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ESCLUSIVA – Montervino: “Mertens? Credo rimarrà”

Terzo ospite del pomeriggio ricco di appuntamenti #ACasaConVlad è stato Francesco Montervino, ex capitano del Napoli.
Di seguito riportiamo l’intervista completa.
È doverosa una parentesi introduttiva sull’attuale periodo di emergenza. Come stai vivendo il tutto e quali pensi siano le prospettive future?
“Purtroppo questa è una situazione che nessuno si aspettava e per questo ci siamo fatti trovare un pochino impreparati. Mi sembra di vedere che l’Italia si stia comportando in modo giusto. La viviamo come tutti: restiamo a casa e cerchiamo di aggiornarci coi vari colleghi ed amici”.
Tu sei un ragazzo che è nato e che ha iniziato la sua carriera a Taranto. È stata sempre una realtà molto importante a livello di pubblico ma che non riesce ad uscire dalle sabbie mobili. Come lo spieghi?
“Stai parlando con un tifosissimo del Taranto, oltre che del Napoli. Ho fatto le mie fortune lontano dalla mia città purtroppo. La mia prima esperienza dirigenziale è stata lì, feci due secondi posti ma fui contestato. A distanza di anni, oggi mi riconoscono il lavoro fatto ed è questa la cosa bella del calcio. Purtroppo, lì non si riesce a trasmettere la giusta mentalità professionale. Non si è abituati a stare a certi livelli e non si ha la forza di uno staff che programmi. Poca gente in quella città, tra cui io, è riuscita a fare calcio ad un certo livello. Mi dispiace dire che da quando sono andato via io, i risultati non siano stati esaltanti. E trovo non sia giusto per quella tifoseria, che ha un calore ed un’organizzazione difficile da trovare in altri posti”.
Dopo Taranto, arriva l’esperienza di Ancona. Nelle Marche trascorri un periodo abbastanza lungo.
“Arrivai giovanissimo nell’anno della salvezza. Ho trascorso anni bellissimi lì. È la squadra a cui la gente è rimasta più legata dopo quella del ‘92. Una piazza davvero molto calda, ed è un peccato che il tutto si sia archiviato con il fallimento societario. Quelli sono gli anni che mi hanno lanciato verso Napoli”.
A Napoli hai la fortuna di incontrare Franco Scoglio: che ricordi hai di lui?
“Non tutti ricordano che arrivando ad Ancona trovai Scoglio come allenatore. In quella stagione mi ha fatto crescere e devo dire che seppur non fossi totalmente nelle sue grazie, ha lasciato il segno. Quando si parla di lui come di ‘Professore’, non si dice un’eresia. Era un grande stratega e mi fregio di avere dei suoi appunti che ebbi modo di prendere a casa sua. Ti rendi conto di quanto fosse visionario. Lui era un seguace di Lobanovski: lo seguiva e lo apprezzava. Quando a fine carriera ho tirato le somme, mi rendo conto che è stato uno dei più grandi con cui ho avuto a che fare”.
Come si è presentata l’occasione Catania?
I primi sei mesi ad Ancona li ho fatti con Gigi Simoni in panchina, persona dall’animo davvero nobile. Però non avvertivo la sua stima, nonostante fossi titolare. Me lo sono ritrovato a Napoli dopo che Agostinelli venne esonerato. Con lui feci diciannove partite su ventuno, però continuavo a non sentirmi coinvolto mentalmente. E così, andai in prestito al Catania, squadra di giocatori giovani ed interessanti. Quell’anno ho lottato per i playoff e lì ho conosciuto tante persone importanti per me”.
Dopo il fallimento degli azzurri, scendere di categoria non è stato sicuramente facile.
“Era l’estate del 2004 ed ho avuto la sfortuna di beccare i fallimenti di Ancona e Napoli, le due squadre che mi avrebbero preso più delle altre. All’epoca, Gaetano Fedele, mio storico procuratore, mi disse che mai come allora sarei dovuto andare a Napoli, e che lì nel giro di due anni sarei diventato capitano in Serie A con gli azzurri. E così fu. Il primo contratto che firmai prevedeva un anno più un’opzione per la seconda stagione. Arrivati in B poi ci fu il prolungamento di cinque anni”.
E poi ancora sui primi anni in azzurro dopo il fallimento:
“Quando giochi nel Napoli sei portato a vincere, non puoi pensare di fare un campionato di medio livello. Partimmo il 4 settembre con ADL e Marino che fecero il massimo in sede di mercato. Mancavano alcuni tasselli che sarebbero stati poi rimpiazzati a gennaio. Quindi Ventura non si trovò ad allenare una squadra ben assemblata. Con lui ho fatto tanto panchina e Reja è stata la mia svolta. Per me lui è un grandissimo allenatore. Per come gestisce il gruppo e per come legge le partite ne ho visti pochi bravi così. Aveva un rapporto schietto coi calciatori, anche a costo di entrare in contrasto con loro a volte”.
L’anno della B ha rappresentato una svolta della storia recente azzurra e la promozione in A ne è la dimostrazione:
”Nell’anno della B, che all’epoca era di livello altissimo, fummo una squadra molto attenta alla difesa, rispetto a quanto fatto in precedenza, perché eravamo più dediti all’attacco. Eravamo la miglior difesa insieme alla Juventus, vincemmo addirittura tredici partite col risultato di 1-0 ed arrivammo alla promozione in A con 79 punti”.
Sulla partita a Marassi contro il Genoa che consegnò la promozione:
”In quella gara, il Genoa partiva favorito. Gasperini aveva un gioco molto spettacolare, ma riuscimmo ad impostare la partita sui nostri binari. Poi negli ultimi minuti non c’è stata gara, con le notizie positive che arrivavano da Piacenza – Triestina. Oggi sono due anni dal gol di Koulibaly a Torino, e quello fu una sorta di mini – festa Scudetto. Ma credo che nulla possa eguagliare i festeggiamenti per la promozione in A. Fino alle cinque del mattino siamo stati in giro per la città. E’ una data che ho tatuato sul mio corpo ed è l’annata che più mi ha segnato in positivo. Ti rendi conto che tutti i sacrifici fatti per due anni hanno ripagato”.
Che importanza ha rivestito Pierpaolo Marino in quell’assetto societario?
“E’ un conoscitore del calcio come pochi. Mi sconvolse la sua presenza quasi poliziesca nello spogliatoio. Napoli spesso ti distrae e una figura come lui non te lo consentiva. Eravamo un gruppo importante e con una certa personalità e senza un equilibratore basta una scintilla per far saltare tutto. La presenza di Marino ti toglieva il fiato. Io faccio oggi il suo mestiere e spero di ripercorrere il suo percorso”.
Alcuni giocatori, anche se non giocano, sono fondamentali. In Serie A non eri un titolare inamovibile, ma eri importante per lo spogliatoio.
“Non è facile accettare da capitano di arrivare in Serie A e vedere la società che acquista Blasi, Gargano e Hamsik. Erano superiori ma diventa difficile fare il lavoro sporco. Però ti rendi conto che dai molto per la squadra, anche se non giochi, e tutto diventa facile se la società ti fa sentire la sua importanza. Sono stato visto dalla tifoseria sempre come il capitano ed è una cosa che ancora oggi mi riempie di orgoglio”.
Quella vittoria contro il Chievo, nella quale segnasti insieme a Pià e Bogliacino, sembra essere la chiusura perfetta di un cerchio.
“E’ stato il mio primo ed unico gol in A nell’ultima partita con la maglia azzurra. In quella gara, per sei/undicesimi eravamo quelli della C. Nell’intervista post partita, quasi come se avessi saputo che sarebbe stata l’ultima partita col Napoli, dissi che era il giusto ringraziamento alla tifoseria del gruppo storico”.
Tornando all’attualità, ti aspettavi che un tecnico come Ancelotti faticasse così tanto?
“Napoli per vincere deve avere tutte le componenti che vanno dalla stessa parte. Non dimentichiamo che andava a sostituire da Sarri, che i napoletani ricorderanno per molto. Dal momento in cui è arrivato Ancelotti si è avvertito che non tutti accettavano il cambio. La sua esperienza in azzurro, a mio avviso, è nata con mille perplessità, ma il buon inizio ha mascherato ogni problema. Poi è chiaro: Ancelotti è abituato ad altre società, pronte ad assecondarlo in un certo modo, ma lui ne era consapevole. Il Napoli ha perso la possibilità di crescere in appeal a livello europeo. Oggi vedo difficile che ritorni un allenatore del suo calibro. Inoltre ho avuto la sensazione che lui fosse molto più avanti tatticamente rispetto alle possibilità di questo gruppo e del calcio italiano in generale. Oggi il calcio non è più legato ai moduli, ma contano maggiormente la copertura degli spazi ed i tempi di gioco. Il tifoso napoletano deve in un certo senso rendersi conto di quest’opportunità sprecata, anche se effettivamente Ancelotti, ad un certo momento, è arrivato ad un punto di non ritorno”.
È arrivato Gattuso, e sembra che abbia messo un po’ le cose a posto:
”Anche Rino ha trovato le sue difficoltà nelle prima due settimane. Secondo me, lui all’inizio voleva essere una sorta di amico e allenatore, ma poi si è reso conto che ci voleva il bastone al posto della carota. Mi sembra che abbia preso in mano la situazione e che si sia meritato un rinnovo che pare imminente”.
Dalle tue parole emerge quasi che è come se il Napoli per un po’ di tempo non potrà competere ad altissimi livelli. Si è allargato il gap con la Juventus?
”Ho la sensazione che il Napoli debba fare un attimo un passo indietro. Infatti la storia ci insegna che se gli azzurri vogliono vincere, c’è bisogno di un progetto lungo. Non ha le disponibilità economiche della Juventus che si costruisce attraverso il mercato. Ma anche la stessa Inter, che in questi tre anni ha speso tantissimo, quest’anno potrebbe finire terza. Questo nell’idea del Presidente De Laurentiis c’è, un po’ meno nella gente. I tifosi sono stanchi, vogliono vincere ma il treno per vincere secondo me già è passato. Non resta dunque che ricreare un ciclo per rimettersi nelle condizioni di poter vincere qualcosa in Italia e, perché no, anche qualcosa come l’Europa League”.
Cosa si prova ad essere chiamati dalla Juventus mentre sei a Napoli? E questo è per fare riferimento alle voci su Milik o a quanto successo con Sarri e Higuain.
”Partiamo dal presupposto che qualunque calciatore ambisca ad un top club, e la Juventus è tra le prime in Europa. È normale che un calciatore, anche tifoso del Napoli, faccia le sue valutazioni. La differenza sta nel comportamento antecedente: se tu ti dichiari apertamente tifoso azzurro, baci la maglia e vai sotto la curva per poi andare alla Juventus, secondo me sei un traditore. Su Milik dico che è un calciatore straordinario e che ancora non ha mostrato tutto il suo valore. Molti pensano che non siano all’altezza, invece per me può fare la differenza. È due anni indietro praticamente e questo non va dimenticato. Se dovesse andare alla Juventus, da tifoso mi dispiacerebbe, ma non lo biasimerei”.
Che sensazioni hai sul rinnovo di Mertens?
”Credo che alla fine rimarrà, nonostante stia leggendo della corte di Lukaku e dell’Inter. Si sta mostrando molto attaccato alla squadra e alla città”.
Adesso stai lavorando a Nola: che sensazioni hai per il rientro e per il ritorno dei campionati? Per le serie minori la cosa sembra più complicata.
“Fino a qualche giorno fa, pensavo che fosse quasi scontata la ripresa, oggi invece vedo quest’ipotesi complicata. Penso che a giorni sarà ufficiale lo stop per la C e la D. Se mi chiedi come la penso, ti dico che è stata l’ennesima pagliacciata che siamo stati capaci di fare, ma potrebbe essere questa l’occasione per ripartire da zero e riprogrammare. A Nola stiamo portando avanti una bella realtà: siamo ottavi con l’età media più bassa. Mi sarebbe piaciuto portare a termine il campionato e festeggiare la salvezza sul campo”.
(Foto: DepositPhotos)