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DAZN come prima più di prima e quei due cambi di troppo

Puntuale alla prima giornata di campionato è riesploso il caso Dazn. Nulla di nuovo sotto il sole, problemi vecchi di un anno, ma mai risolti. L’utente che paga l’abbonamento è trattato come carne da macello. Con la complicità della Lega Calcio, che si è preoccupata di portare a casa i soldi, senza verificare che la piattaforma televisiva alla quale aveva ceduto i diritti per tre anni avesse le prerogative minime per assicurare un servizio accettabile.
Nessuna sorpresa: alla Lega di serie A non interessa avere un campionato competitivo, ma ampliare sempre di più il solco tra le grandi e le piccole squadre. La chiave di volta è la ripartizione dei diritti tv: in Inghilterra il Manchester City ha incassato nell’ultima stagione 187,2 milioni di euro, il retrocesso Norwich 116,4. La differenza è del 61%. In Italia l’Inter ha incassato 84,2 milioni di euro (32,2 in meno del Norwich) contro i quasi 26 milioni del Venezia, con una forbice del 226%.
Questo spiega tutto: l’ingordigia delle nostre “grandi” a scapito delle piccole società, mentre in Inghilterra si è scelto di privilegiare la competitività. Il risultato è che la Premier League è il campionato più spettacolare del mondo e gli stadi sono sempre pieni, mentre la serie A è ormai il quarto o quinto campionato europeo e gli stadi sono mezzi vuoti.
Vedremo come finirà lo scandalo Dazn, perché di questo si tratta. Di certo, finché non si capirà che il calcio è degli appassionati e che questi meritano rispetto, non si andrà da nessuna parte.
Archiviata dunque la prima giornata senza pareggi e con tutte le grandi che per la prima volta hanno fatto il pieno di punti (anche se qualcuno, tipo Inter, Fiorentina e Lazio, ha faticato), è naturalmente troppo presto per trarre conclusioni e indicazioni definitive.
Una considerazione è balzata però agli occhi: l’incidenza determinante dei cambi. E qui apriamo una riflessione che proponiamo ai nostri lettori.
I cinque cambi furono introdotti in piena crisi Covid per facilitare la ripresa del campionato in una situazione complicatissima. Avrebbe dovuto essere un rimedio momentaneo, è invece diventato definitivo. E questo non ci trova d’accordo.
Cinque cambi sono decisamente troppi e costituiscono un ulteriore vantaggio a favore delle grande squadre, che dispongono di rose più ampie e qualitative.
Qui non c’entrano evidentemente né la Lega Calcio, che ha molte colpe ma non questa, né la Federcalcio. E’ un provvedimento preso dall’Uefa e riguarda tutti i campionati europei e le coppe.
Si pensava che, passata l’emergenza Covid, si potesse tornare alla normalità e ai tre cambi, invece così non è stato.
Il calcio non è il basket, i cinque cambi lo snaturano. Secondo noi sarebbe opportuno tornare al passato, ma a questo punto dubitiamo fortemente ci sia la volontà di farlo.
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