Calciomercato
AAA pallone cercasi: la nuova frontiera del calcio nelle mani dei sauditi

AAA pallone cercasi, “Mamma mi hanno rubato il pallone” e via coi pianti. Sarà successo a tutti noi quando eravamo piccoli ed era ancora una sana abitudine dare calci ad un supersantos per strada, di vedersi sfilare il pallone dai più grandi e di tornare a casa frignando perché ci avevano sfilato il gioco e il divertimento sotto al muso.
E’ un po’ quello che sta accadendo al Calcio del Vecchio Continente. Un tempo l’Europa era epicentro di sogni, gloria e pallone: i club inglesi, spagnoli e italiani hanno scritto la storia del football mondiale e tutti i più grandi campioni, europei e sudamericani, mostravano ed esprimevano il proprio talento sui campi di calcio di Belfast, Manchester, Lisbona, Milano, Madrid, Liverpool, Napoli, Oporto, Roma e Barcellona.
Le leghe europee erano punto d’arrivo, l’ Olimpo del calcio mondiale, luogo di incontro degli dei del football che indossavano le maglie e i simboli dei grandi club europei. Poi è arrivata l’economia globale con le sue nuove regole, il calcio è diventato un business, mentre prima era solo un gioco e ha iniziato ad attrarre i capitali di tutto il mondo, dall’Oriente, agli Stati Uniti, fino ai paesi del petrolio.
La sprovincializzazione delle culture, la diffusione dei costumi e l’abbattimento di confini e sbarramenti materiali e non, tra un continente e l’altro, hanno portato nelle case di Bangkok le giocate di Lionel Messi, nei sobborghi di Rio le acrobatiche performances di Cristiano Ronaldo e lo spettacolo delle grandi arene del calcio europeo è giunto fino all’ultimo piano del Princess Tower di Dubai.
I “grandi” che stanno sfilando il pallone sotto al naso agli europei sono proprio loro, gli arabi.
La penetrazione dei petroldollari nel calcio europeo
Sono anni ormai che interi stati arabi controllano club europei investendo una montagna di soldi e cambiando, di fatto, la storia di società che non avevano una tradizione di vittorie: i casi di Manchester City e Paris Saint Germain, diventati autentici potentati calcistici, sono un esempio lampante.
Il PSG è in mano all’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al-Thani, mentre i Citizens sono il gioiello della vetrina calcistica di Mansour bin Zayd Al Nahyan, sceicco degli Emirati Arabi. Da poco, invece, il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammad bin Salman ha messo le mani sul Newcastle, altro club finito nell’ombra della storia della Premier e rilanciato alla grande, tanto che il prossimo anno disputerà la Champions League ed ha da poco strappato Sandro Tonali al Milan per la cifra iperbolica di 80 milioni di euro.
La geografia dei potentati dei petroldollari nel calcio europeo si è andata via via allargando: sono tanti i club, anche minori, che sono entrati nella rete dell’impero saudita (di seguito una grafica tratta dal quotidiano La Verità illustra la geografia dei fondi arabi e le loro ramificazioni nel calcio del Vecchio Continente).

I club di cui sono proprietari gli sceicchi in Europa (Fonte La Verità)
Calcio arabo pigliatutto
In questo abbrivo di calciomercato la tendenza è chiara e netta. Il calcio arabo sta cannibalizzando l’Europa, in cerca non solo di talenti a fine carriera (come Cristiano Ronaldo passato all’Al-Nassr nella scorsa stagione) usati a mo’ di cavallo di Troia, per entrare nell’immaginario dei fruitori globali come leghe e campionati a cui fidelizzare il proprio seguito, che stanno guadagnando appeal. La Saudi Pro League sta ingolosendo tantissimi campioni, andando addirittura oltre, perché i club degli sceicchi hanno iniziato a contattare le agenzie di calciatori nel pieno della maturità calcistica.
Il pallone del Vecchio Continente è stato investito in questi primi giorni di calciomercato dalla fortissima ondata di milioni proveniente dall’Arabia Saudita, che è riuscita a portare nelle sue squadre talenti del calibro di Benzema, Kante, Milinkovic Savic, Koulibaly, Firmino, Brozovic e pare che sia solo l’inizio di un processo che ha come obbiettivo il dominio del calcio di tutto il globo.
Andiamo a vedere nel dettaglio come funziona il calcio nel paese che sta mettendo a dura prova il prestigio di un calcio europeo, sempre più sofferente ed in cerca di nuove soluzioni per ritornare ai fasti di un tempo ormai smarrito da anni.
Un po’ di storia
Ogni giorno riportiamo e leggiamo di offerte faraoniche di squadre della Saudi Pro League, molto spesso accolte dalla società e sottoscritte dai calciatori che ingolositi dal denaro fanno le valigie e volano nell’attraente terra araba. L’intento vero è quello di portare il maggior numero di stelle per accaparrarsi l’organizzazione del campionato del Mondo del 2038, ma andiamo a ripercorrere le tappe che hanno portato all’exploit della bomba araba.
Gli albori
Nasce nella 1974-1975 la Saudi Pro League. Dopo un’era di secondo piano e di calcio minore, solo da un lustro ha iniziato ad ambire a progetti sportivi di un certo livello. Negli ultimi anni ha visto crescere con estrema facilità la sua popolarità soprattutto grazie all’ingaggio di Cristiano Ronaldo lo scorso anno da parte del Al-Nassr che al suo arrivo ha trovato in panchina l’allenatore del Napoli Rudi Garcia. La stagione è andata male, il tecnico francese si è dimesso e il portoghese non ha brillato, ma questo ha comunque fatto si che l’appeal del campionato sia aumentato e abbia fatto drizzare le antenne a tanti addetti ai lavori. Contestualmente la federazione araba ha portato il numero delle squadre partecipanti da sedici a diciotto.
Le regole
Le diciotto pretendenti al titolo si sfidano in trentaquattro match, ovviamente chi collezionerà più punti sarà Campione d’Arabia e si qualificherà direttamente alla Champions League Asiatica, mentre dal secondo al quarto posto si giocheranno la qualificazione alla massima competizione continentale ai play off. Retrocedono in seconda serie le ultime tre classificate. Ogni squadra ha la possibilità di acquistare un massimo di otto stranieri, in ogni partita nella distinta ne potranno figurare soltanto sette.
Le quattro sorelle arabe
Come ogni campionato che si rispetti ci sono le squadre favorite, che molto spesso coincidono con quelle che hanno speso di più sul calciomercato, Nella Saudi Pro League ai nastri di partenza di questa stagione sono in quattro a farle da padrone: Al Ittihad campione in carica che cercherà di ripetersi soprattutto grazie agli acquisti di Karim Benzema e N’Golo Kante, che vanno ad aggiungersi al già presente Diogo Jota.
L’ Al Naasr di Cristiano Ronaldo, dopo l’opaca stagione sotto la guida di Rudi Garcia, vuole a tutti i costi prendersi lo scettro di Campione e per farlo ha aggiunto all’asso portoghese e al portiere colombiano David Ospina, il centrocampista croato Marcelo Brozovic. Ovviamente dalle ultime indiscrezioni pare che non abbia alcuna intenzione di fermarsi qui.
Terza sorella d’Arabia è l’Al Hilal che, grazie ad una campagna acquisti faraonica, si è guadagnata la palma di favorita numero uno per la conquista del torneo. Kalidou Koulibaly, Ruben Neves e Sergej Milinkovic Savic guidano la squadra allenata da una vecchia conoscenza del calcio europeo come Jorge Jesus.
Ultima, non per importanza, è l’Al Ahli che ha rinforzato il suo organico con due calciatori che hanno fatto la recente storia di Chelsea e Liverpool come il portiere Mendy e l’attaccante brasiliano Firmino. E’ delle ultime ore, invece, l’offerta sontuosa fatta recapitare a Piotr Zielinski del Napoli Campione in carica.
Un mercato ‘dopato’
I sauditi hanno provato a corteggiare anche Leo Messi, prima della scelta di vita della Pulce di andare a svernare in USA, offrendo una cifra molto vicina ai 400 milioni a stagione, parliamo di numeri difficili pure da immaginare.
Gli arabi stanno “smantellando” la storia, cancellando di fatto la tradizione, tanto cara ai consumatori di calcio europei, a vantaggio di un sistema dove l’unico vero parametro degno di considerazione è il denaro: è una trasformazione geopolitica che si sta innescando nella società e che usa il calcio, come strumento di penetrazione globale.
E’ evidente che ci troviamo dinanzi ad un fenomeno epocale, che potrebbe scardinare completamente qualsiasi ordine precostituito, cancellando con un colpo di spugna e riscrivendo ex novo la storia recente del calcio globale. L’opera di cannibalizzazione del calcio sta per essere completato, passando alla fase 2, dopo aver conquistato i club europei e mostrato al mondo come i petroldollari possano davvero scompaginare gli equilibri della storia: chi avrebbe immaginato appena 20 anni fa un City dominare la Premier e l’Europa contro club più forti e blasonati, dai curriculum molto più prestigiosi?
Del resto, gli investimenti operati negli ultimi anni in Premier da parte dei gruppi del medioriente, hanno fatto schizzare in alto ed in maniera trasversale i costi dei calciatori. Nel 2021 il City ha ingaggiato Jack Grealish per 140 milioni di dollari, record storico Oltremanica e l’estate successiva lo stesso club ha strappato Erling Haaland al Borussia Dortmund per la cifra “umana” di 63 milioni di dollari. Il PSG negli scorsi anni ha ingaggiato tre dei quattro calciatori più costosi al mondo: Messi, Mbappè e Neymar, roba che sul finire degli anni Novanta nemmeno un lettore dei romanzi di Asimov avrebbe potuto immaginare possibile.
E’ chiaro che questo tipo di accordi ha fatto impennare il mercato dei giocatori, con offerte stellari che stanno facendo salire le valutazioni di tutto il settore, drogandone di fatto l’economia.
Fair Play finanziario strumento debole
I club calcistici europei di proprietà mediorientale hanno investito pesantemente nelle loro strutture, nei loro allenatori e nelle loro organizzazioni. Questo tipo di spesa è stata molto apprezzata, soprattutto dopo le gestioni fallimentari e gli sprechi di denaro causati nell’ultimo decennio dall’arrivo di un’ondata di proprietari cinesi che non hanno saputo, invece, consolidare il proprio investimento e che erano legati alle decisioni di un governo centrale piuttosto invadente.
La preoccupazione principale è una, però: il sistema non è più competitivo, rischia di rimanere stritolato dai “mostri” che ha esso stesso creato. Può sembrare che i nuovi proprietari dispongano di capitali illimitati, basti pensare che il Fondo d’investimento pubblico saudita ha un patrimonio di ben 620 miliardi di dollari e poiché i campionati di calcio europei non prevedono un tetto salariale sul modello NBA, l’unico elemento che impedisce alle squadre dei gruppi petroliferi di acquistare tutti i migliori giocatori è una serie di regole racchiuse in un protocollo UEFA, il Fair Play Finanziario. Lo scopo è quello di evitare che le spese di un club superino i ricavi, la stortura è che per alcuni club i ricavi sotto forma di sponsorizzazioni o partnership, sono enormi.
Tali regole finiscono per determinare una gerarchia europea e non garantiscono la parità di condizioni: solo un club con grandi giocatori può generare grandi ricavi, ma solo un club che dispone di molto denaro può acquistare i grandi giocatori: è un cane che si morde la coda, insomma. Questi club sono nelle mani di interi paesi, i cui fondi sovrani hanno ramificazioni in più asset e aggrediscono le economie globali su vari tavoli.
Karim Benzema, emblema della Saudi Vision 2030
Come confermato dalla televisione di stato Al Ekhbariya l’ affare che ha portato Karim Benzema in Arabia supera i 200 milioni di euro annui per due stagioni. Grosso modo, le basi su cui si è posto il trasferimento di Ronaldo all’Al Nassr, avvenuto dopo il Mondiale in Qatar. Ma perché, tra tutti i Paesi del Golfo, è proprio in Arabia Saudita che si stanno dirigendo i big del calcio internazionale?
Il punto di partenza è la Saudi Vision 2030, ovvero il piano di sviluppo con cui l’Arabia Saudita si propone di diversificare la propria economia per svincolarsi definitvamente dal settore petrolifero, che rappresenta il grande punto di forza nella produzione del regno. Un progetto che va a toccare diverse aree strategiche tra cui le energie rinnovabili, l’edilizia, il turismo e il settore dell’intrattenimento, un piano finanziariamente colossale che potrebbe cambiare per sempre lo scenario dello sport più bello del mondo.
Cristiano Ronaldo ha, quindi, solo aperto il varco, in un solco che è destinato ad allargarsi. Il calcio diventerà un punto focale della Saudi Vision 2030, come annunciato dallo stesso principe Mohammed bin Salman e riportato da Saudi Press Agency. L’obiettivo è quello di aumentare i ricavi commerciali della Saudi Pro League dagli attuali 450 milioni di riyal a 1,8 miliardi, pari a circa 450 milioni di euro: “Il progetto comprende due componenti principali. La prima prevede l’approvazione di società e organizzazioni del settore pubblico che investono in società sportive, con investimenti di importi corrispondenti al valore di ciascuna società. La seconda componente prevede la privatizzazione delle società sportive a partire dall’ultimo trimestre del 2023”.
Anche se per Cristiano Ronaldo la lega saudita può diventare una delle migliori cinque al mondo, nella Vision 2030 si vola un po’ più bassi: “La Saudi Pro League, che accoglie giocatori provenienti da oltre 40 paesi diversi e ha visto aumentare le presenze sugli spalti di quasi il 150% nell’ultimo anno, sarà supportata nella sua ambizione di essere tra i primi dieci campionati del mondo”.
(in collaborazione con Fabrizio Cocchiarone)
(Foto: Depositphotos)
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