meno, cosa provare a fare nelle varie situazioni in campo.
Mnemonici, ma non meccanici, perchè poi le dinamiche cambiano e si modificano nel corso della gara. Comprese quelle che riguardano forza e resistenza dei giocatori.

I play off sono senza dubbio alla loro portata.

Un cero a San Nicolò

Nicolò è l’altro nome che si attribuisce a San Nicola di Bari, patrono dei naviganti. E i lucani, pur senza avere il mare, navigano bene tra le acque intricate.
Tanto da creare non pochi problemi al Benevento, leggermente squilibrato rispetto al solito per via di un modulo più aggressivo, ma che, per forza di cose, concede qualcosina in più agli avversari.
Il pericolo più clamoroso, la palla gol d’oro più nitida e forse facile è quella che arriva all’ ’80, che fa gridare al miracolo. I sanniti dovrebbero veramente rivolgersi a san Nicola, col capo cosparso di cenere.
Nome del portiere sostituto di Nunziante, Manfredini, all’anagrafe proprio Nicolò. Contropiede dei lucani in scioltezza, tre contro due.
Manetta è bravo a destreggiarsi come un equilibrista e a fingere di calciare, servendo libero Bernardotto, il quale da distanza ravvicinata si fa ipnotizzare da Manfredini che a valanga salva capra e cavoli. Originario di Ferrara, il gigante del Benevento non è proprio un n. 1 di primo pelo.
Modena e Spezia lo hanno smaliziato e reso sicuro non poco e, a quasi 37 anni, ha chiuso una saracinesca che rischiava di venire violata, per un clamoroso “dramma sportivo” che si sarebbe consumato e che poco sarebbe stato perdonato dai supporters.

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(Foto: DepositPhotos)

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